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Unifil sotto attacco incrociato: né Israele né Hezbollah vogliono la missione Onu

Le forze internazionali dell’Unifil sembrerebbero essere sotto attacco da parte di entrambi i fronti di guerra in Medio Oriente. L’ultimo assalto risale a ieri, quando otto razzi da 107 millimetri hanno colpito alcune aree all’aperto compreso un magazzino della base italiana a Shama, città nel sud-ovest del Libano. Non ci sono stati morti o feriti, ma cinque soldati del contingente italiano sono stati tenuti sotto osservazione nell’infermeria della base. Israele ha accusato Hezbollah, in quanto i razzi utilizzati sarebbero di quelli in uso al gruppo libanese. Tuttavia, cinque giorni prima era stata una granata israeliana inesplosa a cadere nella stessa base, senza però ferire nessuno.

C’è dunque grandissima incertezza nell’interpretare il senso di questi due attacchi nei confronti della missione Onu in Libano. Ne abbiamo parlato con l’analista geopolitico Andrea Gaspardo: “Attacchi all’Unifil? Sia per Israele che per Hezbollah le forza multinazionale è un ostacolo”. L’intervista.

Il Mossad ha dimostrato di saper avere una precisione chirurgica nel colpire i suoi obiettivi. Efficienza che stride con gli attacchi all’Unifil. Se è davvero responsabile Israele, che strategia c’è dietro?

La risposta definitiva la sanno solamente a Gerusalemme. La mia ipotesi personale è che l’alto comando militare israeliano, e più ancora la leadership politica dello Stato israeliano, avendo la necessità di tenersi le mani libere nel Libano meridionale, veda la presenza delle forze internazionali come un ostacolo. Vogliono che loro evacuino completamente il Paese o quantomeno si spostino in un’area dove non intralciano le necessità operative israeliane.

Otto razzi hanno ora colpito una base italiana Unifil, e Israele ha attribuito la colpa agli Hezbollah. Crede anche lei a questa possibilità?

La possibilità che siano stati gli Hezbollah, in questa occasione, a colpire le infrastrutture dell’UNIFIL esiste. Anche loro in qualche modo si sentono impediti nello svolgere le loro operazioni militari dalla presenza della forza multinazionale. Comunque, questo è un problema più per gli israeliani che non per gli Hezbollah, perché le tattiche di guerra che questi ultimi utilizzano permettono comunque di trarre il massimo anche dalla situazione contingente, per cui certe volte approfittano anche della presenza dei peacekeeper internazionali.

L’inviato speciale statunitense Amos Hochstein ha affermato che c’è una “vera opportunità” per porre fine ai combattimenti tra Israele e Hezbollah. Vede anche lei questa opportunità?

Al di là dei discorsi di facciata, non sono completamente sicuro che le due parti, soprattutto la parte israeliana, abbiano questa impellente necessità di far cessare i combattimenti.

E Gaza?

Alcuni rumors, che vanno presi con le pinze, affermano che Trump, col suo stile ruvido, abbia dato l’aut aut a Netanyahu di chiudere la vicenda in un modo o nell’altro, per il bene o per il peggio, entro il suo insediamento a gennaio.  Ipotizziamo che i rumors siano reali, quindi immaginiamo che veramente Trump abbia detto questa cosa a Netanyahu: in questo frangente, noi dovremmo aspettarci nei prossimi mesi un peggioramento della situazione, sia militare che umanitaria, in modo che Netanyahu possa ottenere il massimo possibile dalla situazione contingente.  Se invece i rumors giornalistici sono falsi, allora la situazione potrebbe in qualche modo rimanere così com’è per un periodo di tempo però indefinito. Hamas sembra non abbia alcuna intenzione di giungere ad un compromesso, dall’altra parte questa leadership israeliana rincorre ancora il sogno di riprendere il controllo della Striscia di Gaza e possibilmente di espellerle in tutto o in parte i palestinesi che vi abitano. Sono comunque situazioni che non ci lasciano intravedere ottimismo al termine del tunnel.

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