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Quando un figlio uccide il padre per difendere la madre: i casi italiani più famosi di legittima difesa
Il dibattito sulla legittima difesa e le misure preventive contro la violenza domestica si accende quando balzano all’onore della cronaca casi di figli che uccidono padri o compagni violenti della madre vittima di abusi. Negli anni questo tipo di situazioni si sono ripetute più volte, sebbene restino ancora casi piuttosto rari, e hanno sempre creato un certo impatto sull’opinione pubblica e i media.
Una delle vicende più eclatanti in questo senso è quello di Alex Pompa del 2020. A Collegno, in provincia di Torino, il ragazzo all’epoca diciottenne uccise a coltellate il padre Giuseppe per difendere la madre, che da anni subiva pestaggi e maltrattamenti, e il fratello minore, che aveva assistito inerme alle violenze. Assolto il primo grado per legittima difesa, venne poi condannato in appello e infine definitamente assolto in un nuovo processo d’appello. Alex cambiò poi il cognome prendendo quello della madre.
Più di recente, lo scorso aprile a Mezzolombardo (Trento) il diciannovenne Bojan Panic ha accoltellato il padre Simeun di 46 anni fino a ucciderlo durante l’ennesima lite tra i genitori. Anche in questo caso il ragazzo agì per difendere la madre dalle aggressioni dell’uomo. “Picchiava la mamma e non ne potevo più”, aveva confessato agli inquirenti. Dopo l’arresto è stato scarcerato per la mancanza di esigenze cautelari ed è tornato sui banchi di scuola.
Andando invece indietro nel tempo, alcuni ricorderanno il caso di Marco Caruso, che nel 1977 all’età di 14 anni sparò al padre violento causandone la morte. Il timore del ragazzo era che l’uomo avrebbe potuto alla fine uccidere lui e la madre. Oggi Marco vive in Germania dove si è costruito una famiglia.
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