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Venerdì scorso il Brent ha chiuso a 77,32 dollari al barile, in calo dell’1,94%

L’attacco Usa contro i siti nucleari iraniani rischia di avere gravissime ripercussioni sul prezzo delle materie prime, petrolio in testa, e in particolare sul prezzo del diesel (gasolio). Il Consigliere del Leader Supremo dell’Iran ha chiesto la chiusura dello stretto di Hormuz, secondo quanto riportano i media iraniani. Il 30% del petrolio mondiale è a rischio. Le prossime 48-72 ore saranno cruciali per capire la direzione dei mercati, in attesa della risposta iraniana e delle possibili ritorsioni contro le basi USA in Medio Oriente.

La chiusura dello stretto di Hormuz è una delle possibili opzioni per l’Iran”, ha avvisato pochi giorni fa Behnam Saeedi, membro del Comitato per la sicurezza nazionale del Parlamento di Teheran, sottolineando che chiuderlo sarebbe una misura legale. L’entrata in guerra degli Stati Uniti al fianco di Israele contro la Repubblica Islamica potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso, provocando una reazione a catena nel commercio e sui mercati.

Venerdì scorso il Brent ha chiuso a 77,32 dollari al barile, in calo dell’1,94%, ma tutto ciò prima dell’intervento militare statunitense. Ora l’attenzione si sposta sulla riapertura dei mercati finanziari lunedì mattina e molti analisti stimano che il prezzo del petrolio possa salire fino a 100 dollari al barile, se non oltre, con la probabile chiusura dello stretto di Hormuz.

Ma, secondo quanto Affaritaliani.it ha appreso da fonti di governo in costante contatto con gli alleati, Usa in testa, i Paesi dell’Unione europea e occidentali in generale si starebbero già attivando per chiedere all’Algeria e alla Libia il raddoppio della produzione e della vendita di greggio per cercare di calmierare e contenere l’aumento del prezzo del petrolio, che inevitabilmente avrebbe ripercussioni non solo sul costo della benzina, soprattutto il diesel che è quello che maggiormente arriva dal Medio Oriente, ma anche sull’inflazione in generale. E quindi anche sui costi delle bollette, energia elettrica e gas, ma anche sui beni di largo consumo considerando l’incremento dei costi di produzione e di distribuzione.

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