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Fra 10 anni le persone in età lavorativa diminuiranno di tre milioni di unità a causa dell’invecchiamento della popolazione e del calo demografico con rischi per la tenuta dei conti pubblici, ma anche il futuro del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del turismo. A trarne vantaggio solo le banche. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia.

Le proiezioni demografiche a 10 anni

Le proiezioni demografiche indicano che, entro i prossimi dieci anni, la popolazione in età lavorativa presente in Italia diminuirà di quasi 3 milioni di unità (precisamente 2.908.000), pari a una riduzione del 7,8 per cento. All’inizio del 2025 questa fascia demografica contava 37,3 milioni di persone; si prevede che la platea nel 2035 scenderà a 34,4 milioni. Tale calo è attribuibile al progressivo invecchiamento della popolazione: con un numero sempre più ridotto di giovani e un consistente gruppo di baby boomer prossimo all’uscita dal mercato del lavoro per raggiunti limiti d’età, il nostro Paese rischia lo spopolamento della coorte anagrafica potenzialmente occupabile.

“Il male” diffuso in ogni regione

L’associazione sottolinea che tutte le 107 province italiane monitorate nello studio registreranno entro il prossimo decennio una variazione assoluta negativa, confermando che il fenomeno colpirà indistintamente tutte le aree del Paese. La Cgia spiega come, se si considera il declino demografico insieme all’instabilità geopolitica, alla transizione energetica e a quella digitale, nei prossimi anni le imprese sono destinate a subire dei contraccolpi molto preoccupanti. La difficoltà, ad esempio, nel reperire giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è un problema sentito già oggi, figuriamoci tra un decennio.

Invertire il trend demografico è quasi impossibile

Peraltro, che chi spera in un’inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso, osserva la Cgia, poiché non esistono misure efficaci in grado di modificare questa tendenza in tempi ragionevolmente brevi. Inoltre, nemmeno il ricorso alla manodopera straniera potrà risolvere completamente la situazione. “Di conseguenza, dobbiamo prepararci a un progressivo rallentamento del Pil. Va inoltre considerato che una società con una popolazione sempre più anziana e meno giovane dovrà affrontare un aumento rilevante della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, con implicazioni molto negative anche sui nostri conti pubblici”, si aggiunge. Tra le imprese saranno le Pmi le più penalizzate.

Gli effetti sulle Pmi

Molte aziende, in particolare quelle di piccole dimensioni, saranno costrette a ridurre gli organici a causa dell’impossibilità di procedere ad assunzioni. A risentirne soprattutto i settori del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa). Al contrario, il settore bancario potrebbe essere tra i pochi a beneficiare di alcuni effetti positivi: grazie a una maggiore inclinazione al risparmio rispetto alle altre coorti anagrafiche, la popolazione anziana potrebbe incrementare il valore economico dei propri depositi, favorendo così le istituzioni creditizie.

Solo a Napoli 236 mila lavoratori in meno

Le contrazioni più importanti si verificheranno nel Mezzogiorno. In valore assoluto la provincia che subirà la perdita più importante è Napoli con -236.677 persone. Come regioni Lo scenario più critico investirà la Sardegna che entro il prossimo decennio subirà una riduzione di questa platea di persone del 15,1 per cento (-147.697 persone).

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