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Calenda vuole costruire un terzo polo in grado di essere ben rappresentato in Parlamento, autonomo facendo, chiunque vinca le elezioni, un’opposizione costruttiva sui temi e non ideologica
Azione ago della bilancia per le prossime elezioni regionali. Non certo in Veneto, dove la vittoria del Centrodestra quasi certamente con il leghista Alberto Stefani è praticamente sicura, così come in Toscana è certa la riconferma del presidente uscente del Partito Democratico Eugenio Giani. E quasi certamente anche in Puglia la partita è segnata perché la decisione del Pd di schierare l’ex sindaco di Bari Antonio Decaro, europarlamentare da più di 300.000 preferenze solo nella sua regione alle elezioni europee, lascia pochissimo spazio e speranze al Centrodestra, tra l’altro ancora in alto mare sulla scelta del candidato alle elezioni.
Ma le sfide nelle Marche e in Campania, la Valle d’Aosta è una sorta di mondo a parte dove si vota con il sistema proporzionale, sono in bilico. E la decisione di Carlo Calenda di non sostenere il Dem ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci contro il presidente uscente Francesco Acquaroli rischia di far sfumare a Elly Schlein il sogno di riconquistare l’ultima regione rossa del Centro Italia ancora in mano al Centrodestra. I sondaggi fino a due mesi fa davano testa a testa ma il 3-4% di Azione che verrà a mancare a Ricci potrebbe essere determinante per la riconferma di Acquaroli.
In Campania, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, la segretaria del Pd avrebbe assicurato a Giuseppe Conte – visto che l’accordo prevede che il candidato sarà del Movimento 5 Stelle – di appoggiare e accettare la candidatura di Roberto Fico, movimentista ex presidente della Camera con posizioni molto di sinistra rispetto al 5 Stelle Sergio Costa, considerato un moderato. Questa decisione di Schlein, oltre potenzialmente a far irrigidire Vincenzo De Luca (il quale non ama Fico) che potrebbe essere freddo in campagna elettorale, quasi certamente allontana Azione anni luce da un’alleanza con il resto del Centrosinistra.
Non solo, il Centrodestra non ha ancora scelto il proprio candidato e se fosse un moderato – modello Vito Bardi in Basilicata – Calenda potrebbe addirittura schierarsi, magari con una lista civica e non direttamente con il simbolo di partito, con la maggioranza di governo facendo pendere l’ago della bilancia verso Giorgia Meloni e la sua coalizione. D’altronde Calenda e i suoi fedelissimi sono stati chiarissimi: nessun accordo è scontato, si valuta caso per caso in base a candidati, programmi e compagni di viaggio. E se nelle Marche Azione non si presenta per la presenza del M5S nella coalizione di Ricci, figuriamoci se in Campania possa decidere di dare i propri voti a un grillino della prima ora come Fico.
Alla fine Azione potrebbe davvero essere il vero arbitro delle elezioni regionali nelle due regioni chiave, dove la partita è aperta, Marche e Campania. Comunque vada a finire, Calenda non accetterà né le sirene di Forza Italia per le elezioni politiche, impossibile una coalizione con la Lega, ma mai e poi mai potrebbe aderire al ‘campo largo’ che ha come architrave la triade Pd, M5S e AVS, Calenda e Azione vogliono costruire un terzo polo in grado di essere ben rappresentato in Parlamento, autonomo facendo, chiunque vinca le prossime elezioni, un’opposizione costruttiva e concreta sui temi e non ideologica. Esattamente come sta facendo oggi. D’accordo con Meloni su politica estera, energetica e giustizia, vicino al Centrosinistra sui diritti (vedi partecipazione al Gay Pride a Budapest).
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