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Indagine sull’omicidio di Chiara Poggi: la pista si complica per la sparizione di prove chiave
L’inchiesta sul delitto di Chiara Poggi rischia di bloccarsi prima ancora di ripartire davvero. Un approfondimento de Il Messaggero ha svelato che alcuni reperti fondamentali sono andati perduti: tra questi, frammenti d’intonaco con impronte, il pigiama della vittima — sul quale era stata fotografata un’impronta — e, soprattutto, il materiale genetico trovato sotto le unghie di Chiara.
Proprio quel DNA, stando agli esperti nominati dalla Procura, risulterebbe da 476 a oltre 2.000 volte più compatibile con il profilo di Andrea Sempio rispetto a uno sconosciuto. Oggi, però, il campione non esiste più: sarebbe stato distrutto dopo la condanna definitiva di Alberto Stasi (2015), quando nessuno immaginava una futura riapertura del caso. Senza la “prova regina”, il nuovo procedimento nasce già monco.
La perizia sui dati genetici
Non potendo lavorare sul campione originale, i consulenti della Procura di Pavia hanno rielaborato i vecchi dati con algoritmi aggiornati (tra cui Y-Str Mixture Calculation). Gli stessi genetisti — fra cui Carlo Previderé e Pierangela Grignani, conosciuti per il caso Yara Gambirasio — precisano però che, senza il campione, non si può escludere una contaminazione.
Dal 17 giugno partirà un nuovo accertamento basato unicamente su queste analisi storiche.
L’“ignoto” e l’ipotesi di una terza persona
La nuova perizia ha individuato anche un secondo profilo maschile sull’anulare sinistro di Chiara, non riconducibile né a Sempio né a Stasi. Per scartare definitivamente la contaminazione, verrà analizzato pure il DNA di alcuni carabinieri intervenuti sulla scena del delitto, avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli a Garlasco.
Le perplessità della famiglia Poggi
L’avvocato della famiglia, Gian Luigi Tizzoni, ricorda che esiste già una sentenza definitiva contro Stasi e teme l’avvio di un nuovo processo privo di basi solide. Ha chiesto di estendere i prelievi di DNA a un numero più ampio di persone, per evitare in futuro di “inseguire l’Ignoto 7, 8 o 9”. Dopo quasi vent’anni, il timore è che si moltiplichino i depistaggi e che il caso rimanga, ancora una volta, senza una conclusione definitiva.
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