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I giorni decisivi per il premier spagnolo Sanchez 

All’inizio di un altro anno politico difficile, Pedro Sánchez ha cercato di guadagnarsi visibilità tra le sinistre di mezza Europa, diventando una sorta di paladino dei pro-Pal, sia in Spagna che all’estero. Clamoroso è stato il suo appoggio ai manifestanti che quindici giorni fa hanno bloccato l’ultima tappa del Giro ciclistico della Spagna, la Vuelta, Una decisione che gli ha attirato le critiche non solo del centrodestra, ma anche della parte più moderata del suo stesso partito. Sánchez ha ricevuto giovedì scorso, il cancelliere tedesco Friedrich Merz al Palazzo della Moncloa.

Ed è stato un incontro franco, ma che ha ancora una volta mostrato l’isolamento in cui si sarebbe cacciato in Europa, il paladino della sinistra europea (o almeno quel poco che è rimasto), Pedro Sanchez emulando il presidente francese Emmanuel Macron, sta cercando, probabilmente di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica spagnola dagli scandali giudiziari che hanno travolto il suo partito e che hanno sfiorato anche lui e soprattutto sua moglie Begona Gomez e suo fratello (Il tribunale provinciale di Badajoz, proprio ieri, ha confermato l’incriminazione del fratello, David, musicista e direttore d’orchestra, che rischia tre anni di reclusione per un’assunzione pubblica irregolare, procuratagli da alcuni esponenti del Partito socialista del premier spagnolo).

Il cancelliere tedesco, nella sua visita a Madrid ha poi incontrato Alberto Nunez Feijoo, durante l’ assise dei popolari europei, il segretario del PP spagnolo e chi ha partecipato all’incontro riservato, si è augurato di vederlo presto alla guida del paese, Ipotesi tutt’altro che campata in aria, anzi. I sondaggi danno il partito popolare in testa di oltre otto punti sul Psoe, mentre anche la destra di Vox viene data in forte crescita, intorno al 13% dei consensi,

La Germania, ha sottolineato, “sta con Israele”, ma questo “non significa che condividiamo tutte le decisioni prese dal suo governo”, ha detto Merz di fronte al premier spagnolo, che invece è sempre più orientato a rompere con Israele e chiede alla Ue di imporre sanzioni allo stato ebraico, così come sono state imposte alla Russia. Si è infatti trovato d’accordo con Sánchez sulla “grande preoccupazione per la situazione umanitaria a Gaza e l’attuale offensiva di terra delle Forze Armate israeliane a Gaza City”.

Ma proprio oggi per l’esecutivo guidato da Sanchez, che per il terzo anno consecutivo non è ancora riuscito ad approvare la legge di bilancio, va incontro ad un volto assai importante che riguarda il tema della migrazione. L’accordo tra governo e Junts (Junts) per trasferire la giurisdizione statale in materia di immigrazione alla Catalogna, infatti, il primo passo verso quella serie di accordi per proseguire avventura del suo governo, sarà con ogni probabilità bocciato in parlamento

La conseguenza del voto contrario dimostrerà ancora una volta l’estrema debolezza della maggioranza che sostiene l’esecutivo spagnolo. Secondo alcuni media spagnoli, starebbero emergendo anche le prime crepe all’interno della formazione di estrema sinistra Sumar, sempre più in difficoltà nei sondaggi. La grande sintonia tra il premier e la leader del partito Yolanda Diaz sarebbe ormai ai minimi termini e non sono pochi quelli che pensano che alla fine possa essere proprio il partito della combattiva Diaz a staccare la spina al governo. Perché sul lavoro e sul salario minimo, come sulla politica per le donne, come mostrato dalla clamorosa e durissima polemica con il vicepresidente del governo e ministro delle finanze Maria Jesus Montero, sul fisco ai redditi medio bassi. Almeno un deputato, Alberto Ibáñez di Compromís, ha già confermato che prenderà le distanze dalla posizione ufficiale del gruppo parlamentare.

È “più vicino a un voto contrario che a un’astensione”, come lui stesso ha annunciato martedì. Allo stesso tempo, anche IU (Sinistra Unita) sta valutando se ritirarsi. Il colpo, se confermato, colpirà anche il partito di Puigdemont, che ha fatto di questo trasferimento una delle sue principali rivendicazioni per ottenere un vantaggio, soprattutto contro l’ERC, suo rivale nella lotta per l’indipendenza, e contro l’Alleanza Catalana, il partito di estrema destra che sta guadagnando consensi proprio con le sue proposte anti-immigrazione. Junts però ha già pronto la contromossa che sarà quella di addossare tutte le responsabilità del fallimento sul PSOE. Ma questo non farebbe altro che alimentare le voci del dissenso all’interno dei socialisti spagnoli, che non sono assolutamente concordi con quello che considerano un eccessivo appiattimento del loro leader sulle posizioni di Junts e del suo leader, che ancora rimane un latitante per la giustizia spagnola, Charles Puigdemont.

Insomma, la rottura e la conseguente probabile crisi di governo sarebbero dietro l’angolo Anche perché anche l’estrema sinistra di Podemos manterrà il suo voto contrario, come ha sottolineato ieri il suo portavoce, Pablo Fernández, considerando che l’iniziativa non è altro che una concessione a un partito, Junts, a cui attribuisce posizioni e pregiudizi xenofobi. Un clima assai teso all’interno della maggioranza che ricorda un po’ quello che si respira nel Pd e nella coalizione di centrosinistra italiana.

Ma, come detto, contro il provvedimento si sarebbe schierato anche una buona fetta dello stesso partito socialista del premier, come il presidente della Castiglia-La Mancia, il socialista Emiliano García Page, che si è espresso chiaramente nei giorni scorsi, contro il trasferimento di questo potere. Il netto rifiuto di Podemos al trasferimento dei poteri in materia di immigrazione alla Catalogna, richiesto da Junts e accettato dai socialisti, è secondo molti solo un piccolo preludio a quello che sarà un quasi certo voto contrario per la proposta di bilancio 2026, come detto, ancora in sospeso, contro la quale sta sollevando una serie di richieste che il governo non potrà certo soddisfare. Ma la stessa cosa, per ragioni magari diametralmente opposte, potrebbe fare Junts. Insomma, ecco perché sono molti ormai a pensare che per Sanchez la sua permanenza alla Moncloa, sede del governo, potrebbe avere ormai davvero i giorni contati.

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