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Mercato auto UE: giugno nero, Italia in crisi profonda
Il mese di giugno si è confermato un passaggio critico per il settore automotive europeo. I dati ACEA parlano chiaro: in Europa occidentale – che include Unione Europea, Regno Unito e Paesi EFTA – le nuove immatricolazioni sono scese del 5,1% su base annua, per un totale di 1.243.732 vetture. Il distacco rispetto ai livelli pre-pandemici resta ampio: -19,1% sul primo semestre 2019, segno di una crisi strutturale che va oltre la semplice congiuntura.
Transizione elettrica, vendite in calo e consumatori incerti
Al centro della debolezza del mercato c’è la transizione verso l’auto elettrica. La data fissata dall’UE per lo stop alle vendite di veicoli a combustione (2035) pesa sulle strategie delle case auto e sui comportamenti d’acquisto. Le incertezze sull’infrastruttura di ricarica, i prezzi ancora elevati delle vetture “full electric” e la frammentazione degli incentivi pubblici creano un clima di attesa e diffidenza tra i consumatori europei.
Nel primo semestre 2025, la quota di auto elettriche sulle vendite totali in UE ha raggiunto il 17,5%, ma la crescita resta largamente trainata da incentivi e sconti temporanei. Il timore, espresso dagli analisti, è che la domanda non sia ancora solida senza il sostegno delle politiche pubbliche.
Europa spaccata: Italia e Germania fanalino di coda
Il crollo delle immatricolazioni non è omogeneo. L’Italia registra un -17,4% a giugno, tra le peggiori performance del continente, seguita dalla Germania (-13,8%) e dalla Francia (-6,7%). Fanno meglio, e anzi crescono, Regno Unito (+6,7%) e Spagna (+15,2%), dove incentivi locali e strategie dei costruttori hanno dato segnali positivi.
Il mercato italiano, in particolare, soffre una delle più basse penetrazioni di auto elettriche tra i Paesi europei: nel 2024, le elettriche rappresentavano meno del 5% del circolante (fonte Motus-E). Le ragioni sono note: costi ancora elevati, reti di ricarica poco diffuse e incentivi discontinui. A ciò si aggiunge un legame culturale molto forte con i modelli tradizionali, che rallenta la transizione.
Concorrenza asiatica e confronto internazionale: Europa indietro
Nel resto del mondo, il quadro è ben diverso. Stati Uniti, Cina e India hanno già recuperato, o addirittura superato, i volumi di immatricolazioni pre-pandemia: nel primo semestre 2025, la Cina ha segnato +10% rispetto al 2019, gli USA +5%. In Europa, invece, l’industria lotta contro regole stringenti, margini sempre più bassi e una concorrenza cinese sempre più aggressiva sul prezzo e sulla tecnologia.
Le case europee, tra l’altro, devono affrontare investimenti miliardari per riconvertire la produzione e rispettare le nuove regole ambientali, senza però poter contare su una domanda realmente solida. Il rischio, sottolineato dagli operatori di settore, è una perdita di competitività e una crisi occupazionale.
Allarme degli esperti: “Senza flessibilità, il rischio è la deriva industriale”
Il presidente del Centro Studi Promotor, Gian Primo Quagliano, lancia l’allarme: “L’Europa rischia di autoescludersi dal mercato globale se non ammorbidisce la transizione. Serve pragmatismo: i vincoli ideologici stanno compromettendo una filiera strategica”. Il dibattito tra sostenibilità ambientale e difesa dell’occupazione diventa sempre più acceso, anche a livello politico.
Senza un cambio di rotta, la transizione ecologica potrebbe trasformarsi in una crisi industriale, con l’auto – simbolo della manifattura europea – destinata a diventare terreno di scontro sociale.
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