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Diplomati o laureati: hanno un’età media compresa tra i 18 e i 34 anni e hanno rinunciato alla relativa qualità della vita nel nostro Paese per andare all’estero come i trisavoli perché se in Italia si trova lavoro è precario, sottopagato e quello che guadagnano è divorato dall’inflazione. Risultato? La grande fuga dei giovani.

La sintesi di ciò che accade in Italia è stata realizzata dal magazine “Vivi lieve non sprecare” che , per la prima volta ha messo insieme i numeri della grande emigrazione. Secondo Migrantes, tra il 2020 e il 2023 i residenti in Italia sono diminuiti di quasi 650 mila unità. Sei città o forse più città della provincia italiana che non ci sono più in appena 3 anni e che hanno creato un fenomeno di spreco educativo senza precedenti. Questi perché il 21% di chi è andato all’estero in cerca di una vita migliore e di condizioni sociali premianti per il merito, ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni e appartiene a quella fascia di popolazione per le quali il sistema Stato ha speso mediamente per ciascuno 166 mila euro per formarli.

La ricerca di Ipos per la Fondazione Barletta

A mostrare la follia sociale è la Fondazione Raffaele Barletta che ha commissionato a Ipsos una ricerca sull’esodo: “Alla perdita di risorse umane, bisogna aggiungere lo spreco di risorse finanziarie dello Stato italiano che ha investito nella formazione dei giovani poi emigrati – scrive Antonio Galdo sul magazine digitale – il ciclo di istruzione completo di ogni laureato, fino al giorno nel quale poi decide di lasciare l’Italia, costa circa 166 mila euro. Soldi che di fatto sono serviti a trasferire ricchezza, umana e finanziaria, in un’altra nazione”.

Cosa cerca di va via dall’Italia

La risposta ai motivi dell’emigrazione in massa è come sempre nei numeri che emergono dalle indagini. Stipendi diversi da quelli che si pagano in Italia erosi dall’inflazione, meritocrazia e il fatto che se da Aosta a Siracusa cerchi lavoro, devi rivolgerti a una rete familiare o sociale, segno che senza la storica raccomandazione , o segnalazione che dir si voglia, si passa dal lavoro precario e sottopagato al lavoretto.

I numeri non mentono

In 20 anni, i giovani under 35 sono scesi di 3,5 milioni causando un decremento del 21% della popolazione giovanile. Ciò che hanno lasciato è un deserto sociale ed economico. La conclusione della riflessione è feroce: “Piuttosto che adattarsi alla dimensione della provincia italiana, o di scegliere un borgo, magari attrezzato per lo smart working, hanno preferito imboccare la scorciatoia esistenziale. Emigrare, e lasciare un Paese sempre più vecchio e per vecchi”.

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