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Pensioni, più dolori che gioie. Conguaglio Irpef, stangata di inizio anno: ecco chi rischia tagli pesanti

Gennaio inaugura il nuovo anno pensionistico con qualche novità da tenere d’occhio, a partire dalle date di pagamento fino alle voci che compongono l’importo finale del cedolino. Tra rivalutazione legata all’inflazione, ripresa delle trattenute fiscali e possibili conguagli, il primo assegno del 2026 potrebbe riservare importi diversi rispetto a dicembre, non sempre in positivo.

Quando viene pagata la pensione di gennaio

Il calendario dei pagamenti subisce una lieve variazione. A causa della festività del 1° gennaio, il primo giorno bancabile utile slitta e il pagamento viene disposto a partire dal 3 gennaio. In quella data riceveranno la pensione esclusivamente i pensionati che hanno scelto l’accredito presso gli uffici postali, anche in contanti. Chi invece riceve l’assegno tramite banca dovrà attendere il 5 gennaio, primo giorno lavorativo successivo.

Rivalutazione 2026: chi guadagna e chi meno

Il cedolino di gennaio segna l’adeguamento annuale degli importi pensionistici all’inflazione. Per il 2026 il tasso provvisorio di perequazione è fissato all’1,4%, ma l’aumento non viene applicato in modo uniforme a tutte le pensioni.

Il meccanismo resta quello a scaglioni legati al trattamento minimo. L’incremento pieno dell’1,4% riguarda solo la quota di pensione fino a quattro volte il minimo, che nel 2025 corrisponde a 2.413,60 euro lordi mensili.
Sulla parte compresa tra quattro e cinque volte il minimo la rivalutazione scende all’1,26%, mentre per la quota eccedente le cinque volte il minimo l’aumento si riduce ulteriormente, fermandosi all’1,05%.

In pratica, le pensioni medio-basse vedranno un aumento più consistente, mentre per gli assegni più elevati l’effetto dell’indicizzazione sarà parziale.

Bonus sui trattamenti minimi

Alla rivalutazione ordinaria si affianca quella straordinaria prevista per le pensioni più basse. Nel 2026 il trattamento minimo dovrebbe attestarsi intorno ai 611 euro, con un beneficio aggiuntivo che, nei casi più favorevoli, può arrivare a circa 100 euro annui.

Conguaglio fiscale: possibile stangata

Accanto agli aumenti, gennaio è anche il mese più delicato dal punto di vista fiscale. È infatti in questa mensilità che l’Inps procede al conguaglio Irpef, ricalcolando le imposte dovute in base al reddito effettivamente percepito nel corso del 2025.

Se durante l’anno il pensionato ha ricevuto somme extra – come arretrati o ricostituzioni – le trattenute applicate in via provvisoria potrebbero non essere state sufficienti. In caso di debito, il recupero avviene automaticamente sul cedolino di gennaio e, nei casi più pesanti, può arrivare a ridurre drasticamente l’importo netto, fino anche ad azzerarlo. Se necessario, il prelievo può proseguire anche a febbraio.

Per i redditi più bassi è però prevista una salvaguardia: con un reddito pensionistico annuo entro i 18.000 euro lordi e un debito Irpef superiore a 100 euro, l’Inps deve diluire il recupero da gennaio a novembre, alleggerendo l’impatto sul singolo assegno.

Tornano le addizionali locali

Con il nuovo anno riprendono anche le addizionali regionali e comunali riferite al 2025, sospese nel cedolino di dicembre. Queste trattenute tornano a incidere sull’importo netto delle pensioni fiscalmente imponibili.

Restano invece escluse dall’imposizione le prestazioni non tassabili, come le pensioni e gli assegni di invalidità civile, l’assegno sociale e altre prestazioni esenti per legge, comprese alcune pensioni percepite all’estero o quelle riconosciute alle vittime del terrorismo.

Irpef: nessun taglio nel cedolino di gennaio

Nel rateo di gennaio continueranno ad applicarsi le aliquote Irpef attualmente in vigore (23%, 35% e 43%). Il previsto abbassamento dell’aliquota del secondo scaglione dal 35% al 33% non è ancora operativo e potrà entrare in funzione solo dopo l’approvazione definitiva della legge di Bilancio. Eventuali benefici fiscali, quindi, non saranno visibili subito, ma solo nei cedolini dei mesi successivi.

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