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Centrosinistra, Elly Schlein ora ha un problema: Giuseppe Conte. L’analisi
“L’assenza di Elly Schlein alla manifestazione del 5 aprile, era scontata e quasi obbligata. È evidente che quella manifestazione ha rappresentato una sorta di spartiacque nel campo dell’opposizione. C’è un prima e ci sarà probabilmente un dopo, e la posizione della segretaria del Pd è sempre più a rischio. È evidente come l’ambizione di Conte di diventare il leader dell’opposizione proprio a scapito della Schlein, sta cominciando a prendere sempre più concretezza”, dice un vecchio senatore del partito democratico, che pensa che nel Pd sia venuto il momento di una serie riflessione sulla guida del partito. Ma il pensiero è comune a molti nel Pd, perché, ormai non solo più i cosiddetti riformisti, pensano che non avere una linea precisa sul delicato tema del riarmo e della pace sia offrire un assist incredibile a Conte, che non a caso ha ripreso vigore anche nei sondaggi proprio grazie alla sua fermezza sulla linea del no alle armi.
La segretaria del Pd rassicurata fino a qualche settimana fa, dai sondaggi favorevoli, ha sempre cercato di non forzare la mano e di essere il più possibile (secondo alcuni troppo) accondiscendente con i Cinque stelle e col suo leader. “La leadership di Schlein è traballante da tempo e Conte che è una volpe lo ha capito e per questo sta giocando come il gatto e la volpe con la segretaria del partito democratico. Il suo chiaro intento è di arrivare a tallonare sempre più il Pd nei sondaggi e li allora si vedrà chi ha i numeri e la forza per guidare un’ipotetica alleanza alternativa al centro destra”, dice un deputato di vecchio corso che ora milita in Avs. Dietro a questa strategia ci sarebbe la mano del “Mazarino” dei cinque stelle e di Conte, quel Marco Travaglio, che non a caso sul palco della manifestazione del 5 aprile è stato tra i più applauditi. E’ stato lui, dicono i bene informati, a spingere Conte verso la definitiva rottura con Beppe Grillo, il fondatore (sparito ormai dai radar).
Ed è sempre Travaglio ad aver suggerito al leader dei Cinque stelle di adottare un atteggiamento aperto al dialogo ma nello stesso tempo di critica costruttiva verso un partito democratico, che in politica estera, ma non solo, mostra ormai chiare spaccature profonde al suo interno. Il direttore del “Fatto quotidiano”, nei suoi editoriali, sta evidenziando da tempo le grandi contraddizioni all’interno del partito democratico e spesso è più critico verso la Schlein che verso la Meloni stesso. E questo è un chiaro indizio di quale disegno si celi dietro all’azione di Conte da qui ai prossimi mesi. E proprio il futuro prossimo che probabilmente deciderà molto sulle sorti del centro sinistra e della sua leadership, In particolare proprio le prossime importanti elezioni regionali, ed una in particolare, quella in Campania. I sondaggi, come quelli di Youtrend pubblicati la settimana scorsa sul “Corriere del Mezzogiorno”, parlano chiaro: il Pd è al 22,4 per cento, i Cinque stelle al 21,8, un candidato del campo largo arriverebbe primo (56,6 per cento), persino (con il 43,2 per cento) se l’attuale governatore dovesse correre per conto proprio (un candidato deluchiano si fermerebbe al 21 per cento).
Insomma, in Campania il centrosinistra può rivincere con l’alleanza larga e i Cinque stelle dentro: modello Manfredi, ormai archetipo di successo, dopo la conquista del Comune di Napoli nel lontano ottobre 2021. Ma quello che forse la Schlein non sa ancora e che Conte vorrebbe ripetere l’esperienza di successo con la Todde in Sardegna (magari rispolverando l’ex presidente della camera Roberto Fico), per riconquistare la seconda regione, ma allo stesso tempo mettendo comunque il Pd e la sua leader in chiaro imbarazzo. I problemi del centro sinistra sono probabilmente destinati ad acuirsi, comunque vadano le elezioni regionali. Perché Conte ormai gioca su più fronti, da una parte cerca di esaltare il suo ruolo di fiero oppositore al governo su temi concreti come quello della pace e del no al riarmo, ma nello stesso tempo cerca di minare la già deboluccia leadership della Schlein, che invece sta mostrando molte crepe sia in quanto a coerenza che a decisione nelle scelte.
“A Conte del campo largo poco importa, quello che per lui è importante è tornare ad essere il leader del centrosinistra. Il suo ego smisurato non gli permette di vivere una condizione che lo vede in una posizione secondaria, se non di subordinazione verso chicchessia. Chi assapora il potere, soprattutto in maniera casuale come lui, poi non ne può più fare a meno”, dice un senatore molto vicino alla corrente dei riformisti. Ecco allora che il progetto di una alleanza nel centro sinistra, pur rimanendo molto fluida, sembra farsi sempre più complicato.
Giorgia Meloni questo lo ha già capito da un pezzo. Scaltra ed attenta alle logiche dei partiti, osserva dalla sua posizione privilegiata e muove le sue pedine. Prova ne è il fatto che negli ultimi mesi, i suoi pochi interventi per rispondere alle critiche delle opposizioni, si sono rivolti al vecchio Romano Prodi o appunto a Giuseppe Conte (che per diverse ragioni, certo non possono definirsi estimatori della Schlein), quasi ignorando del tutto, quella che almeno formalmente, dovrebbe essere la leader dell’opposizione.
Sa bene che indebolire ulteriormente la leadership della segretaria non può che portare vantaggi al governo. È il classico schema del divide et impera, che in questo caso sembra trovare terreno fertilissimo in un centro sinistra sempre più alla ricerca disperata di uno straccio di linea politica comune. E in tutto ciò, Conte gongola e sembra stare volentieri al gioco.
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