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La premier ha sempre cercato un dialogo costruttivo con i sindacati
 

Tra i tanti meriti che occorre riconoscere alla Meloni in questi tre anni di governo, bisogna aggiungere quello di essere riuscita a spezzare forse definitivamente l’alleanza tra le tre sigle sindacali differenti presenti in Italia. Un’impresa portata avanti con pazienza certosina ma ben presente nelle sue intenzioni fin dal suo insediamento. La prima ed era naturale che accadesse, a “cedere alle lusinghe” della premier è stata la Cisl di Luigi Sbarra (poi promosso sottosegretario ed ora a capo dipartimento del Sud). Anche Silvio Berlusconi per un breve periodo riuscì a fare un accordo con la Cisl, ma il suo problema fu che ebbe comunque rapporti sempre abbastanza tesi con la Cgil e anche la Uil.

Malgrado i suoi sforzi, i rapporti restarono sempre abbastanza tesi. Meloni invece ha continuato meritoriamente, in questi tre anni a cercare di aprire un dialogo costruttivo con chi era disposto a farlo. “Giorgia Meloni più volte ha provato anche ad instaurare un dialogo con Landini e la Cgil. Ma con il leader del più grande sindacato italiano, entrano in gioco logiche differenti, che non afferiscono solo al perimetro della contrattazione sindacale, ma alle aspirazioni di leadership che continua ad avere Landini sul Pd” dice un deputato di Fdi molto vicino alla premier. In effetti non sono poche le occasioni in cui la premier ha provato ad intavolare un dialogo anche con la Cgil, ma Maurizio Landini più per motivi personali ed ideologico che per questiono strettamente inerenti agli interessi dei lavoratori, ha sempre preferito tenersene fuori.

Ma dopo la Cisl, ora anche la Uil sembra disposto ad aprire una nuova fase più collaborativa con il governo. Il segretario generale della Uil, infatti, Pierpaolo Bombardieri ha speso solo parole positive per la manovra appena varata dal governo Meloni. Intervistato da Repubblica, ha fatto i complimenti direttamente al presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Alcune nostre richieste sono entrate, a partire dalla detassazione degli aumenti contrattuali. Non posso non ringraziare la premier Meloni”, ha detto. Una novità, insomma, come lui stessa ha sottolineato: “Negli anni scorsi la manovra ci veniva illustrata a cose fatte, stavolta alcune nostre proposte sono entrate. Il tavolo non è stato finto. C’è stato un cambio di passo. Devo riconoscerlo”.

Entrando nel merito della legge di bilancio, Bombardieri ha spiegato: “Condividiamo la detassazione degli aumenti contrattuali fino a 28 mila euro al 5% e le risorse per il pubblico impiego. Due miliardi non sono pochi in una manovra così limitata dai vincoli europei. L’Italia ha il costo del lavoro più alto d’Europa e va ridotto”. Mentre sulla tassa sulle banche ha detto: “Per noi è una misura corretta”. Soddisfatto, ma non troppo, sul tema dei “dipendenti pubblici”: “Da quello che leggiamo, ci sarebbero circa 600 milioni. Aspettiamo il testo, ma se arrivano più risorse è positivo. Ed è quello che chiedevamo da tempo. La novità è che il governo riconosce i contratti come strumento centrale. È una differenza politica importante”. Insomma, se non è una promozione poco ci manca. 

E Palazzo Chigi non nasconde la soddisfazione per essere riuscito in una impresa che alla vigilia sembrava proibitiva. Il fatto di avere anche la Uil su posizioni certamente più morbide permette al governo di avere certamente più spazio di manovra. Rimane lo scoglio della Cgil, ma sul fatto di ammorbidire anche Landini si nutrivano davvero pochissime speranze. Ma almeno il governo è riuscito ad isolarlo, costringendolo a radicalizzare le sue posizioni (lo stesso scenario in cui si trova la Elly Schlein, come visto nel suo duro attacco al governo all’assise dei socialisti ad Amsterdam). 

“Se Landini organizza gli scioperi per Gaza e non si cura minimamente per esempio di quello che sta facendo Stellantis, è un problema di credibilità di un sindacato che dovrebbe avere come primo scopo proprio quello della difesa dei lavoratori e dei loro diritti” dice un senatore della maggioranza.  Perché è chiaro che facendo così non fa altro che fare il gioco del governo e dargli la possibilità di screditarlo, come è puntualmente avvenuto. “Meloni una volta mi disse – ha raccontato Nicola Porro ad una recente conferenza in Senato – che il suo problema era solo quello di non commettere errori”. Beh, anche in questo caso sembra che questo intento fino ad ora stia riuscendo alla perfezione. Anche perché così facendo toglie argomenti ad una opposizione sempre più spaesata. Ecco allora che anche la manovra appena varata, il massimo che si potesse fare con le risorse a disposizione, come hanno ammesso anche molti osservatori imparziali, come per esempio Carlo Cottarelli, rientra in questo approccio. 

Il “giochetto” di Governare cercando di non commettere marchiani errori, come fino ad ora sembra stia riuscendo perfettamente alla premier, sta portando innegabili risultati sia in termini di consenso che  in termini di risultati concreti, portando in dote al governo una maggiore stabilità, al di là delle naturali scaramucce dei partiti su singole questioni Il fatto che ora Giorgia Meloni dopo aver conquistato la fiducia dei mercati, il rispetto dei leader e della stampa internazionali, sembra riuscire anche nel difficile compito, per un governo di destra, di aprire un dialogo costruttivo con in sindacati, rafforza l’esecutivo ed indebolisco ulteriormente le opposizioni. Ed ecco che in questo scenario questi ultimi due anni di legislatura possono aprire nuovi spazi di manovra, in grado di dare quell’impulso che possa favorire quello che ormai appare lo scenario più realistico: una riconferma del centro destra anche nel 2027.

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