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Ius Scholae? Se ne parlerà ancora ma non se ne farà nulla. L’analisi
“Condivido in linea di massima il principio, onestamente ho dubbi sulla priorità. Non mi sembra una necessità tra le prime per gli italiani. Tempi e modi mi vedono un po’ scettico“. Lo ha detto l’amministratore delegato di Mfe Pier Silvio Berlusconi, durante la presentazione dei nuovi palinsesti Mediaset, parlando dello Ius scholae lanciato da Forza Italia (Ius Italiae). “Mi spiace per Tajani ma sono più contro che a favore, perché non è il momento. Però è falso che Tajani ha portato avanti lo Ius scholae seguendo indicazioni ideali mie o di Marina”. Comunque “la proposta di legge non è mal formulata, anche se può essere migliorata, difende diritti e i diritti vanno difesi sempre”. A chi gli ha chiesto quali priorità avrebbe se fosse lui stesso in politica, ha risposto: “Welfare, salari, sanità, scuola, maggiore sicurezza, e poi incentivi allo sviluppo“.
TAJANI INCASSA E SI ADEGUA – “Io ho letto tutto”, sullo ius scholae Pier Silvio Berlusconi “ha detto che condivide i contenuti, ma non è una priorità. Io la penso alla stessa maniera, l’ho sempre detto, io ho difeso una posizione, come posso difenderne altre, come quella sulla bandiera europea. Io difendo le posizioni, sono pronto a spiegarle a tutti. Non ho mai detto che è una priorità. La priorità è la giustizia, la priorità è la sanità, la priorità è la manovra economica e salari più ricchi”. Lo ha detto il segretario nazionale di Forza Italia Antonio Tajani ha risposto parlando con i giornalisti in Transatlantico. “Quindi è perfettamente la stessa cosa, andatevi a vedere quello che ho detto l’altro giorno – ha continuato il vicepremier -. Tant’è che quando io ho detto ‘non è una priorità’, è stato detto ‘Tajani fa marcia indietro’. No, io ho sempre detto che non è una priorità. Però la posizione non cambia, io sono convinto di quello che dico, sono pronto a spiegarlo a tutti coloro che non hanno letto il testo del disegno di legge di Forza Italia. Ma ho letto la dichiarazione, dice che condivide nella sostanza, quindi è giusto che i giovani che sono andati a scuola possano avere la cittadinanza, e che non è una priorità secondo lui. Anche secondo me non è la priorità, la priorità è la riforma della giustizia: l’ho detto in questi giorni, detto e ripetuto, quindi non c’è nessuna differenza nella sostanza”.
SALVINI ESULTA – “Noi non condividiamo il principio di accorciare i tempi per concedere le cittadinanze, e sicuramente non è una priorità per gli italiani. Partita chiusa, tema archiviato, se ne occuperà semmai la sinistra fra trent’anni se vincerà”. Così Matteo Salvini dopo le parole di Pier Silvio Berlusconi secondo il quale la riforma della cittadinanza “non è una priorità”.
PIER SILVIO BERLUSCONI NON ESCLUDE UNA DISCESA IN CAMPO IN POLITICA – “Io ho 56 anni, mio padre è entrato in politica a 58… io oggi non ho nessuna intenzione e non penso alla politica. Guardando al futuro non lo escludo, ma così come non escludo tante altre cose nella mia vita, ossia che a un certo punto io possa dire ‘sai che c’è, una sfida completamente nuova, perché no?’. Ma è sciocco parlarne oggi, perché oggi non ha alcuna concretezza”. Così Pier Silvio Berlusconi, amministratore delegato di Mfe-Mediaset, a margine della presentazione alla stampa dei nuovi palinsesti tv. “Io sono felicissimo di fare quello che faccio, amo Mediaset, amo i miei collaboratori, ho una squadra che è sempre più mia”, ha proseguito. “Detto questo, io amo il rapporto con le persone. La passione nei confronti del rapporto con le persone normali è una cosa che a me travolge, quindi tendo a far coincidere la politica con questa passione, ma la politica è anche tante altre cose, tra cui compromessi trattativa, quindi non lo so…“. Pier Silvio Berlusconi ha comunque escluso che una sua eventuale futura discesa in campo potesse partire da Milano, dove si voterà per il sindaco nel 2027: “io non vivo a Milano e non vivo Milano”, ha detto.
IL COMMENTO DI TAJANI – “Magari! Però dipende da lui…”. Così il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha risposto ai giornalisti che, nel Transatlantico della Camera, gli chiedevano della possibilità che Pier Silvio Berlusconi scenda in campo nell’agone politico. “Se scende è un’ottima cosa, saremmo assolutamente contenti più quelli che scendono in campo sono di peso” meglio è… “Poi lui col nome che porta…”. Però, ha aggiunto il segretairo nazionale di Forza Italia, “dipende da lui il se e il quando… Se lo deciderà sarà sempre un fatto positivo… Il fatto che la famiglia Berlusconi si interessi ai destini di Forza Italia significa che ci tengono, ci sostengono, devo dire sempre con grande garbo e con discrezione”.
L’ANALISI SULLO IUS SCHOLAE CHE NON SI FARA’ MAI
di Alessandro Amadori, politologo e sondaggista
Il recente referendum dell’8 e 9 giugno 2025 ha riportato al centro del dibattito pubblico il tema della cittadinanza, in particolare nella forma dello ius scholae, ovvero il riconoscimento della cittadinanza italiana ai figli di immigrati, che abbiano completato un ciclo scolastico nel nostro Paese. Un tema che, pur non essendo nuovo, continua a dividere profondamente l’opinione pubblica e le forze politiche. E che, a mio parere, finché resterà in carica l’attuale governo di centrodestra, difficilmente potrà tradursi in legge.
Il quadro politico è netto. Partito Democratico e Movimento 5 Stelle si sono schierati apertamente a favore dello ius scholae, sostenendo il quesito referendario che ne proponeva l’introduzione. Entrambi i partiti vedono in questa misura un passo necessario verso una società più inclusiva e moderna, capace di riconoscere, come italiani di fatto, quei giovani che vivono, studiano e crescono in Italia.
Sul fronte opposto, Fratelli d’Italia e Lega hanno ribadito la loro contrarietà, ritenendo la proposta come una “scorciatoia” per la cittadinanza e un potenziale incentivo all’immigrazione irregolare. La loro strategia è stata quella dell’astensione, volta a far fallire il referendum per mancato raggiungimento del quorum (come effettivamente è accaduto).
Più sfumata la posizione di Forza Italia: il vicepremier Antonio Tajani ha rilanciato una proposta alternativa, più restrittiva, che prevede la cittadinanza solo dopo il completamento con profitto di 10 anni di scuola in Italia. Una posizione che, aprendo uno spiraglio, si scontra tuttavia con la linea più rigida degli alleati di governo.
Infine, i partiti centristi come Italia Viva e Azione hanno espresso un sostegno parziale: contrari su altri quesiti referendari, hanno invece appoggiato quello sulla cittadinanza, pur con riserve e distinguo.
In realtà, lo ius scholae è un tema che tocca corde profonde dell’identità nazionale. Da un lato, c’è chi lo considera un atto di giustizia verso giovani che si sentono italiani a tutti gli effetti. Dall’altro, c’è chi teme che possa invece minare la coesione sociale o essere percepito come una concessione troppo facile.
A ben guardare, la proposta non ha nulla di automatico: si tratta di riconoscere la cittadinanza a chi dimostra di aver raggiunto un radicamento culturale e linguistico. C’è del buon senso in questa idea: ma il dibattito si è polarizzato, trasformando una questione in fondo prevalentemente tecnica in uno scontro ideologico.
Il referendum di giugno 2025 ha rappresentato un banco di prova. Il quesito sullo ius scholae non ha raggiunto il quorum, anche a causa della strategia astensionista del Centrodestra. Inoltre, i dati mostrano che circa il 60% dei votanti si è espresso a favore (indicando che una parte significativa del Paese è pronta per un cambiamento), ma il rimanente 40%, con il suo “no”, ha evidenziato che un’altra parte, anch’essa significativa dell’opinione pubblica (probabilmente non solo di Centrodestra), vede questa misura con un atteggiamento di prudenza se non di esplicito timore.
In definitiva, il doppio rischio per il Centrodestra di veder innescare al proprio interno un conflitto esplicito fra forze politiche (con la Lega per il “no” e Forza Italia per il “sì”), nonché di perdere il consenso di una quota non marginale di elettorato di riferimento, rappresenta un costo eccessivo perché la proposta possa veramente passare.
Il tema diventa così, nei fatti, un elemento di distinzione politica per Forza Italia (intenzionata a parlare a un elettorato di area cattolica e a smarcarsi dall’appartenenza “di blocco” al Centrodestra) e, complementarmente, di riaffermazione identitaria per la Lega. Quindi, concludendo, se ne parlerà ancora, ma con tutta probabilità, per i prossimi due anni, non se ne farà nulla. Il futuro dello ius scholae, dunque, non dipenderà solo dalla bontà della proposta, ma anche e soprattutto dalla capacità di costruire un consenso trasversale che oggi, semplicemente, non c’è.
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