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Alzare la voce ogni tanto serve, speriamo che a Bruxelles tengano aperte le orecchie

“Se l’Unione europea ha una prospettiva burocratica la partita è persa”. A parlare, anche se con toni pacati ma decisi, sembra l’europarlamentare della Lega e vice-segretario di Matteo Salvini Roberto Vannacci. E invece no. A fare questa affermazione è stato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti al Forum Coldiretti, sottolineando il rischio che la burocrazia diventi “autoreferenziale”.

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In piena linea con la posizione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del sottosegretario a Palazzo Chigi Giovambattista Fazzolari e anche del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, il titolare del Mef ha lanciato un segnale molto forte e chiaro a Bruxelles e ai vertici dell’Unione europea. Senza bisogno di fare il Vannacci, ovviamente, anche perché Giorgetti è molto più vicino a un politico democristiano della Prima Repubblica che all’ex generale sostenitore della Decima, il sibillino e parco di dichiarazioni, ma potentissimo, ministro dell’Economia ha sostanzialmente avvisato la Commissione europea e la sua presidente Ursula von der Leyen che serve una nuova stagione politica ed economica.

L’Italia ha fatto i compiti a casa. Fitch ha promosso il nostro Paese innalzando il rating e lo spread è assolutamente a livelli molto bassi. Non solo, il governo ha garantito di restare entro il limite del 3% del rapporto deficit-Pil già quest’anno mentre la Francia, ad esempio, naviga in pessime acque economico-finanziarie con una instabilità politica senza precedenti. Il segnale che ha lanciato Giorgetti, ma che è di tutto il governo, è quello di riformare profondamente l’Ue dal suo interno, mantra anche di Forza Italia. E che ad esempio l’incremento delle spese militari, voluto e quasi imposto dal presidente Usa Donald Trump, dovrà essere scorporato dal calcolo del deficit e del debito.

Non solo. Serve anche una profonda sburocratizzazione delle norme europee, togliere vincoli e lacci che impediscono a molte aziende di competere sui mercati internazionali. E anche e soprattutto rivedere profondamente il Green Deal e tutte quelle norme che, in nome dell’ultra-ecologismo sfrenato, hanno messo in ginocchio il settore dell’automotive e tutto l’indotto.

Anche nel comparto dell’agroalimentare, parlando proprio a Coldiretti, il titolare del Mef ha esortato Bruxelles a difendere le proprie eccellenze (e l’Italia è il Paese numero uno tra i 27) e a tutelare i propri prodotti senza penalizzazioni come sarebbero ad esempio quelle dell’etichetta sul vino che “fa male” come esiste (giustamente) sulle sigarette. Giorgetti, con il suo essere draghiano doc ma questa volta quasi conquistato dalla ‘vannaccizzazione‘ della Lega, ha mandato un chiaro messaggio ai vertici dell’Unione: cambiare rotta, via lacci e lacciuoli inutili.

In piena sintonia con il suo partito, Matteo Salvini, ma anche con Meloni e questa volta perfino Tajani. Alzare la voce ogni tanto serve, speriamo che a Bruxelles tengano aperte le orecchie anche perché l’Italia ha il governo più stabile dei 27 e stavolta a dettare le carte sul tavolo è Roma, insieme a Berlino, e non più Parigi (e non certo Madrid del fragile Pedro Sanchez).

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