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Il commento dopo la formazione del nuovo governo tedesco
Friedrich Merz si è presentato al Bundestag con la solita formula: una grande coalizione con SPD, Verdi e la CSU bavarese. Una maggioranza di sistema, costruita per forza d’inerzia più che per visione. Al mattino, l’aula lo ha smentito: voti mancanti, franchi tiratori in agguato, bocciatura secca. Al pomeriggio, con gli stessi numeri e gli stessi attori, tutto miracolosamente risolto. Un governo c’è. Ma l’unica vera certezza è che nessuno ci crede.
È l’ennesima Grosse Koalition. CDU e CSU da una parte, SPD e Verdi dall’altra: un’alleanza che resiste dal tempo di Schröder, tenuta insieme dalla paura del voto più che dal consenso. Ha retto per decenni perché c’era la locomotiva tedesca, il rigore, l’euro forte, la narrazione da Bruxelles. Oggi, invece, lo schema è logoro. E il risultato è un esecutivo che nasce già in affanno, logorato prima ancora di partire.
L’Italia guarda. E fa bene a non imitare. Perché qui nessuno pensa seriamente a larghe intese. Anzi: se davvero si aprisse una finestra elettorale – ipotesi ancora sfumata, ma non più impensabile – sarebbe uno scontro diretto. Un duello tra modelli, non un compromesso tra debolezze. Niente centrismi d’emergenza, niente armistizi tattici. Solo il ritorno alla politica come conflitto aperto.
La verità è che le grandi coalizioni funzionano solo in tempi di emergenza. Il Covid ne è stato l’esempio più chiaro: serviva una tregua per evitare il disastro. Ma nei tempi normali – o in quelli che fanno finta di esserlo – servono solo a rinviare l’inevitabile. A mascherare l’assenza di consenso, di idee, di coraggio.
Proprio oggi si apre il Conclave. Quello vero, in Vaticano. Lì le larghe intese servono ancora a qualcosa: eleggere il successore di Francesco al soglio di Pietro. Un accordo necessario per garantire unità, guida, continuità. In politica, invece, le grandi intese sono diventate solo un modo elegante per non scegliere.
E allora ecco la Germania: ancora tecnicamente locomotiva, ma ormai più simile all’Italia degli anni ’90. Quella che frenava, tergiversava, e finiva sempre in mano ai soliti.
E Merz, con quel governo approvato solo al secondo giro, è il volto di un sistema che sa di essere alla fine. Ma finge il contrario.
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