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Omicidio Pinna, troppi “non ricordo” e contraddizioni: così Regnedda è stato smascherato

Risolto il mistero legato alla scomparsa di Cinzia Pinna, la 33enne di Castelsardo della quale non si avevano più notizie dalla sera dell’11 settembre. Purtroppo la donna è stata uccisa. Il corpo di Cinzia è stato ritrovato in un terreno accanto al casolare di proprietà di Emanuele Ragnedda, ricoperto da teloni. A portarli sul luogo è stato proprio l’imprenditore del vino, dopo 4 ore di interrogatorio ha confessato. Ma gli inquirenti erano già sulle sue tracce per via di alcuni segnali. La svolta – riporta Il Corriere della Sera – è arrivata martedì, con le immagini delle telecamere, le intercettazioni telefoniche e ambientali, l’apertura di un fascicolo per omicidio, il sequestro dell’auto e dell’azienda di Ragnedda e i rilievi dei Ris: sangue per terra ovunque nella casa, grandi macchie su un divano.

Cinzia è stata colpita con brutalità e poi finita con più colpi di pistola. Ma già prima Ragnedda aveva cominciato a contraddirsi. “Era in casa con me, deve essersi sentita male. Io sono crollato e quando mi sono risvegliato lei era in un lago di sangue”. Ma Ragnedda – prosegue Il Corriere –  ha infine ammesso: “L’ho uccisa io”. Seguito da un “mi sono dovuto difendere”, per gli inquirenti però poco credibile, visto che la donna era disarmata. Le indagini hanno appurato che quella notte Pinna è salita a bordo di un’auto prima di sparire. Secondo gli inquirenti era il veicolo dell’imprenditore di Arzachena. Chiarita anche la posizione del 26enne giardiniere: per lui l’accusa è di occultamento di cadavere, ma non è ritenuto colpevole dell’omicidio.

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