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Legge elettorale, il punto chiave della riforma sarà l’indicazione del candidato premier della coalizione sulla scheda
Convergenze parallele le chiamavano nella Prima Repubblica, come ricordano bene i giornalisti ormai non più giovani e con diverse primavere alle spalle. Ed è esattamente quello che sta accadendo in questa fine estate 2025, fatta come sempre di polemiche poi destinate a spegnersi con l’autunno e la Legge di Bilancio, tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein.
Il punto è quello, tutt’altro che tecnico e secondario, della riforma della legge elettorale per superare l’attuale Rosatellum. La premier non vuole più i collegi elettorali perché sa che nelle grandi città il Centrodestra rischia di perderne troppi. E quindi in Fratelli d’Italia si sta ormai concretizzando il modello delle elezioni regionali: un proporzionale con sbarramento basso (dovrebbe essere al 3%), quasi sicuramente senza preferenze, e con un premio di maggioranza alla coalizione vincente, che però dovrà superare la soglia del 42% (ipotesi al momento più probabile per evitare bocciature da parte della Corte costituzionale), pari al 55% dei seggi alla Camera e al Senato.
Un sistema che tenga insieme la rappresentatività del voto popolare e la garanzia della governabilità e quindi della stabilità tanto cara ai mercati finanziari (e infatti lo spread italiano è calato moltissimo nei confronti di quello della Germania e si è azzerato con quello della Francia). Attenzione, però, perché il piano di Meloni, condiviso pienamente da Schlein, è quello di inserire l’indicazione del candidato premier della coalizione sulla scheda elettorale, sia che il premierato venga approvato entro fine legislatura (e poi confermato dal referendum popolare) o meno.
In questo modo la leader di Fratelli d’Italia punta a blindarsi per altri cinque anni (i sondaggi sono chiarissimi) stoppando sul nascere l’ipotesi tutta ancora solo sulla carta di una discesa in campo di Pier Silvio Berlusconi alla guida di Forza Italia che con questo sistema comunque non potrebbe ambire alla poltrona di capo del governo a Palazzo Chigi per tanti anni ricoperta da suo padre Silvio.
Per la leader Dem è fondamentale l’indicazione del candidato premier, sia per mettere a tacere le varie minoranze interne del Nazareno che non la vogliono candidata alla presidenza del Consiglio (da Lorenzo Guerini fino a Dario Franceschini passando per Stefano Bonaccini e Romano Prodi) sia per arginare le aspirazioni di Giuseppe Conte di tornare a Palazzo Chigi.
Nonostante il M5S sia leggermente risalito nei sondaggi, il divario rispetto al Pd resta di almeno otto punti e in mezzo ci saranno le elezioni regionali e molte comunali dove il Pd sarà nettamente la prima forza del Centrosinistra, sia in caso di vittoria o di sconfitta, con i pentastellati al solito debolissimi nelle elezioni locali o comunque non politiche o europee. Insomma, convergenze parallele, sulla riforma del sistema di voto, tra Meloni e Schlein.
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