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Green Deal, -90% di emissioni in 15 anni? L’esperto: “Così l’Europa sceglie una strada suicida

Un taglio quasi totale alle emissioni, ma con un margine per respirare. È questo il compromesso trovato a Bruxelles dopo una maratona negoziale durata più di 24 ore. L’Unione Europea ha fissato l’obiettivo di ridurre del 90% i gas serra entro il 2040, rispetto ai livelli del 1990. Un traguardo ambizioso, ma temperato da un meccanismo che ne cambia il senso: gli Stati potranno acquistare crediti di carbonio da Paesi terzi per compensare parte delle emissioni interne.

Una flessibilità, così definita, che riduce di fatto l’impegno reale europeo all’85%, e un escamotage  che spacca le capitali.  Andrea Taschini, manager di lungo corso nel settore automotive, interpellato da Affaritaliani, non nasconde la sua posizione critica.

“L’intervento di Bill Gates prima della COP che inizia lunedì prossimo è stato provvidenziale”, osserva Taschini. “Gates ha dichiarato che il clima non è più un’emergenza come si pensava, sottolineando, come, soprattutto per i Paesi poveri, contino di più lo sviluppo economico e il benessere, perché i danni del cambiamento climatico non si stanno manifestando nella misura prevista. Se a dirlo è uno dei pionieri della decarbonizzazione globale, significa che il paradigma stesso del green deal merita di essere rimesso in discussione”.

Taschini ricostruisce poi le trattative sulla flessibilità, che secondo lui evidenziano le divisioni interne al blocco europeo: “La Polonia chiedeva il 10% di flessibilità. L’Italia, inspiegabilmente, con Pichetto Fratin, si è fermata al 5%, insieme a Ungheria e Slovacchia. La Spagna invece voleva mantenere un margine massimo del 3%. Ma il punto è un altro: ridurre le emissioni del 90% nei prossimi 15 anni è una follia”.

L’esperto entra nel merito tecnico. “La decarbonizzazione si può ottenere solo con l’elettrificazione. Oggi l’elettrico pesa per il 23% dei consumi energetici europei. Vorrebbe dire passare in 15 anni da quel 23% a un 90% di elettrificazione, e all’interno di questa, portare le rinnovabili, che oggi rappresentano circa il 47% della produzione elettrica, a quasi il 100%.

In pratica, l’Europa dovrebbe diventare quasi completamente elettrica e al tempo stesso completamente rinnovabile o nucleare. È un obiettivo irraggiungibile, basti pensare che solo per costruire una centrale nucleare servono almeno dieci anni”.

Sul meccanismo dei crediti di carbonio esteri, Taschini è netto: “Hanno introdotto questa flessibilità al 5%, comprando i crediti di carbonio all’estero, fuori dall’Unione. È un’altra follia, perché significa che le nostre aziende dovranno finanziare i propri concorrenti. È come se Stellantis, per acquistare quote ETS, le comprasse da un altro produttore di auto. È come spararsi su un piede. Non ha senso logico, come del resto tutto l’impianto del Green Deal”.

L’esperto allarga poi il ragionamento al contesto globale. “Nonostante tutti i segnali pessimi che arrivano dall’industria europea, nonostante tutto quello che ormai è evidente, l’Europa insiste. Eppure emette solo il 7% dei gas serra globali, contro il 15% degli Stati Uniti e il 34% della Cina.

Gli americani non ci pensano nemmeno a decarbonizzare, sono usciti dall’accordo di Parigi. Eppure noi, col nostro 7%, vogliamo salvare il mondo. È follia.”

“Non è più una questione di clima, perché ormai non ci crede più nessuno. Il vero obiettivo è l’autonomia energetica europea, che Germania e Francia inseguono. L’Europa sta percorrendo una strada suicida, senza basi solide. È come dire: voglio andare sulla Luna in bicicletta. Puoi anche provarci, ma è impossibile”.

Infine, Taschini guarda avanti, e non esclude un nuovo allentamento delle regole: “Quando si renderanno conto, avvicinandosi alla scadenza, aumenteranno la quota di flessibilità. Probabilmente finirà così”.

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