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Unicredit-Bpm, dietrofront di Orcel: ecco tutto quello che è successo dal lancio dell’Ops

È cominciata con un annuncio a sorpresa il 25 novembre 2024 e si è chiusa otto mesi dopo, il 22 luglio 2025, con un passo indietro amaro quanto inevitabile. La tanto discussa Ops di Unicredit su Banco Bpm, voluta e orchestrata da Andrea Orcel per costruire un polo bancario nazionale più forte e competitivo, è ufficialmente naufragata. E con lei, almeno per ora, è svanito anche il grande sogno del risiko all’italiana. Per Orcel, quantomeno. A Siena, Luigi Lovaglio continua intanto a muovere le pedine verso Piazzetta Cuccia. Bper ha annunciato di aver raggiunto il 63,8% di Popolare di Sondrio. E l’asse Mediobanca–Banca Generali? Per ora sembra destinato allo stesso finale di Piazza Gae Aulenti.

Unicredit-Bpm, Orcel lancia l’Ops

Era il 25 novembre quando Orcel, forte di bilanci da record e di una banca in piena salute, cala l’asso: un’Offerta Pubblica di Scambio da oltre 10 miliardi di euro per incorporare Banco Bpm. Il banchiere la presenta come una “mossa industriale” per rafforzare il sistema bancario italiano e mettere un freno all’espansionismo silenzioso dei francesi (Crédit Agricole) su Piazza Meda. Orcel vuole finalmente poter creare un secondo colosso nazionale accanto a Intesa Sanpaolo. L’ambizione è chiara e la cornice pure. Peccato che la politica non fosse proprio dalla sua parte.

Risiko bancario, il Governo entra in campo con il golden power

Il blitz di Unicredit coglie tutti alla sprovvista: Banco Bpm in primis. Nel giro di due giorni, l’ad Giuseppe Castagna respinge ufficialmente l’offerta, giudicandola “inadeguata” e lamentando un’assenza totale di confronto preventivo. Sul tavolo ci sono diversi dubbi: governance, posti di lavoro e tenuta industriale. Ma soprattutto, lo scontro si sposta sul terreno politico. E lo strumento scelto dal governo per reagire è quello più pesante: il Golden Power. Palazzo Chigi entra in campo, e così nei mesi a venire, mentre Unicredit prova a forzare la mano e Banco Bpm sta sulla difensiva, la partita si politicizza del tutto.

Il 18 aprile 2025, viene formalmente esercitato il Golden Power. È la prima volta che viene usato per fermare un’operazione tra due banche italiane, ma le condizioni imposte sono tutt’altro che leggere. Orcel dovrebbe chiudere in fretta le operazioni in Russia (entro 9 mesi), mantenere il livello degli impieghi rispetto ai depositi per 5 anni, congelare certi asset e rispettare altri vincoli, tra cui il perimetro di Anima. Il numero uno di Unicredit incassa il colpo, ma non si arrende.

Ops di Unicredit su Banco Bpm: l’intervento della Consob, il Tar e le mosse da Bruxelles

Piazza Gae Aulenti contesta la misura, chiede chiarimenti e si appella alla Consob. Il 21 maggio arriva la prima sospensione: l’autorità di vigilanza congela l’Ops per 30 giorni, parlando di “informazioni insufficienti per una valutazione corretta da parte degli investitori”. Banco Bpm grida allo scandalo e accusa Unicredit di usare le istituzioni come leva negoziale. A giugno la situazione si incarta ancora di più. Unicredit ricorre al TAR del Lazio per far saltare le condizioni del Golden Power.

Il 12 luglio, i giudici le danno ragione a metà: due delle quattro prescrizioni vengono annullate, tuttavia, le due più rilevanti, l’addio alla Russia e il vincolo su Anima, restano in piedi. Ma proprio quando sembra che l’Ops possa almeno teoricamente riprendere quota, arriva Bruxelles a rimescolare tutte le carte.

Il 15 luglio la Commissione europea invia una lettera formale al governo italiano: il Golden Power, così com’è stato applicato, viola il regolamento europeo sulle concentrazioni. Non è giustificabile, dicono da Bruxelles, usare criteri di “sicurezza nazionale” per limitare acquisizioni interne a uno stesso paese. L’Italia ha tempo fino all’8 agosto per replicare. Il fronte europeo si apre nel momento peggiore e si accende ulteriormente lo scontro tra Roma e Bruxelles, con Salvini che invita l’Europa “a non rompere le scatole”.

Unicredit-Bpm il ritiro dell’Ops e la scalata di Orcel su Commerzbank

Il tempo, però, è finito. A ridosso della scadenza naturale dell’offerta (23 luglio), la Consob concede un’altra sospensione di 30 giorni. Ma Unicredit non aspetta e getta la spugna. “La continua incertezza sull’applicazione delle prescrizioni del Golden Power non giova né alla banca né agli azionisti”, ha dichiarato Andrea Orcel. “Abbiamo quindi deciso di ritirare la nostra offerta”. E così, otto mesi dopo l’annuncio iniziale, il cda di UniCredit, riunito d’urgenza il 22 luglio, ha approvato all’unanimità il ritiro dell’Ops. 

E ora? Orcel non molla. “Continueremo a perseguire la nostra trasformazione con la stessa energia e determinazione che ci hanno aiutato a battere i record, a consolidare la posizione di leader nel settore”, ha detto subito dopo il Cda. E infatti il banchiere non esce ridimensionato nei conti, anzi, UniCredit ha chiuso il primo semestre 2025 con un utile record di 6,1 miliardi di euro. Sul fronte strategico, invece, si riapre (ma non era mai stato chiuso) il dossier Commerzbank. Sarà più facile di Bpm? Difficile dirlo.

Banco Bpm, la possibile scalata del primo socio Crédit Agricole

Certo è che il risiko di Orcel si è infranto contro un muro tricolore, rendendo ogni sua mossa un campo minato. “Se c’è un’operazione di fusione e acquisizione che riteniamo aggiunga valore, ci muoveremo. Se non ci saranno non ci muoveremo. Il nostro dovere non è quello di fare M&A. Il nostro dovere è creare valore e rafforzare Unicredit“, ha ribadito il banchiere. Un paradosso in tutta questa storia però c’è: mentre Roma alzava i muri contro Unicredit per “proteggere” il sistema ha forse spalancato le porte ai francesi di Credit Agricolè che, nel frattempo, potrebbero incassare dalla Bce il via libera a salire oltre il 20% di Piazza Meda. 

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