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“Un anno fa i cittadini europei hanno chiesto di modificare l’approccio ideologico del Green Deal e di contrastare con più forza l’immigrazione irregolare. È ovvio che questo si possa fare soltanto con un dialogo tra Popolari, Conservatori e gli altri gruppi a destra”
L’ultimo Consiglio europeo della settimana scorsa non ha sciolto gran parte dei nodi sul tappeto e i prossimi giorni si preannunciano caldi a Bruxelles. Affaritaliani.it ne parla con Carlo Fidanza, che proprio a Bruxelles guida la delegazione degli europarlamentari di Fratelli d’Italia. Qualche giorno fa lei ha dichiarato che “la maggioranza Ursula non esiste più” e Manfred Weber, capo del Ppe, ha frenato. “Il mio è un ragionamento politico: un anno fa i cittadini europei hanno chiesto di modificare l’approccio ideologico del Green Deal e di contrastare con più forza l’immigrazione irregolare. È ovvio che questo si possa fare soltanto con un dialogo tra Popolari, Conservatori e gli altri gruppi a destra, che in questa legislatura hanno finalmente i numeri per realizzare queste politiche. Questo causa le reazioni isteriche della sinistra che minaccia Von der Leyen e il Ppe. Ma abbaiano alla luna”.
Si spieghi… “I Popolari giocheranno sempre col doppio forno, ma su quegli argomenti la scelta è tra subire i ricatti delle sinistre oppure rimanere fedeli ai propri elettori votando con le destre. Il nostro auspicio e il nostro ruolo è quello di creare le condizioni perché ciò avvenga sempre più spesso. E con maggiore decisione e rapidità, perché la desertificazione produttiva dell’Europa avanza”.
Addirittura? “Certo. E scelte come quella di Von der Leyen di prevedere un ulteriore obiettivo di riduzione delle emissioni inquinanti del 90% al 2040 non faranno che accelerare il declino, traducendosi in nuove tasse e obblighi insostenibili per imprese e cittadini. Mentre c’è bisogno dell’esatto contrario”. A sentirla parlare non sembra che sia alle viste un appoggio di FdI e di ECR alla maggioranza Von der Leyen. “In Europa le maggioranze si creano sui provvedimenti e noi su questo non siamo d’accordo, fu uno dei motivi per cui non votammo Ursula un anno fa. Così come oggi contestiamo l’annunciata riforma del bilancio Ue che, con il cosiddetto ‘fondo unico’, potrebbe portare a un taglio delle risorse della coesione e della politica agricola e a condizionalità sul modello Pnrr. Qualcuno nei palazzi di Bruxelles si ostina a non capire che intervenire su queste voci mentre si fa sempre più forte la propaganda anti-riarmo e si corre per ratificare l’accordo col Mercosur rischia di portare a reazioni forti nella società e a una nuova fortissima crisi di popolarità dell’Ue”.
E il governo italiano come si sta muovendo? “Molto bene. Giorgia Meloni ha sollevato questi temi con coraggio e molti altri leader la stanno seguendo. C’è un fronte molto ampio di governi a difesa dei fondi della coesione e dell’ottimo lavoro che il Vicepresidente Fitto sta facendo; così come c’è l’Italia alla guida di 20 governi che vogliono una politica agricola forte e un accordo col Mercosur equilibrato, che valorizzi le potenzialità delle nostre industrie senza colpire ancora una volta gli agricoltori”. Però, dicono gli industriali, accordi di quel tipo servono per via dei dazi di Trump.
A che punto siamo? “Aprire nuovi mercati è fondamentale, a maggior ragione per una grande nazione esportatrice come l’Italia, ma il mercato USA resta insostituibile. Il 9 luglio si avvicina e ci auguriamo si chiuda per quella data, con un accordo bilanciato. Saranno giorni ancora intensi di negoziato, sul piano sia tecnico sia politico, ma un dato è incontrovertibile: il merito di aver riaperto la partita è tutto di Giorgia Meloni, che con l’incontro a Roma con Von der Leyen e Vance ha avviato un dialogo che in quella fase era morto e sepolto. Se la guerra commerciale sarà superata sarà gran parte merito dell’Italia e della nostra premier”. Intanto Meloni va in visita dal Papa, che segnale è? “Scommetto su un rapporto eccezionale tra Giorgia e Papa Leone XIV. Oggi la sua voce e il suo ruolo possono avere un peso per arrivare a un doppio cessate il fuoco in Ucraina e in Palestina, posizione su cui il governo Meloni sta lavorando con i partner internazionali”.
Un’ultima curiosità: si avvicina la data della decisione sulla revoca dell’immunità a Ilaria Salis. Che aria tira? “Ci auguriamo che non ci siano ulteriori rinvii, nessuna decisione ha mai richiesto tanto tempo, e che non ci siano sorprese nel voto segreto. Sul piano giuridico i fatti sono chiari: Salis è accusata di aver commesso reati gravissimi prima di essere eletta, quindi non ha diritto all’immunità. È una cosa pacifica ma le sinistre stanno cercando di mischiare le carte evocando il solito spettro di Orbán. Se, come auspichiamo, sarà revocata l’immunità, si svolgerà il processo che stabilirà se Salis è colpevole o innocente. Sul piano politico, intanto, Salis non ha mai preso le distanze da quelle violenze né dagli estremisti di sinistra con cui fu arrestata né ha mai espresso una parola di solidarietà per le vittime innocenti di quelle aggressioni. E trova pure il coraggio di atteggiarsi da vittima. Indegno”.
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