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Guerra Ucraina, Putin l’invasore unico vincitore

Quando, come nella guerra in Ucraina, sono coinvolte direttamente e/o indirettamente tutte le grandi potenze mondiali, non c’è possibilità che finisca a “pari e patta”. E, dopo quasi tre anni dall’invasione russa, vista l’aria che tira sul campo e fuori, non è difficile prevedere che il vincitore, forse ancor più politico che militare, sarà proprio Putin, l’invasore. Vae victis! disse il capo dei Galli Brenno dopo aver sconfitto e occupato Roma nel 390 a.C.

Le condizioni di resa le dettano i vincitori e a subirle sono gli sconfitti. Qui, in questa guerra provocata dall’invasione russa, lo sconfitto non sarà Zelensky o solo Zelensky, ma l’Occidente, tutto l’Occidente, Ue in testa con conseguenze pesanti non solo sul piano economico internazionale ma anche su quello politico e dei rapporti di forza fra Paesi democratici e Paesi di fatto totalitari (cioè dittatoriali) quali la Russia, la Cina, la Corea del Nord ecc.

Non va dimenticato che il 24 febbraio 2022 Putin accusò gli USA e l’Occidente di perseguire l’espansione aggressiva della NATO ai confini della Russia dando così il via all’”operazione speciale” con l’invasione dell’Ucraina costata fin ora ai russi almeno 200 mila morti e oltre 500 mila feriti (a novembre 2024 l’esercito russo per ogni Km quadrato conquistato in Ucraina ha perso 133 soldati e ha subìto 45.720 perdite tra morti e feriti, una media di 1.515 soldati al giorno: è il mese più letale per l’esercito russo dagli inizi dell’invasione) e agli ucraini oltre 600 mila fra morti e feriti, oltre una nazione semi distrutta. Nella sua conferenza stampa di pochi giorni fa Putin ha voluto mostrare i muscoli presentando una Russia più che in buona salute, su tutti i fronti. Ma la sua economia è sempre più dipendente dal complesso militare – industriale.

L’inflazione è alle stelle (+8/9 per cento l’anno), mancano i generi alimentari di base (uova e burro ecc.), il rublo ha perso, solo quest’ultimo anno, il 14 per cento del suo valore, e la sua debacle continua. Fra i russi, martellati da una propaganda assillante sulla validità della linea politico-militare di Putin, cresce il malcontento anche se ogni minima azione di protesta viene repressa. Tuttavia, Putin sembra aver recuperato il suo momento più duro di quasi tre anni fa e ha oramai buon gioco sul piano militare in Ucraina e sul piano politico anche in Occidente, specie in Europa.

Ciò grazie anche ai limiti e agli errori dello stesso Occidente (comunque in affanno per aver già dato 310 miliardi di euro di aiuti), come la difesa sempre e comunque della prosopopea di Zelensky che da una parte solo adesso capisce che, così, lui è al capolinea e, soprattutto, l’Ucraina è oramai alla mercè di Putin. Infatti, Zelensky il 18 dicembre a Le Parisien pare alzare le mani: “Possiamo contare solo sulla pressione diplomatica della comunità internazionale per costringere Putin al tavolo dei negoziati”.

Poi, di fronte a questa apparente svolta realista, due giorni dopo lo stesso Zelensky chiede nuove armi (subito 19 batterie missilistiche da difesa aerea) e rilancia dicendo che l’Ucraina deve rafforzarsi nel 2025 per negoziare la “pace giusta” da una posizione di forza come non si sapesse che il suo paese ha perso oltre l’80 per cento della produzione energetica, è economicamente e industrialmente a terra, la maggioranza degli uomini si nascondono e fuggono verso l’Ovest per evitare di essere chiamati alle armi, per non parlare della crescita dei disertori.

In questo quadro, dove nel mondo ci sono almeno 13 mila testate nucleari (la Russia ne ha 6257, l’America 5.550), parlare oggi nella Ue dell’invio di “truppe di pace” europee per presidiare una eventuale zona neutra che potrebbe separare le zone controllate da Kiev da quelle cedute alla Russia, significa, quanto meno, “menare il can per l’aia”. Putin non accetterebbe mai forze d’interposizioni non neutrali, NATO in testa, che non hanno imposto sanzioni alla Russia ostacolandola in tutti i modi, né armato l’Ucraina, sostenendola in tutto e per tutto. Che fare? Affidarsi alla difesa europea, che è questione politica prima che militare? Campa cavallo. Adesso siamo nelle mani di Trump. Il 20 gennaio è vicino.

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