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Cosa succede se l’Italia entra in guerra? La proposta è di allestire 10mila volontari pronti in caso di necessità e 40mila soldati in più
I venti di guerra si fanno sempre più forti anche in Europa. Dall’Ucraina passando per Gaza fino all’Iran, in molti temono che la situazione geopolitica attuale potrebbe portare a un intervento militare italiano. In questo momento le nostre forze armate si compongono di circa 160mila unità tra Esercito, Marina e Aeronautica, a cui si aggiungono poco più di 100mila carabinieri.
Per il il generale Carmine Masiello, capo di Stato Maggiore della forza armata, si tratta di “volumi inadeguati alle esigenze di carattere operativo e non assicurano alla forza armata la massa necessaria ad affrontare un eventuale conflitto ad alta intensità che richiede la capacità di alimentare e rigenerare le forze impiegate in combattimento”.
Anche il ministro della Difesa Guido Crosetto a marzo affermava che “la consistenza delle forze armate è fissata da una legge. Non ho problemi a dire, come ho già detto più volte, che quel modello ormai è inadeguato e va cambiato”.
Per questo motivo il Governo studia un piano per creare un bacino di 10mila volontari che in caso di emergenza nazionale sarebbero richiamati per scendere in campo in difesa della patria. Crosetto invece spinge per reclutare altri 40mila soldati. A dire il vero maggioranza e opposizione sono d’accordo sul fatto di costruire una forza di volontari ma si dividono su dove recuperali e soprattutto a quale scopo verrebbero mobilitati.
La Lega propone di rinforzare le forze armate con ex militari a ferma breve, che avranno il compito di aspetti collaterali agli eventuali scontri sul campo e di difesa delle frontiere. Il Pd invece vorrebbe trovare volontari tra i membri della Croce Rossa ma solo per scopi sanitari e umanitari. In questo scenario, però, la proposta dei deputati Graziano e Fassino non esclude l’utilizzo di ausiliari per funzioni di appoggio alle forze sul campo.
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