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‘Il Cono d’ombra. La storia di Denis Bergamini’ debutta su Sky e Now. Perché raccontarla oggi a distanza di tanti anni? 

“Questa vicenda ha 35 anni e va per i 36, ma per me le storie sono senza tempo”

Il fattore tempo…

“Per me non incide. Io quando penso a questa storia, me la immagino nel presente. Mi immagino quella piazzola, mi immagino Bergamini con la sua ex fidanzata che parlano e chissà che cosa si dicono. Mi immagino la persona che passa e che lo vede. Però me lo immagino con una ‘pasta contemporanea’, quindi sì, sono passati anni, ma è una storia ancora molto attuale, perché stiamo ancora aspettando di vedere almeno una verità giudiziaria”

Però…

“E’ una vicenda che colpisce tantissimo e che – secondo me – resterà per sempre una storia affascinante proprio perché misteriosa. E il fascino delle storie, al cui centro c’è un mistero. Tu arrivi fino a un certo punto e poi non sai che cosa c’è. È buio, c’è un cono d’ombra. Questo, a mio parere, è un forte magnete, qualcosa che attrae moltissimo sia i narratori che il pubblico”

foto Jule Hering
 

Parli del ‘cono d’ombra’, quanto è complicato raccontare una storia che non ha una verità definita. A differenza, ad esempio del tuo precedente podcast e docu-serie andato su Sky legato a Elisa Claps 

“Tutte le storie hanno un cono d’ombra. Io penso alla storia di Elisa Claps, dove ovviamente sappiamo chi è il killer, come l’ha uccisa, però per esempio non sappiamo come mai sia finita in quel sottotetto, come mai ci sia rimasta per così tanti anni. E tutte le altre storie in generale che io ho trattato hanno dei coni d’ombra. In questa forse è un po’ più ingombrante, per quell’ora e mezza – tra le 17.30 e le 19.10 di sera – su cui tutti ci scervelliamo dal 1989. Tutti vorremmo sapere che cosa ha visto, sentito, detto o fatto Denis Bergamini. Ed è difficile raccontare una storia così”

Come mai?

“Perché vorresti usare l’immaginazione ma non puoi usare l’immaginazione, perché sarebbe la tua immaginazione e quindi ti devi fermare proprio un passo prima. Devi fermarti fino a dove si vede. E poi devi lasciare un po’ che sia il pubblico a farsi un’idea. Ma non puoi dare tu, non puoi offrire tu una verità preconfezionata, perché non sarebbe giusto, sarebbe molto scorretto”

Chi era Denis, che idea ti sei fatto di lui?

“Dai racconti che ci sono stati fatti da tutte le persone che lo conoscevano, Bergamini sembra essere stata una persona molto gentile e molto corretta e seria. Un ragazzo scherzoso si vede anche nei video assieme alla squadra. Molto positivo. Uno che sicuramente aveva un sacco di storie, con un sacco di ragazze. Era un 27enne nel 1989 che giocava a calcio e quindi aveva due soldi, era bello, si divertiva e non ci pensava troppo. È probabile però che queste sue relazioni – soprattutto dopo che aveva lasciato Isabella Internò – lo possano aver condotto verso una strada difficile che lo potrebbe aver spaventato molto”

Se Denis Bergamini fosse qui cosa gli chiederesti?

“Se potessi chiedergli qualcosa che non ha a che vedere con la piazzola di sosta – perché ovviamente sarebbe troppo semplice – gli chiederei perché quel bisogno di essere identificato al posto di blocco appena prima di arrivare alla piazzola. Che cosa aveva capito, che cosa sapeva, che cosa sentiva e aveva intuito. Probabilmente gli chiederei questo se potessi fargli una sola domanda”

Il Cono d’ombra. La storia di Denis Bergamini – La video intervista di Affaritaliani.it a Pablo Trincia

Il Cono d’ombra. La storia di Denis Bergamini – Quando va in onda e dove vedere la docu-serie di Pablo Trincia 
 


 

La ‘prima’ tv è il 27 e 28 giugno con 4 episodi in esclusiva su Sky TG24, Sky Crime, Sky Documentaries, Sky Sport, in streaming su NOW e sempre disponibile on demand, per riportare alla luce questa vicenda fatta di silenzi, contraddizioni, depistaggi e dolore.

Dopo il podcast omonimo – sempre nelle prime posizioni tra i podcast di tendenza su Spotify dal suo debutto – la docuserie Sky Original prodotta da Sky TG24, Sky Crime e Sky Documentaries, in collaborazione con TapelessFilm e con il supporto della Fondazione Calabria Film Commission, ideata da Pablo Trincia e Debora Campanella con Paolo Negro, che ne cura anche la regia, racconta una vicenda che per oltre trent’anni ha diviso l’opinione pubblica e sfidato la giustizia.

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