Rinnovo Patente? Facile ed Economico
Gli ultimi sei mesi verranno ricordati probabilmente come i più vivaci nella storia recente della finanza. E dunque, dopo l’assalto di Unicredit a BancoBpm, dopo la mossa inattesa e sorprendente di Mps su Mediobanca e l’offerta di Bper (manovrata da Unipol) per prendersi la Popolare di Sondrio, ora arriva un nuovo colpo di scena: Piazzetta Cuccia muove su Banca Generali, lancia un’offerta di scambio (la famigerata Ops ormai divenuta pane quotidiano di questo infuocato mondo bancario) su Banca Generali. E lo fa conferendo all’operazione un valore di 6,3 miliardi corrisposto interamente in azioni di Generali.
Clamoroso, dunque, per diversi motivi. Il primo, perché la mossa di Alberto Nagel non infrange la passivity rule cui dovrebbe sottostare in quanto oggetto dei desideri di Mps e permette al tempo stesso di aumentare il perimetro della banca. Non viene fatto aumento di capitale – vietatissimo – e non si intacca dunque la liquidità o la patrimonializzazione di Piazzetta Cuccia. Il 16 giugno, con un’assemblea ordinaria, si deciderà come procedere, fermo restando che il successo dell’Ops sarà raggiunto all’ottenimento del 50% più un’azione di Banca Generali.
Ma questa mossa è anche uno schiaffo ad almeno tre soggetti diversi. I primi due, ovviamente, sono Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri, che insieme assommano il 17% del capitale. Mediobanca è sempre rimasta il primo socio di Generali con il suo 13,1% che ha ancora vinto nell’assemblea della scorsa settimana. Ma ora “evolve”, passando da investitore a partner industriale e creando un binomio con Banca Generali che diventa complesso da sciogliere. L’obiettivo dichiarato nella comunicazione agli analisti è di creare un campione del wealth management con 4,4 miliardi di ricavi, un utile netto annuo da 1,5 miliardi e sinergie positive per 300 milioni. Ora bisognerà vedere come risponderà il duo Caltagirone-Milleri, da sempre scettici – per usare un eufemismo – verso la gestione Nagel.
Ma questa mossa è un avvertimento anche ad Andrea Orcel, il ceo di Unicredit che nelle scorse settimane rumor avevano indicato essere pronto a prendersi Banca Generali. E il conferimento del suo 6% alla lista di Caltagirone sembrava andare in quella direzione: vi sosteniamo, ma lasciateci prendere la boutique guidata da Gian Maria Mossa. Anche qui, niente da fare. La certezza, ora, è che il banchiere romano dovrà fare qualcosa per forza su almeno uno dei tre tavoli (Generali, BancoBpm, Commerzbank) a cui è seduto. Non è un mistero che se il primo mandato di Orcel come ceo di Unicredit era stato interamente indirizzato a remunerare i soci con una pioggia di dividendi inusitata, nel secondo triennio è necessario ampliare la dimensione strategica della banca. Da qui le offerte su Banco e Commerz e la scelta di entrare nella partita di Generali con una quota consistente. Qualcosa ora bisognerà fare per forza, ma la mossa di Nagel lo spiazza ed è forse la risposta più lampante alla scelta di Orcel di allearsi con Caltagirone. D’altronde, le scelte del predecessore del banchiere romano, Jean Pierre Mustier, avevano estromesso Unicredit dal mondo del risparmio gestito con la cessione di Pioneer e Fineco. E oggi è proprio quel comparto la vera gallina dalle uova d’oro, in un momento storico in cui “fare banca” non è più così fruttuoso come un tempo (e i tassi continuano a scendere).
C’è poi un quarto obiettivo, del tutto nascosto, che però va tenuto in considerazione: Intesa Sanpaolo. Se l’operazione di Mediobanca con Banca Generali dovesse andare in porto, si creerebbe un campione nazionale del privatebanking capace di sopravanzare anche Fideuram, la “branch” del gruppo Intesa specializzata nella gestione della ricchezza degli italiani. Ecco, l’impressione è che la grande fretta con cui si sono verificate le operazioni negli ultimi mesi dipenda anche dal fatto che fino a domani, 29 aprile, giorno dell’assemblea che riconfermerà (non sono previste sorprese) Carlo Messina come ceo di Intesa, la prima banca del Paese sia sostanzialmente ferma. Dopodiché anche Ca’ de Sass, inevitabilmente, scenderà nell’agone. Forse, più che per lanciarsi nel risiko vero e proprio, per aumentare la propria forza nel mondo del risparmio gestito. Magari puntando proprio a Fineco. Innescando una reazione a catena che potrebbe protrarsi ancora a lungo. Perché a quel punto, anche Unicredit dovrebbe rispondere.
E qualcuno già rispolvera una vecchia idea: prendersi Generali e creare un gruppo con una capitalizzazione da oltre 100 miliardi in Borsa. Fantafinanza? Si vedrà. Ma il momento storico delicato e molto teso impone di affrontare le temperie con gruppi ancora più grandi e strutturati di quanto non sia avvenuto in passato. Allacciate le cinture.
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