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La sindaca di Genova Silvia Salis in pole position come federatrice (ma non c’è solo il suo nome)
“Costruiamo una forza che vale il 10%, c’è spazio accanto al Partito Democratico e ai 5 Stelle”. Il messaggio arrivato con forza ieri dalla classica Leopolda di Matteo Renzi, che ha evocato il rischio di ritrovarsi Giorgia Meloni al Quirinale (anche se fonti di Fratelli d’Italia assicurano che l’obiettivo della premier sia quello di governare altri cinque o, perché dieci anni), è rivolto a tutte quelle forze politiche moderate che non sono nel Centrodestra.
E quindi Azione di Carlo Calenda, il nuovo soggetto politico di Luigi Marattin, Primavera dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio ed ex ministro pentastellato Vincenzo Spadafora, ma anche ai moderati del Pd sempre più in sofferenza per le posizioni – soprattutto in politica estera, vedi il tema Gaza con il sostegno allo sciopero generale della Cgil di venerdì 3 ottobre, senza dimenticare le aspre critiche alla Commissione europea e alla sua presidente Ursula von der Leyen in particolare per il riarmo in chiave anti-Russia – della segretaria Elly Schlein di sinistra-sinistra.
Il tentativo di nozze Calenda-Renzi alle Politiche 2022 ha funzionato come risultato elettorale, salvo poi naufragare per l’incompatibilità personale e non solo politica tra i due leader. Dalle parti di Azione si registra molto scetticismo visto che Calenda ha sempre ripetuto di essere alternativo ai populismi di sinistra e di destra e di non avere nulla a che fare con M5S e AVS. Se qualcuno liquida l’uscita di Renzi come un modo per rassicurare i suoi fedelissimi che nel 2027 torneranno in Parlamento, altri – fonte liberali del Pd – ricordano che in politica, come nella vita, “di sicuro c’è solo la morte”.
La strada del progetto dell’ex rottamatore Dem ed ex presidente del Consiglio è certamente in salita e piena di ostacoli, ma si sa che il potere tende a unire e non a dividere e quindi l’idea di battere il Centrodestra meloniano e tornare al governo del Paese non dispiace a nessuno. Se ci fosse davvero una ‘gamba’ centrista accanto a Pd e M5S, magari con una mini-scissione dai Dem con i più moderati come Lorenzo Guerini, Pina Picierno e Paolo Gentiloni (solo per citare qualche nome) pronti a entrare nella nuova formazione, ovviamente servirebbe un federatore. Qualcuno che come Romano Prodi costruì l’Ulivo e fu l’unico in grado di sconfiggere nelle urne e non per via giudiziaria o europea (Sarkozy-Merkel) Silvio Berlusconi.
Il pensiero corre immediatamente a Silvia Salis, sindaca di Genova che nel capoluogo ligure ha saputo creare questa coalizione battendo nettamente il Centrodestra. Ma anche lo stesso Gentiloni potrebbe essere un nome spendibile, come ad esempio il sindaco di Roma Roberto Gualtieri che è del Pd ma che è stato ministro dell’Economia di Giuseppe Conte e potrebbe andar bene anche al M5S. C’è anche il nome di Antonio Decaro se dovesse alle Regionali in Puglia ottenere un risultato straordinario. Nel progetto renziano, ovviamente, né Schlein né Conte potrebbero correre per Palazzo Chigi. Troppo divisivi e incapaci di tenere tutti assieme.
Sembra una boutade di inizio ottobre, ad alcuni, ma si sa che Renzi è molto abile e scaltro sul piano politico ed è stato capace di inventarsi il Conte II per evitare che Matteo Salvini si prendesse il Paese dopo il Papeete e le elezioni europee del 2019. E proprio con ‘Giuseppi‘ il senatore toscano ha mantenuto ottimi rapporti personali. Insomma, un percorso non facile, lungo, tortuoso, ma non impossibile.
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