Rinnovo Patente all'Isola d'Elba? Facile ed Economico

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                <em>Da Antonello Marchese* e Giorgio Paesani **</em>

Sono i primi giorni di ottobre e una fresca tramontana spazza il golfo di Portoferraio, ricordandoci che l’estate è ormai finita e che l’autunno sta progressivamente avanzando.
Ho un po’ di tempo libero e decido di fare una passeggiata presso l’ultimo bacino delle Antiche Saline di San Giovanni per vedere se il vento da nord ha portato qualche specie interessante da documentare. Dopo aver percorso quasi tutto il perimetro meridionale della laguna, e aver notato come sia alta la marea, fatto che rende difficile la pesca degli abituali aironi, arrivo in prossimità della diga che separa il bacino dal mare dove vedo un Gabbiano comune, specie abbastanza rara all’Elba, che decido di documentare con alcune scatti. Ad un certo punto l’animale si alza in volo e si sposta verso l’angolo nord-orientale della laguna, dove le mareggiate di grecale hanno creato una piccola lingua sabbiosa, quasi una piccola spiaggia nel bacino delle antiche saline. Osservandolo col teleobiettivo noto che nell’inquadratura, lì vicino appare qualcos’altro, sicuramente un altro animale, apparentemente un limicolo che si sta riposando con la testa ripiegata sulla schiena. L’esemplare se ne sta a ridosso della diga, abbastanza protetto dal vento e penso a quanto abbia volato e quanto, probabilmente, sia stanco e decido di non disturbarlo per cui dopo aver fatto qualche foto a debita distanza mi allontano. Osservandolo a casa nelle foto scaricate nel PC penso a un Piro Piro boschereccio e chiedo lumi a Giorgio Paesani, ma il becco nelle immagini è nascosto e l’identificazione non è così facile. Nei giorni successivi ritorno a San Giovanni per vedere se l’esemplare fosse ancora lì per provare a documentarlo meglio. Questa volta e lo trovo che pesca tranquillamente nel bacino della ex salina affondando il lungo becco nell’acqua bassa e nel fondale fangoso: l’animale è tranquillo e sembra che ci sia molto da mangiare per cui riesco a scattare foto migliori, con la testa che spunta dalla laguna mostrando bene il becco. Soffia ancora il vento da nord ma l’animale sembra che abbia trovato una piccola oasi dove riposarsi e nutrirsi. Penso ancora a un Piro Piro boschereccio o ad una Pantana ma questa volta, sottoponendo i migliori scatti a Giorgio, apprendo che invece l’uccello ritratto è in realtà una bella Pittima minore, dal caratteristico becco lungo bicolore rivolto all’insù.
La pittima, così riconosciuta sarebbe rimasta ancora diverso tempo nel bacino dell’Ex Salina, almeno fino al giorno 16, riposandosi e nutrendosi, recuperando le energie per la sua migrazione, approfittando della piccola estate d’ottobre, la cosiddetta “ottobrata” della tradizione romana, che ha caratterizzato quest’anno il decimo mese.
La presenza di questa Pittima a San Giovanni mi ha successivamente portato a fare una ricerca nel mio archivio fotografico trovando così uno scatto effettuato il 20 settembre del 2016, quando in servizio a Pianosa per il Parco Nazionale riuscii già a documentare una Pittima minore che se ne stava tranquillamente a nutrirsi nelle pozze di scogliera e basse acque del lido di Cala Giovanna. L’animale non era affatto disturbato dai bagnanti che si godevano le chiare acque pianosine. Ricordo come se fosse ieri che impugnai rapidamente la macchina fotografica “bridge” che porto sempre con me e allungato lo zoom riuscii ad effettuare alcuni scatti rubando qualche istante alla mia attività di guida, in realtà indicando la Pittima e parlando contemporaneamente dell’importanza delle isole dell’Arcipelago come punto di riposo e ristoro dei migratori durante i loro spostamenti stagionali. Non era la prima volta e non sarebbe stata nemmeno l’ultima che sul Lido di Cala Giovanna documentavo limicoli e altri migratori, quali un Gambecchio, i Piro Piro piccoli, due femmine e un maschio di Piviere dorato, un Chiurlo Piccolo, Aironi guardabuoi, Garzette, Aironi bianchi e cenerini e altri ancora, a volte tranquilli in mezzo ai bagnanti come nel caso della Pittima minore e del Gambecchio, a volte più timidi e isolati, sul lido pianosino ormai quasi deserto nelle stagioni primaverili e autunnali. Quel giorno, terminato il mio lavoro, come consuetudine mi recai all’imbarco per rientrare all’Elba e con la coda dell’occhio notai la Pittima minore, probabilmente la stessa già ritratta che si era spostata verso la zona dell’approdo, affondando il lungo becco nel terreno del vecchio campo sportivo prossimo al molo, suolo umido e reso morbido dalle piogge dei giorni precedenti e ancora: scattando alcune foto prima della partenza dell’imbarcazione, sono riuscito a fotografare l’animale, ottenendo le immagini che propongo insieme alle altre nella galleria fotografica allegata, pensando oggi, ormai ad anni distanza a questo piccolo servizio extra di documentazione naturalistica, un pezzetto di storia naturale che rimane registrato nella memoria della piatta isola dell’Arcipelago grazie all’impegno di chi ha avuto gli occhi, la passione e un po’ di cuore nel ritrarre questi animali e nel pensare che l’Uomo non è l’unico essere vivente ad aver diritto di esistere sul pianeta Terra.

  • Antonello Marchese, guida ambientale e turistica. Guida ufficiale del Parco Nazionale Arcipelago Toscano. Fotografo di Natura. Promotore dell’azione Elba Foto Natura, nell’ambito dei progetti della Carta Europea per il Turismo Sostenibile per il Parco Nazionale Arcipelago Toscano.

La migrazione da record della Pittima minore

La Pittima minore (Limosa lapponica) è un grande limicolo caratterizzato dal corpo massiccio e il becco molto lungo, più chiaro alla base e con una vistosa curvatura verso l’alto. Piuttosto facile da confonder con la “parente” Pittima reale (Limosa limosa) dalla quale si distingue grazie ad alcune piccole differenze morfologiche e di piumaggio. Le sue popolazioni nidificano nella tundra artica e sub artica e sono totalmente migratrici. La sottospecie europea sverna principalmente in zone umide costiere dell’Africa centro occidentale e meridionale ma anche, con contingenti ridottissimi, lungo le coste del Mediterraneo. In Italia questa specie appare principalmente durante le migrazioni e, regolarmente ma con pochi individui, anche in svernamento. La Toscana, soprattutto per le sue zone umide costiere, è interessata dal passaggio di piccoli contingenti migratori e dalla sosta invernale di pochi soggetti.
La Pittima minore di San Giovanni, come quella di Pianosa di alcuni anni fa, è un soggetto al suo primo anno di vita che sta compiendo la sua prima migrazione. Questi giovani spesso provengono da aree dove il contatto con l’essere umano è ancora, per fortuna, un evento piuttosto raro e gli esseri umani che si aggirano per la tundra in primavera sono generalmente più interessati a non farsi divorare dalle zanzare che alla presenza dei limicoli nidificanti. Questo spiega l’inconsueta confidenza che questi uccelli dimostrano verso gli uomini. Di solito basta loro il primo inverno passato a contatto con gli esseri umani per assumere un comportamento più prudente, almeno a quei soggetti che sopravvivono.
Se la nostra ospite temporanea sosterà di nuovo, in marzo-aprile, durante il viaggio verso la tundra che l’aspetta per nidificare, indosserà probabilmente già un piumaggio “nuziale” di un bellissimo rosso mattone e avrà una gran fretta di raggiungere il circolo polare, o giù di lì. Là le giornate primaverili sono lunghissime, gli insetti a milioni, ma l’abbondanza dura poco e l’autunno trasforma velocemente il fango brulicante di invertebrati in una lastra apparentemente senza vita.
Una vita a “pendolare” dall’estremo nord del globo all’altra faccia del mondo fa di questo limicolo un detentore di record in tema di migrazione.
Appartiene proprio ad una Pittima minore l’incredibile “performance” di volo ininterrotto: 11 giorni di fila, senza mai sostare, percorrendo quasi 14 mila chilometri per andare dall’Alaska alla Tasmania! Il tutto registrato da un leggerissimo GPS posizionato sulla schiena dell’animale.
Le ali delle pittime, in sostanza, cuciono i due emisferi del nostro pianeta! Dalla tundra alle paludi.
E qui iniziano i problemi. Le zone umide sono sempre più scarse e minacciate dall’inquinamento e dallo sfruttamento dell’uomo, sempre in cerca di giacimenti da trivellare, porti turistici da costruire, “terre rare” da estrarre a tutti i costi. Durante le migrazioni le pittime volano ad una altezza media di duemila metri ma sotto di esse la chimica sta avvelenando le loro prede e sostanze come i PCB si accumulano nei loro tessuti attraverso gli invertebrati di cui si nutrono. Per tacere dell’influenza aviaria che sta falcidiando a migliaia gli uccelli acquatici (mentre scrivo in mezza Europa stanno raccogliendo Gru morte a centinaia ogni giorno, ma non lo vedremo al TG, perché non porterebbe né audience e tanto meno consenso elettorale). Meglio non pensarci, meglio pensare alla nostra Pittima minore elbana a tempo determinato, mentre guarda, duemila metri sotto di lei, le coste del Sud Africa avvicinarsi e paludi e distese di suoi simili col becco piantato nel fango ad ingozzarsi, in attesa di partire per un altro incredibile viaggio.

**Giorgio Paesani, ornitologo.

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