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L’analisi
“Con questa candidatura possiamo dire che la coalizione progressista è finalmente in campo, unita e compatta in tutte le regioni che vanno al voto. La destra si deve abituare a una coalizione progressista che è unita che non farà il favore di dividersi ancora, in pista con tutti i suoi candidati». Con queste parole una raggiante Elly Schlein ha salutato, venerdì a Bisceglie, la composizione dell’ultimo tassello del mosaico regionali che mancava al centrosinistra, appunto quello pugliese. Parole sicuramente condivisibili da un certo punto di vista, considerando li travaglio per arrivare a dama, soprattutto In Puglia, ma anche in Toscana e Campania.
“Fa un po’ specie pensare che Elly Schlein ha iniziato la sua avventura da segretaria, decretando la guerra ai capibastone locale, ed ora si rallegra per avere chiuso accordi con quelli che sono i loro massimi rappresentanti, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano. Se questa è coerenza.” dice un deputato di vecchio corso del Pd non proprio felice del nuovo corso instaurato dalla segretaria del partito. Ma per la Schlein, l’unità del campo largo (come ha sottolineato anche Francesco Boccia, sceso qualche giorno fa, in Puglia per sbrogliare la matassa candidature) è questione di assoluta priorità, costi quel che costi. Ed è per questo motivo che Stefano Bonaccini avrebbe invitato Decaro a sciogliere la riserva, per non rischiare di rimanere col cerino acceso (e rischiare di trovarsi magari Vendola candidato alla presidenza).
Restano però ancora parecchi nodi da sciogliere, per poter dire che effettivamente sia nata quella unità a sinistra alternativa alla destra di governo. Il primo di questi è senz’altro quello che riguarda la eterna rivalità per la leadership della coalizione, tra la segretaria dei dem e Giuseppe Conte. Quest’ultimo pur sapendo di non avere moltissime chance cerca di sfruttare le debolezze interne della rivale e la sua scarsa autorevolezza. Durante il teatrino seguito alla scelta delle candidature in Puglia e Campania, è rimasto furbescamente ed opportunamente alla finestra (mentre per Marche e Toscana non ha fatto mancare la sua voce critica sui due candidati, senza che dai dem arrivasse alcuna reazione). Segno tangibile che in questo momento forse lui considera la Schlein una rivale, al pari della premier.
Resta da capire come poter conciliare l’unità del centrosinistra (faticosamente raggiunta dal Pd e pagata anche per questo, anche in termini di consenso) con l’ambizione sfrenata di Conte. Si tratta dello stesso problema a cui dovette far fronte Enrico Letta nel 2022. Sappiamo tutti come è finita. Il rischio che a ridosso delle elezioni si possa arrivare ad una situazione simile è sempre dietro all’angolo. “Manca un anno e mezzo alle elezioni e pensare che su queste basi si possa costruire a livello nazionale una alternativa a Giorgia Meloni, a me appare davvero complicato. È chiaro, infatti, che, se concedi praticamente tutto ad uno come Conte, ti mostri inevitabilmente debole ed arrendevole nei suoi confronti e lui si sentirà in dovere di chiedere sempre di più minacciando in caso contrario la rottura. È la stessa cosa che è accaduta con Letta nel 2022. Lui non ha ceduto, lei invece sì, ma così facendo rischia di logorare la sua leadership e la forza elettorale del partito, a scapito proprio di cinque stelle e Avs.
D’altra parte, mi pare che anche gli ultimi sondaggi lo stiano dimostrando”. Ma la segretaria non deve guardarsi solo da Conte (e in misura minore da Bonelli e Fratoianni) ma anche da chi come Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, che ancora si mostrano recalcitranti alle decisioni che arrivano da Roma. Emiliano sarebbe rimasto malissimo per -come è stata risolta la querelle Decaro (e qualche dirigente pugliese, che conosce bene il personaggio, venerdì avrebbe avvertito la segretaria di diffidare della sua apparente arrendevolezza). Mentre De Luca due giorni fa ha lanciato uno dei suoi siluri sul reddito di cittadinanza, proprio quando il candidato governatore della Calabria Tridico – “padre” della misura pentastellata – è pronto a riproporlo in chiave regionale se verrà eletto.
«Quando abbiamo parlato di reddito di cittadinanza, abbiamo assistito a delle anomalie allucinanti, a delle truffe, finte separazioni. Noi dobbiamo proseguire a una linea di serietà, di rigore, di sostegno sociale per chi non ce la fa, ma nessuna demagogia, nessuna porcheria clientelare, così continueremo a muoverci nella Regione Campania”. Ma dopo queste dure affermazioni, ieri in tv, De Luca è tornato alla carica anche in merito alla situazione campana. E lo ha fatto non attaccando Conte, da lui stesso definito persona corretto, e nemmeno il candidato Fico, ma piuttosto il “sistema “adottato dal suo partito, dedito, a suo avviso, alla “politica politicante” che sarebbe portata avanti dalla segretaria del Pd, accusata di guardare, per le elezioni della sua Regione, prima ai nomi, che al programma “Se il buongiorno si vede dal mattino, allora buonanotte”. Ha chiosato lo sceriffo di Salerno.
Insomma, l’accordo faticosamente costruito dalla Schlein in Campania rischia di essere già in crisi. Una situazione che potrebbe anche creare uno stallo per i neogovernatori, che sarebbe esiziale, non solo per la tenuta della coalizione a livello locale, ma anche probabilmente per quella, ancora tutta da costruire, a livello nazionale. “Sarebbe un pessimo segnale a livello nazionale, se emergessero spaccature o divisioni, come quelli sul termovalorizzatore ad Acerra. Come puoi governare la nazione se litighi già a livello locale e su temi importanti come quello dell’ambiente o della sicurezza? A Cernobbio gli imprenditori hanno mostrato di avere ancora fiducia in Meloni e nel governo e molta poca nelle opposizioni. Insomma, non certo un bell’esordio per il campo largo riunito proprio a Cernobbio” dice un vecchio senatore del Pd.
La sensazione è che tutto si sia placato in vista delle importanti elezioni Regionali, nelle prossime settimane vedremo photo opportunity con tutti i leader (fino ad ora, e forse non è un caso, Giuseppe Conte per un motivo o per l’altro ha disertato le apparizioni in pubblico), ma è evidente che si tratta di una campa apparente, che è pronta a scoppiare forse con ancora maggiore forza, quando si avvicinerà il tempo delle grandi scelte. Passate le elezioni regionali, infatti, si comincerà a riproporre l’eterna questione della leadership del campo largo. Non è difficile immaginare che ricomincerà quel lento logoramento andato avanti per mesi da parte di Conte nei confronti della Schlein. Anche perché le divergenze su molte questioni, soprattutto in politica estera, sono molte come da tempo fa notare anche Marco Travaglio, direttore de il Fatto quotidiano, quasi una sorta di mentore politico per Conte, che non lesina, anche in queste settimane, bordate contro il Pd e la sua leader.
E Ma Schlein sembra non curarsi di questi evidenti segnali, anche perché le regionali sono un importante banco di prova per la sua stessa leadership. Sarà un modo per contarsi all’interno del partito ma soprattutto fuori da esso. Perché la lotta per la leadership che resta in piedi passa inevitabilmente anche dal risultato che i partiti registreranno alle elezioni regionali. Se queste sono le premesse sono in molti a non capire da dove nasca l’entusiasmo della Schlein di venerdì scorso, se non quello forse di pensare di essersi sbarazzata almeno di un ipotetico rivale interno come Antonio Decaro.
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