Rinnovo Patente? Facile ed Economico

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Marattin: “Elezioni anticipate? Magari!”. L’intervista

“Se si vota presto? Non ne ho paura. Anzi, lo auspico: sarebbe l’occasione per rompere il bipolarismo malato che sta soffocando l’Italia”. Luigi Marattin, ex esponente di Italia Viva e ora fondatore del Partito Liberaldemocratico, non si nasconde. Né quando parla della deriva populista dei due poli, né quando lancia la sfida per costruire un’alternativa liberale, riformista, atlantista.

In questa intervista racconta perché ha deciso di fondare un nuovo soggetto politico, quali sono le sue ambizioni e dove vuole arrivare. E non risparmia critiche, dal golden power a Unicredit-Bpm fino al Pnrr, passando per Generali, Mps e la fiscalità “fuori controllo”. Ma ci sono anche parole di apprezzamento: per la premier, “che sta facendo bene in politica internazionale” e per gli altri soggetti al centro, da Calenda a Renzi fino a…

In una politica sempre più bipolare – a volte anche nel senso deteriore del termine – che bisogno c’era di un nuovo partito e che spazio andate a colmare?

Dopo la fine della Prima Repubblica, l’Italia si è voluta illudere di essere un paese in cui fosse utile ed efficiente organizzare il sistema politico su base bipolarista. E in tanti, compreso il sottoscritto, ci hanno creduto. Nonostante fosse chiaro che il tentativo non fosse proprio convintissimo, visto che non sono mai state fatte le riforme istituzionali necessarie per supportare pienamente uno schema del genere (come una legge elettorale pienamente maggioritaria, o la riforma dei regolamenti parlamentari).

Da tempo io invece mi sono convinto che in Italia il bipolarismo abbia fatto solo giganteschi danni. Un paese non può inventarsi a tavolino il proprio DNA politico e culturale. I paesi dove funziona il bipolarismo sono quelli anglosassoni, dove da 200 anni ci sono solo due culture politiche (oltre che una legge elettorale pienamente maggioritaria). Nella nostra storia invece contiamo almeno 5 culture politiche (socialista, comunista, laico-liberale-repubblicana, cattolico popolare, destra sociale): è illusorio pensare di poterle forzatamente ridurre a due. In secondo luogo, almeno negli Anni Novanta e Duemila il fragile bipolarismo italiano competeva per l’elettore mediano: lo faceva con due schieramenti che avevano due leader centristi (Prodi e Berlusconi) e forze politiche tendenzialmente centriste che avevano la guida politica delle due coalizioni.

Da una decina d’anni invece i motori politici delle due coalizioni sono diventati i partiti estremisti e populisti, e si compete per l’elettore estremo, non per quello mediano. Salvini, Meloni, Vannacci fanno a gara a solleticare l’elettore più sovranista. Schlein e Conte fanno la stessa cosa con l’elettore più radicale di sinistra. Questo lascia un pezzo di paese, addirittura potenzialmente maggioritario, senza rappresentanza politica. Non a caso stiamo osservando tassi di astensionismo mai sperimentati nella nostra storia.

Il Partito Liberaldemocratico è nato per colmare, assieme a tutti quelli che condividono questa impostazione, questo pericoloso vuoto di rappresentanza. E per dare voce a tutti quelli che credono che l’Italia abbia bisogno di un’ondata di riforme liberali per tornare a crescere e smetterla di essere il paese che, nell’ultimo trentennio, ha registrato il tasso di crescita medio più basso sull’intero Pianeta.

Alla presentazione del Partito Liberaldemocratico c’era molta società civile, qualche nome anche “di peso”: che accoglienza avete ricevuto?

Abbiamo un tesseramento solo digitale, e con pagamento obbligatorio di 25 euro della tessera: questo non aiuta i tesseramenti di massa! Ma ciononostante in meno di 60 giorni abbiamo fatto più di 2.000 tesserati, e stiamo crescendo molto in particolare tra gli amministratori locali. Siamo presenti in tutte le regioni e in quasi la totalità dei capoluoghi di provincia. Abbiamo già fatto una giornata, il mese scorso, di banchetti in piazza in tutta Italia e questo weekend la replicheremo in occasione della festa dell’Europa.

Il 28 e 29 giugno, a Bologna faremo il nostro primo congresso, con l’elezione degli organi dirigenti nazionali. C’è molta curiosità attorno al nostro progetto. Faremo di tutto per meritarci la fiducia che ci viene data. E mi faccia ringraziare di cuore i nostri militanti e i nostri dirigenti, che da mesi lavorano diverse ore al giorno per il nostro progetto, rimettendoci tempo e soldi. Ma lo fanno solo per un motivo: perché credono che la politica in Italia possa tornare a essere una cosa seria, e non la televendita che è diventata in questi anni.

In un’ottica sempre orientata al maggioritario, la vostra casa è il centrosinistra o il centrodestra?

Non siamo certo i soli a credere in una piattaforma liberaldemocratica e riformatrice, fatta di fedeltà alle liberaldemocrazie atlantiche, sostegno all’Ucraina, garantismo, riduzione della spesa pubblica, rivoluzione concorrenziale, meritocrazia nella pubblica amministrazione, ecc.

Ma siamo i soli che pensano che sia fallita la sfida di far vivere questo approccio all’interno di uno dei poli. È fallita la sfida di “temperare” o “condizionare” i populismi. I populismi vanno combattuti sul piano elettorale, non corteggiati. Hanno già fatto abbastanza danni.

Alle elezioni politiche del 2027, chi sostiene una impostazione autenticamente liberal-democratica e riformatrice deve presentarsi con una unica formazione, forte, orgogliosa, autonoma e dalla leadership contendibile. Per far sì che nella prossima legislatura i populisti di destra e di sinistra il governo del paese lo vedano solo col binocolo.

La frattura con Renzi e prima ancora con Calenda è sanabile?

Noi non abbiamo fratture con nessuno. Esistono semmai diverse opinioni politiche. In particolare, Italia Viva l’anno scorso ha deciso di abbandonare la collocazione terzopolista (che aveva tenuto sin dalla sua nascita nel 2019) e schierarsi col centrosinistra, con il M5S e a favore di Elly Schlein premier. Una scelta legittima ma che larga parte di quel partito non ha condiviso, abbandonando Italia Viva e dando vita prima all’associazione “Orizzonti Liberali” e poi – assieme ad altre realtà politiche – al Partito Liberaldemocratico.

Azione invece rimane nell’area liberaldemocratica, e pertanto è ovviamente un interlocutore. Qui semmai la questione è capire se i soggetti rimasti in questa area debbano farsi la guerra tra loro o, come noi speriamo, fare un cammino comune finalizzato ad offrire agli italiani una alternativa unitaria e forte. Del resto tutte le rilevazioni concordano che quest’area vale potenzialmente il 15% dell’elettorato. Se nessuno dei soggetti esistenti, in qualche anno ormai, è arrivato a coprire più di un quinto di tale somma, allora forse dobbiamo fare qualcosa di più grande tutti insieme, invece di intestardirci di essere, da soli, non solo necessari ma anche sufficienti.

Anche perché se gli elettori si troveranno ancora una volta due o addirittura più formazioni che dicono le stesse cose ma sono divise perché ognuno pensa di avercelo più lungo degli altri (il pensiero, ovviamente), penso che manderanno tutti a quel paese. Come già accaduto in passato.

Qualcuno dice che entro l’inizio del prossimo anno si tornerà a votare, con la premier pronta a monetizzare la crescente fiducia di cui gode: voi che cosa pensate? Sareste pronti alle elezioni?

La politica per certe cose è una scienza esatta. Se una coalizione di governo si rompe, non si presenta – 45 giorni dopo – al voto di nuovo insieme. E il centrodestra, con questo  politica e di legge elettorale, può vincere solo se si presenta unito. Quindi l’unico caso in cui ritengo possibile che si vada al voto anticipato è una modifica radicale degli assetti politici, in direzione di una rottura di questo malsano bipolarismo. Ed essendo in ultima analisi proprio questo l’esito che auspico, non posso certo averne paura.

In materia economica, qualche giudizio secco: golden power su UniCredit, sì o no? Mps-Mediobanca? E della partita di Generali (appena conclusa ma già di nuovo di attualità)?

Aver utilizzato la golden power in quel modo sull’operazione Unicredit-BPM è stata una delle cose più ridicole che abbia visto ultimamente. Quella disciplina nasce per proteggere settori cruciali per la nostra sicurezza (come la difesa o le telecomunicazioni) da acquisizioni da parte di paesi non alleati. Qui invece viene usata per ostacolare una possibile fusione tra due banche italiane.  Pazzesco.

Riguardo MPS, siccome non sono un nostalgico né delle partecipazioni statali né delle banche controllate dalla politica, preferirei che prima lo Stato uscisse completamente dal capitale di MPS e poi che questo istituto, e questi nuovi “capitani coraggiosi”, provino tutti gli “assalti al cielo” che desiderano. Sarà il mercato a decidere. Lo Stato si faccia gli affari suoi: in una moderna economia di mercato, il potere pubblico su queste cose interviene solo tramite le autorità di regolamentazione, che a loro volta devono intervenire solo per tutelare il principio della concorrenza e per evitare la costituzione di posizioni dominanti.

Su Generali infine, mi ha molto sorpreso l’ostilità di buona parte della politica italiana verso l’operazione di fusione tra Generali Investment Holdings e Natixis. Si tratta della stessa politica che si spella le mani quando Draghi dice che all’interno della UE dobbiamo creare l’unione del mercato dei capitali, creare soggetti transazionali di dimensione europea, integrare i mercati nazionali, ecc. Poi quando si tratta di farlo, si spaventano tutti. La verità è che per la politica italiana le cose sono belle solo quando rimangono intenzioni. Nella fattispecie, troppo forte per qualcuno la paura che la classica telefonata di “moral suasion” verso Generali per tenere in pancia i titoli del debito pubblico anche quando perdono di valore sia un po’ più difficile in caso di fusione con i francesi. Perché in Italia in realtà l’unico partito al governo in Italia è il PUSP (il Partito Unico della Spesa Pubblica), che comprende sia la destra che la sinistra.

Come giudica il rapporto tra Giorgia Meloni e Donald Trump?

Immagino che ogni relazione con Donald Trump non sia proprio semplice. Un giorno ti loda, il giorno dopo può dirti che gli devi baciare il culo. Già il fatto che la presidente Meloni sia riuscita a stare nello Studio Ovale (anche dicendo cose molto efficaci, come che a “tornare grande” deve essere l’Occidente, non semplicemente l’America) senza farsi maltrattare mi sembra un ottimo risultato.

Al di là di giudizi di parte, è soddisfatto di questi primi 30 mesi di esecutivo Meloni?

In politica internazionale sì, bisognerebbe essere in malafede per negarlo. In politica interna assolutamente no. La pressione fiscale è salita dal 41,7% del 2022 al 42,6% del 2024 (fonte Istat) e lo stesso governo scrive nei documenti ufficiali che rimarrà a quel livello fino alla fine della legislatura. Di liberalizzazione e concorrenza neanche l’ombra, in Italia abbiamo l’unica destra del mondo che è contro il mercato. Faccio solo un esempio: il governo si appresta a varare un altro disegno di legge sulla concorrenza. Accetta un nostro suggerimento? Liberalizzi completamente i saldi. L’idea che un negozio possa abbassare i prezzi della merce solo quando lo decide il sindaco è un retaggio di un mondo che non esiste più.

E poi: la spesa pubblica continua a essere fuori controllo, non c’è nessuna volontà di innescare un serio meccanismo secondo cui prima di spendere un euro di nuovi soldi pubblici bisogna verificare che i 1.200 miliardi che già spendiamo siano usati nel modo migliore possibile.  Il Pnrr arranca: sono rimasto sconvolto quando, poche settimane fa, il Ministro Foti ha candidamente ammesso che ci sono 12 miliardi già impegnati ma che non hanno un soggetto attuatore: cioè ci sono 12 miliardi che sono in giro ma non si sa a chi siano stati dati.

La corsa agli armamenti: giusta e necessaria o frettolosa e fuori dal tempo?

La sicurezza è un bene pubblico. Che non vuol dire gratuito, ma vuol dire che deve essere offerto obbligatoriamente dal potere pubblico. Per 80 anni ne abbiamo usufruito senza di fatto pagarlo, perché ce lo fornivano gli USA. Se è vero, come pare, che non sono più disposti a farlo (perlomeno non nella misura che si è verificata finora), allora dobbiamo fornircelo da soli.

Trovo infantili le polemiche di chi dice “non spendiamo in sicurezza, spendiamo in scuole e ospedali”. Sembrano un gruppo di hyppie. Non capiscono che senza il bene pubblico “difesa e sicurezza”, è inutile parlare di scuole, ospedali, ricerca e tutte le cose che giustamente ci stanno molto più a cuore.

Si può parlare con Putin?

In politica internazionale si deve parlare con tutti. Mi pare però che l’unico modo che il signore di cui sopra utilizza per parlare siano le bombe e i missili. E allora, purtroppo, bisogna stare nella conversazione, diciamo. Mi pare che alla fine se ne sia accorto persino Trump.

Rinnovo Patente? Facile ed Economico

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