Rinnovo Patente all'Isola d'Elba? Facile ed Economico

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                <em>Da Giovanni Fratini</em>

Ogni anno la nostra Autorità di sistema portuale dà vita ad un insieme di eventi, incontri e visite guidate che hanno lo scopo di avvicinare la gente che vive intorno ai porti “alla vita e alla cultura portuale”. Ma se lo scopo è quello di avvicinare la gente e quindi di informare, dialogare forse sarebbe bene evitare un uso piuttosto “sfrenato” della lingua inglese.

Il programma delle iniziative si svolge in più giorni, ma perché presentarlo con l’inglese “italian port days” e non con l’italiano “giorni o giornate dei porti italiani”?

E non basta. Per spiegare qual è il fine che si vuole raggiungere con l’organizzazione delle giornate non si ha ritegno a scrivere “opening port life and culture to people”, che, tradotto “nell’indegna” nostra lingua vuol dire “aprire la vita e la cultura del porto alle persone” o, più semplicemente, “aprire il porto e la sua cultura alla gente”.

Sembra, proprio, che l’Autorità portuale sia stata inesorabilmente contaminata dal virus degli anglicismi. Nei comunicati che periodicamente appaiono sulla stampa locale se ne trovano a bizzeffe. In uno pubblicato nell’ottobre dello scorso anno ne ho evidenziati 6. “Twin transition” che sta per “doppia transizione”, “Tuscan Port Community System” per Sportello unico amministrativo; “supply chain” vuol dire “catena di approvvigionamento”; il “cold ironing” è l’elettrificazione delle banchine. Immancabili poi gli stakeolder (soggetti interessati) e il cluster, venuto di moda, se non ricordo male, durante il periodo del covid, al posto di gruppo di studio, di lavoro.

Una ulteriore conferma della contaminazione la troviamo nel Documento di programmazione strategica di sistema (uno strumento di programmazione degli interventi da realizzare nei diversi porti) adottato nel 2022 dalla Autorità ed approvato dal Ministero delle infrastrutture e trasporti nel luglio dello scorso anno. Si articola in 5 macro tematiche tutte indicate con espressioni in lingua inglese. E questo perché, ci viene spiegato nell’introduzione, gli estensori del Documento hanno “studiato ed analizzato la pianificazione strategica internazionale” (addirittura!). Sotto ogni titolo in inglese, per fortuna, si è avuto la “benevolenza” di aggiungere la traduzione in italiano “per facilitare la comprensione”.

Quanti potrebbero capire, infatti, il significato di: World wide sustainable ports, Quay, plug & play, Overcoming network impedance, City- port Agreements o Glocal Governance Re-focusing?

Ma non è finita qui! Al Documento è stato dato il titolo “Brave new port” che tradotto in italiano credo significhi “Nuovo porto coraggioso” per sottolineare che prevede anche scelte “coraggiose”. Purtroppo se andiamo a vedere quelle che interessano il nostro porto, resta un po’ di amaro in bocca.

A meno che non si possa considerare coraggiosa la scelta di trasferire i pescherecci dal molo del Gallo in un’altra zona del porto. Semmai poteva essere considerata coraggiosa, più importante, la rimozione del pontile galleggiante e degli ormeggi addossati al muro di cinta della fortificazione medicea della Linguella e delle motovedette della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri. Che ci stanno a fare in Darsena quelle motovedette quando le rispettive caserme sono molto vicine al nuovo porto?

E’ difficile, ancora, definire “coraggiose”: la previsione di eliminare, in Calata Matteotti e in Calata Buccari, gli ormeggi riservati alle piccole imbarcazioni di proprietà di residenti e di alcuni pescatori; la recente creazione, nel parcheggio dell’alto fondale, di una corsia destinata agli autobus dei crocieristi per inesistenti ragioni di sicurezza o la classificazione delle aree del Demanio marittimo situate lungo la Darsena medicea come aree ad evidente vocazione urbana e di scarso o nessun interesse per le attività portuali. Più che di una scelta si tratta, in questo caso, di una “presa d’atto” che dovrebbe però comprendere anche il molo del Gallo e quel che resta del parcheggio dell’alto fondale.

E se pensiamo a tutte le promesse che l’Autorità, da anni, non ha mai mantenuto (Stazione marittima, ampliamento del piazzale alla radice del pontile n°1 per facilitare soprattutto le operazioni di imbarco; prolungamento della banchina dell’alto fondale utile per l’attracco delle navi da crociera), allo “scorticato” palazzo Coppedè al cui recupero deve provvedere l’Amministrazione comunale in quanto proprietaria ed infine alla cospicua presenza, un po’ ovunque, di rigogliosi cespugli di erbacce o alle brutte fioriere in cemento posizionate dalla Autorità portuale alla banchina dell’alto fondale dove sbarcano i crocieristi ricolme non di fiori ma di impresentabili “pedici”, forse per il nostro porto sarebbe molto più azzeccata l’espressione “Vecchio porto trascurato”. Anzi “Neglected old port”, per non rinunciare alla lingua inglese.

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