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“Restituire la Chiesa ai cattolici”: l’affondo di Ruini su Bergoglio
A volte ritornano, e quando tornano lo fanno in modo epico. Camillo Ruini, che fu presidente della Conferenza episcopale italiana negli anni ‘90 ed una delle voci più lucide tra i conservatori, dall’alto dei suoi gagliardissimi 94 anni interviene su questo Conclave e disegna al Corriere della Sera l’immagine del prossimo Papa. Ma attenzione: Camillone, come veniva chiamato, o anche Eminenz secondo Luciana Littizzetto, nel colloquio con Francesco Verdirame mena fendenti a destra e a manca senza remissione di peccato.
Ci vuole un Papa buono. Francesco non lo era?
Ha le idee chiare fin dall’inizio, Camillone che fu uno dei collaboratori più fidati di Karol Wojtyla oggi Santo: “Servirà un Papa buono, che sia profondamente credente, dotato di attitudine nelle questioni di governo, capace di affrontare una fase internazionale delicatissima e molto pericolosa. E servirà un Papa caritatevole. Caritatevole anche nella gestione della Chiesa”. Ah. Uno legge e si chiede: e allora il predecessore, il defunto Papa Francesco com’era, se ci vorrà un Papa fatto in questo modo? Ma magari è un brutto pensiero, così come quando Ruini dice che un Papa italiano avrebbe un vantaggio, quello di essere: “Meno condizionato dalle origini”, che sarebbe più universalista.
Dopo un Papa polacco, uno tedesco e uno argentino, insomma, allora sarebbe caso di cambiare musica. Il cardinale non ha nulla da perdere in quello che dice e lo dice proprio perché sa di essere fuori dai giochi. E parla della necessità di “Restituire la Chiesa ai cattolici, mantenendo però l’apertura a tutti”, dal momento che la Chiesa – malgrado i funerali – è divisa: “Purtroppo la divisione è rimasta, col paradosso per cui favorevoli a Francesco sono per lo più i laici mentre contrari sono spesso i credenti”.
“Ha irritato chi difendeva posizioni cattoliche”
Botte da orbi. Jorge Mario Bergoglio: “Con un’intenzione missionaria – evidenzia Ruini – si era rivolto soprattutto a quanti erano distanti, con modalità che hanno irritato chi per anni si era speso a difendere le posizioni cattoliche”.
Il cardinale non lo dice, ma lui è uno di quelli con la sua etica di valori non negoziabili (vita, tutela dei nascituri, no all’eutanasia, matrimonio eterosessuale per segnalare alcuni dei temi) che ha portato anche alla saggia posizione del “ruinismo”, il cosiddetto trasversalismo politico che, tramontata la Democrazia Cristiana, predicava di avere dei politici cattolici lungo tutto l’arco costituzionale pronti a prendere posizione nel caso in cui i valori non negoziabili fossero stati messi in discussione. Era il tempo, insomma, in cui si parlava di “coscienze rettamente formate” mentre la Cei restava sullo sfondo anziché l’interventismo attuale.
Del resto, secondo Ruini: “Francesco è sembrato cioè privilegiare i lontani a scapito dei vicini. È un gesto evangelico. Ma come nella parabola del figliol prodigo l’altro figlio protestò, così oggi c’è chi protesta nella Chiesa”. Il fatto è che bisogna saper mediare “tra chi vuole mantenere i valori tradizionali e chi vuole aprirsi al mondo di oggi”, osserva il porporato, e spiega che occorra: “Agire con prudenza (…). Purtroppo la popolazione ha percepito una scelta netta di Bergoglio verso l’apertura alle novità. E molti lo hanno rifiutato per rimanere fedeli alle loro convinzioni”.
Prima Cristo, dopo Bergoglio. Il programma
E per essere più chiari e più critici: “Quello che non ha avuto abbastanza rilievo è che l’elemento centrale della Chiesa è Cristo, non il Papa. Altrimenti si apre un problema (…). Alla morte di Wojtyla la gente urlava ‘santo subito’ mentre alla morte di Bergoglio ha urlato ‘Grazie Francesco’”. Ecco, se viene messa in ombra la dimensione trascendente non si rende un buon servizio alla Chiesa”. E probabilmente Francesco, par di capire, dal punto di vista di Ruini non deve aver reso questo buon servizio, via. Quindi? Quindi il prossimo Papa dovrà: “Ricostruire l’unità della Chiesa, specialmente l’unità attorno al Papa, che è il punto di riferimento della comunità cattolica”. Occorre affrontare: “La parziale destrutturazione delle nostre istituzioni. Questo è accaduto anche perché dinnanzi alle difficoltà preesistenti – specie nella Curia – Il Papa ha cercato di trovare una soluzione”.
Ed evidentemente, par di capire, la soluzione non era quella delle migliori. È che per lui Bergoglio si è confuso: “Voleva purificare, non destrutturare”. Al successore il compito di: “Alimentare la fiamma della fede che in molte zone del mondo minaccia di estinguersi”, e non è detto che queste grandi sfide saranno superate dal prossimo Pontefice. Davvero non vorremmo essere nei panni dell’uomo che dal 7 maggio in poi voteranno gli elettori.
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