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Sapelli ad Affari: “I dazi di Trump? Solo fumo. E in Ucraina niente trattati di pace”
“I dazi di Trump? Fuffa. E l’Ue non solo non sa difendersi, ma non è nemmeno capace di proteggere il suo alleato Zelensky.” Con queste parole, Giulio Sapelli, tra i massimi esperti di economia e affari internazionali, intervistato da Affaritaliani.it, smonta l’allarmismo sui dazi imposti da Trump e non risparmia critiche all’Unione Europea e al suo modello democratico.
“Se si facesse un’analisi economica seria, non neoclassica ma basata sugli studi di economisti come Paul Krugman – che sul nuovo commercio mondiale ha vinto il Nobel nel 2008 – si capirebbe che questa storia dei dazi è in gran parte una montatura.” Ma allora, quale sarà il vero impatto di questi dazi sull’economia globale? “Il commercio mondiale non si basa sui dazi, ma sulle filiere d’impresa. Il grosso del commercio globale non è fatto di prodotti finiti per il consumatore, ma di componenti che attraversano i mari per incastrarsi in altre macchine. Pensare che i dazi possano stravolgere tutto è ingenuo.”
Secondo Sapelli, inoltre, la strategia di Washington non è affatto nuova: “Biden già faceva dumping sociale, cosa che scandalizzava l’Ue, perché andava contro le sue politiche di concorrenza e divieto di aiuti di Stato. Ma gli Usa hanno sempre vissuto di aiuti di Stato, accanto al libero mercato. Nulla di nuovo.” E aggiunge: “Gli Stati Uniti hanno sempre esportato poco e oggi temono la loro stessa deindustrializzazione: i dazi sono solo una risposta a questo problema.”
Sapelli non le manda a dire, e nel mirino c’è soprattutto l’Unione Europea, colpevole – a suo dire – di essersi auto-sabotata con la sua iper-regolamentazione. “L’Europa è stata distrutta dalla sua stessa burocrazia celeste, quella che vieta le concentrazioni industriali e impedisce la nascita di grandi imprese. Vuole proteggere l’Ucraina, ma non ha nemmeno un’industria della difesa: non riesce neppure a produrre munizioni.”
Ma allora quale strategia dovrebbe adottare l’Ue per non farsi schiacciare dall’aggressività commerciale americana? E soprattutto, con una Germania in stagnazione e una Francia in crisi politica, ha ancora senso parlare di un fronte comune contro i dazi di Trump? Sapelli è netto: “Gli Stati Uniti trattano direttamente con i singoli Stati, perché il commercio mondiale lo fanno le imprese, non i governi. Quando gli americani negoziano, dietro di loro ci sono i grandi capi delle corporation. I francesi cercano di imitarli, ma non ce la fanno.”
Quindi più che una guerra commerciale tra blocchi, la partita si giocherà con trattative bilaterali tra Washington e i singoli Paesi, e l’Unione che ruola avrà allora? Qui Sapelli è tranchant: “L’Europa non riesce nemmeno a fabbricare munizioni per Zelensky, figuriamoci difendersi dai dazi. Non è un’opinione che piace, ma è la verità.” E alla fine, tutto il dibattito sui dazi? “Una gran fuffa. Come dice Krugman, se calano le importazioni, calano anche le esportazioni. Ci perde anche l’America, e il risultato è zero.”
Insomma secondo Sapelli l’Ue è ormai ostaggio della sua stessa paralisi decisionale. “Von der Leyen non è riuscita nemmeno a chiudere l’accordo con il Mercosur perché la Francia si è messa di traverso. Se Bruxelles non sa muoversi nemmeno in guerra, come può farlo nel commercio? Il fallimento è sotto gli occhi di tutti.” E si riallaccia a un episodio recente: “Alla conferenza di Monaco, quando Vance ha parlato, molti sherpa europei – la tecnocrazia che rappresenta l’Ue – si sono messi a piangere, terrorizzati. Eppure, quello che ha detto non è altro che la verità internazionale. Trump sarà anche un imbonitore, ma la politica estera americana funziona su due livelli: quella populista e demagogica di facciata, e quella portata avanti dagli sherpa dietro le quinte.”
Ma il vero nodo, secondo Sapelli, è l’alleanza Russia-Usa: “La diplomazia americana sta costruendo un rapporto privilegiato con Mosca per staccare la Russia dalla Cina e creare un mondo tripolare. Un’alleanza riluttante ma funzionale tra Stati Uniti e Russia in chiave anti-cinese, perché il futuro si giocherà nell’Artico e per dominare l’Indo-Pacifico serve un’intesa con Mosca.”
Trump nel frattempo ha definito Zelensky un “dittatore senza elezioni” e spinge per un nuovo voto. Un cambio di passo che segna un punto di svolta nei rapporti tra Usa e Ucraina? “Se Zelensky non è stato rieletto, non credo possa firmare un trattato. Dal punto di vista democratico, non ha più alcun potere,” incalza Sapelli. Ma allora come finirà la guerra? “Si andrà verso una pace coreana: cessate il fuoco, linee di confine – Crimea, Donbass, le aree che erano sovietiche. Bulgakov nel ‘Maestro e Margherita’ descriveva Kiev come la più bella città russa, e questo la dice lunga su come la vedono a Mosca.”
E poi? “Non ci sarà un trattato di pace vero e proprio. Tutti vorranno mantenere le mani libere per ricostruire l’Ucraina. Ma i veri business del futuro saranno la ricostruzione della Mesopotamia – Siria e Iraq – e poi l’Ucraina. Non sarà un affare goloso come il Medio Oriente, ma tra terre nere, minerali rari e miniere di carbone c’è abbastanza da spartirsi per il capitalismo.” Il verdetto finale di Sapelli è netto: “È una nuova fase del capitalismo imperialista. Ci avevano detto che la globalizzazione avrebbe eliminato le guerre. Ora la musica è cambiata.”
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