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Ex-Ilva, Urso invita alla calma: ma il baratro è dietro l’angolo

Onnipresente. Infaticabile. Abbronzatissimo. Il ministro Adolfo Urso lo puoi trovare dovunque, pronto a dire la sua su tante cose diverse: nautica, moda, Beko, Versalis, Ast, eolico offshore. Ed ex-Ilva. E tutto questo non in un’intervista a tutto campo ma muovendosi tra vari incontri, tavoli, momenti. Il presenzialismo del titolare del Mimit non è una novità, tanto che pare che la stessa Giorgia Meloni – che pure ne ha un’opinione piuttosto alta – non abbia mancato di manifestare il suo fastidio per l’onnipresenza di Adolfo URSS, come ama farsi chiamare da stampa e amici.

Dunque, se è vero che la trattativa con Beko si è conclusa in modo tutto sommato positivo – se così si possono chiamare 1.284 esuberi, anche se inizialmente dovevano essere 1.900 – è su altri tavoli che il ministro pugliese ha fatto meno bene. Prendiamo ad esempio Transizione 5.0, uno strumento da sei miliardi che doveva aiutare le imprese a evolversi ulteriormente. Ebbene, 13 mesi dopo la sua approvazione di quei fondi era stato speso poco o niente, tanto che i denari ora verranno (forse) dirottati per mitigare l’effetto dei dazi sulle PMI. Eppure la seconda manifattura d’Europa aveva bisogno di un piano di sostegno che Urso non ha esitato a definire “il più importante dell’Unione Europea”. E invece…

Senza contare il tracollo delle ultime ore, con l’ex-Ilva che ha un guasto a un altoforno e per questo è pronta a mettere in cassa integrazione quasi 4.000 persone. Dopo anni di promesse, dopo la svolta tanto attesa e garantita, dopo la certezza che ormai ci siamo quasi. E invece no, si ripiomba nel baratro. E Urso traccheggia, perché quando c’è una crisi essere presenzialisti è un po’ più diverso. 

Ci sono anche momenti più comici nei 30 mesi di operato del ministro. Come quando annunciò il calo dei prezzi della benzina nell’agosto 2023, mentre il costo continuava a crescere nonostante la famosa operazione trasparenza messa in piedi dal governo con i cartelli dei prezzi. Messo di fronte all’assurdità della sua affermazione se la prese prima con gli automobilisti – che non si rifornivano al self service – e poi con le imprese raffinatrici. Infine, con il suo staff – da cui tra l’altro è uscito un altro pezzo, sempre guarda un po’ nella comunicazione. E poi, in ordine sparso, le scivolate con i tassisti (l’unica vera lobby che funziona in Italia) e la boutade del carrello tricolore. 

Senza dimenticare il rapporto con Stellantis, mai decollato. E il desiderio costante di blandire i cinesi perché venissero a produrre auto da noi (ma non lo faranno). Insomma, ce ne sarebbero mille da raccontare. Perché Adolfo Urso è così: onnipresente, sempre pronto a dire la sua su tutto. E il mondo gli vuole bene per questo..

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