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Oro alle stelle, ma il rally non è eterno. Gli esperti: “Ecco la percentuale ideale da tenere in portafoglio”

L’oro sta brillando come non mai. Il metallo giallo ha infatti aperto la settimana con un colpo da record, infrangendo per la prima volta la barriera dei 3.800 dollari l’oncia e spingendosi subito dopo a un nuovo massimo di 3.870,39 dollari. A sostenere l’ascesa ci sono la debolezza del dollaro USA, le attese sui tassi della Federal Reserve e l’incertezza politica ed economica negli Stati Uniti, minacciati dallo spettro di uno shutdown governativo.

Per capire quali fattori stanno alimentando questa corsa, Affaritaliani ha interpellato Paolo Guida, responsabile investimenti di un family office internazionale, che analizza il fenomeno in un’ottica di portafoglio complessivo. “Il rally dell’oro è stato innescato da un mix di fattori: l’aumento delle aspettative di tagli dei tassi da parte della Federal Reserve, l’indebolimento del dollaro, la domanda crescente da parte delle banche centrali (soprattutto in Asia), e un contesto geopolitico caratterizzato da tensioni e incertezze. Questi elementi hanno reso l’oro particolarmente attraente come asset di protezione.

Uno dei punti centrali riguarda soprattutto il rapporto tra dollaro e oro. L’esperto spiega come la valuta americana giochi un ruolo determinante: “L’oro è quotato in dollari: quando il biglietto verde si indebolisce, l’oro diventa più economico per chi compra in altre valute. Questo stimola la domanda nei mercati esteri, creando ulteriore pressione rialzista sul prezzo.”

Altrettanto importante è l’impatto delle aspettative sui tassi di interesse. Su questo punto, Guida chiarisce perché il metallo giallo diventa più competitivo in un contesto di rendimenti in calo: “L’oro non offre interessi, quindi diventa più competitivo quando i rendimenti obbligazionari calano. Se gli investitori si aspettano che la Fed riduca i tassi, il costo-opportunità di detenere oro si abbassa e molti preferiscono spostarsi su questo asset rifugio, rafforzandone la domanda.”

Ma cosa rende l’oro un vero e proprio bene rifugio e quale peso dovrebbe avere in un portafoglio equilibrato? L’esperto risponde così: “Viene percepito come un bene rifugio perché mantiene valore nei periodi di inflazione, crisi finanziarie o instabilità geopolitica. In un portafoglio ben bilanciato, l’oro rappresenta una componente di diversificazione: non dovrebbe essere la quota principale, ma una parte compresa tra il 5% e il 10% può fungere da protezione contro shock improvvisi.”

Su questa linea si colloca anche Gianluigi Serafini, partner di Grimaldi Alliance, che guarda al rally in una chiave macro-strutturale: “Credo che la crescita del prezzo dell’oro sia ragionevolmente fondata su basi macro strutturali. Dal punto di vista tecnico le aspettative sulla discesa dei tassi americani, la debolezza del dollaro e la concomitante forte domanda da parte delle banche centrali e di ETF spingono il prezzo verso l’alto. Se a questo si aggiunge la fortissima instabilità politica (ed economica in ragione delle incertezze sui dazi USA) si può capire il perché del prezzo attuale che incorpora anche il valore del cosiddetto bene rifugio.”

Pur riconoscendo la solidità delle basi, Serafini, però, invita a non sottovalutare i rischi di possibili correzioni: “Appare assurdo ma nel momento delle criptovalute l’oro (bene materiale fisico) ha raggiunto i suoi massimi storici. I prezzi attuali tuttavia potrebbero subire sensibili correzioni qualora uno o più dei fattori sopra indicati dovesse modificarsi.”

E conclude con un richiamo alla prudenza: “Occorrerà quindi monitorare con grande attenzione i movimenti dei futures nonché l’evoluzione della domanda fisica (non finanziaria), che al momento è ancora in crescita.”

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