Rinnovo Patente? Facile ed Economico
Non è solo una frenata, è una retromarcia netta. Stellantis chiude il programma di sviluppo dei veicoli a celle a combustibile alimentate a idrogeno. E lo fa con una dichiarazione chiara, priva di ambiguità: il mercato non è pronto.
È una notizia che scuote l’industria automobilistica europea e che accende un riflettore sulle reali prospettive dell’idrogeno come fonte alternativa di mobilità. Se per anni è stato considerato il “carburante del futuro”, oggi Stellantis prende atto di una realtà molto diversa: troppe promesse, poche certezze. Infrastrutture insufficienti, costi di produzione elevati, incentivi pubblici inadeguati e una domanda inesistente nel breve periodo. Questo il bilancio – pragmatico e per certi versi inevitabile – che ha portato il gruppo a fermare tutto.
La decisione è stata ufficializzata da Jean-Philippe Imparato, Chief Operating Officer per l’Europa allargata di Stellantis. Le parole usate sono semplici, ma inequivocabili: “Il mercato dell’idrogeno rimane un segmento di nicchia, senza prospettive di sostenibilità economica a medio termine. Dobbiamo fare scelte chiare e responsabili”. E Stellantis, in un momento in cui ogni euro investito deve generare ritorni misurabili, ha scelto di concentrarsi sull’elettrico e sull’ibrido, settori in cui la domanda è reale, tangibile, in costante crescita.
Non si tratta di un riposizionamento teorico. Il gruppo ha cancellato il lancio della nuova gamma Pro One alimentata a idrogeno, previsto entro l’estate 2025. I piani industriali prevedevano l’avvio della produzione in serie dei furgoni a celle a combustibile nello stabilimento di Hordain, in Francia, per i veicoli di medie dimensioni, e a Gliwice, in Polonia, per quelli di grandi dimensioni. Due progetti che ora vengono archiviati, almeno per questo decennio.
Ma Stellantis precisa: non ci saranno ripercussioni sull’occupazione nei due siti produttivi. I dipendenti saranno riallocati su altri programmi, in particolare nella produzione di veicoli elettrici e ibridi. Le attività di ricerca e sviluppo legate all’idrogeno verranno invece reindirizzate, confermando la volontà del gruppo di non disperdere know-how ma di investirlo dove serve davvero. Si tratta, in fondo, di una manovra di razionalizzazione che punta a rendere l’intera struttura industriale più reattiva, sostenibile e in linea con la traiettoria tracciata dalle normative europee sulle emissioni.
Il contesto in cui maturano queste scelte è tutt’altro che semplice. La transizione energetica è ormai una realtà ineludibile, ma la via da seguire non è univoca. Per l’idrogeno, almeno nel settore dei veicoli leggeri e commerciali, l’adozione resta marginale. Le stazioni di rifornimento sono poche, distribuite in modo disomogeneo e con costi di installazione elevati. I tempi di attesa per una rete capillare non sono compatibili con la necessità, per i costruttori, di vendere ora veicoli a basse emissioni per rientrare nei limiti imposti dall’Unione Europea.
La stessa filiera dell’idrogeno soffre di una mancanza di slancio. Il prezzo al kg resta alto, le tecnologie di produzione green – come l’elettrolisi da fonti rinnovabili – sono ancora poco diffuse, e gli investimenti pubblici, al netto delle buone intenzioni, non hanno ancora generato risultati concreti. In questo scenario, Stellantis ha scelto di guardare in faccia la realtà e di ridisegnare le proprie priorità.
La decisione di sospendere lo sviluppo a idrogeno avrà ripercussioni anche su Symbio, joint venture strategica che vede Stellantis tra gli azionisti insieme a Michelin e Forvia. L’azienda, specializzata proprio in tecnologie a celle a combustibile, si trova ora a un bivio. Stellantis ha già avviato colloqui con gli altri partner per valutare l’impatto di mercato e “preservare al meglio gli interessi di Symbio, nel rispetto degli obblighi reciproci”, si legge nel comunicato ufficiale. Non si esclude, dunque, una revisione dell’impegno azionario o un ripensamento delle strategie comuni.
Il passo indietro di Stellantis è tanto più significativo se si considera che il gruppo era stato tra i primi a credere nel potenziale dell’idrogeno per i veicoli commerciali leggeri. Nel 2021 erano già stati avviati test e produzioni pilota, mentre nel 2023 era stata annunciata una roadmap ambiziosa per rendere disponibili i primi furgoni fuel cell su larga scala entro il 2025. A distanza di appena due anni, il quadro è cambiato radicalmente.
Non è solo una questione di visione tecnologica. È una presa d’atto delle condizioni di mercato. L’elettrico a batteria, nonostante i costi e le sfide infrastrutturali, ha dimostrato di essere il protagonista del cambiamento. L’ibrido ha mostrato resilienza e convenienza per il grande pubblico. L’idrogeno, invece, è rimasto confinato a progetti pilota e ad ambiti ultra-specialistici come l’aviazione, il trasporto ferroviario o i mezzi pesanti a lungo raggio. Troppo poco per sostenere l’enorme sforzo di industrializzazione richiesto a un colosso globale come Stellantis.
Il gruppo guidato da Carlos Tavares ha fatto della diversificazione tecnologica un punto cardine della sua strategia “Dare Forward 2030”, ma ogni strada deve rispondere a logiche di mercato. E oggi il mercato dice altro. Dice che servono auto accessibili, infrastrutture concrete e soluzioni pronte. L’idrogeno non lo è ancora. Non lo sarà almeno fino alla fine del decennio. E in questa finestra temporale, Stellantis ha deciso di investire con realismo dove c’è domanda, dove c’è margine, dove c’è crescita.
La scelta di fermare il programma a celle a combustibile potrebbe sembrare un passo indietro. In realtà, è un atto di pragmatismo. Perché l’innovazione, per funzionare, ha bisogno di basi solide: infrastrutture, accessibilità, fiducia del consumatore. Fino ad allora, l’idrogeno resterà una promessa. E Stellantis, per ora, ha scelto di non aspettarla.
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