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Nuovi emendamenti al DDL sul fine vita: la posizione di Zanettin (FI)
È tornato con forza al centro del dibattito pubblico uno dei temi più delicati e divisivi dell’agenda politica: il disegno di legge sul fine vita, sul quale ieri sono stati presentati sette nuovi emendamenti. A fare chiarezza è Pierantonio Zanettin, senatore di Forza Italia e relatore del DDL, che in un’intervista ad Affaritaliani ha spiegato con chiarezza le motivazioni delle modifiche, ribadendo l’importanza di una legge sul tema, pur riconoscendo l’estrema difficoltà nel trovare “un punto di equilibrio tra due valori di altissimo rango costituzionale: da una parte quello primario della vita, e dall’altra quello di autodeterminazione del cittadino”.
Senatore Zanettin, dopo la pausa estiva, ieri hanno ripreso i lavori nelle commissioni parlamentari sul DDL fine vita. A che punto siamo? Si riuscirà a trovare un’intesa con le opposizioni?
“Occorre premettere che la materia è delicatissima. Dopo la prima sentenza della Corte costituzionale che risale al 2019, nessuna maggioranza è riuscita a varare una legge, e tutte ci hanno provato. Non ci sono riuscite, né la maggioranza gialloverde, né quella giallorossa e neppure quella amplissima che sosteneva Mario Draghi. Io sono relatore del disegno di legge, insieme al collega Zullo, e ci sto provando con tutte le mie forze.
Si tratta di trovare un difficilissimo punto di equilibrio tra due valori entrambi di altissimo rango costituzionale, da una parte quello primario della vita, e dall’altra quello di autodeterminazione del cittadino. Sono implicati aspetti giuridici ed etici apparentemente inconciliabili. Con fatica, dopo una lunga fase di ascolto, abbiamo varato un testo unificato. Ieri abbiamo presentato nuovi 7 emendamenti, che, almeno in parte, accolgono dei rilievi delle opposizioni. Resto dell’avviso che una legge in una materia così delicata non può essere approvata con una maggioranza parlamentare risicata”.
Senatore Zanettin, uno dei vostri emendamenti afferma che “in nessun caso la legge riconosce alla persona il diritto a ottenere aiuto a morire”. Che messaggio volete lanciare con questa affermazione? È una presa di posizione giuridica, morale o politica?
“È un’affermazione al contempo giuridica e morale. Gli interventi della Corte costituzionale non hanno mai sancito un “diritto” alla morte medicalmente assistita, ma si sono espressi nell’ambito dell’art. 580 cod. pen., che punisce l’istigazione o l’aiuto al suicidio, introducendo una scriminante speciale. In questo ambito si articola anche il nostro disegno di legge.
Non si introduce nessun diritto soggettivo, ma si scrimina il comportamento di chi, a certe condizioni, ben circostanziate, agevola il suicidio di una persona. L’emendamento conferma quanto è già chiaro nel disegno di legge. Non si può trattare di eutanasia, esclusa peraltro anche dalla più recente sentenza della Corte costituzionale n. 132/2025”.
Escludere totalmente il Servizio Sanitario Nazionale da qualsiasi coinvolgimento nel percorso di fine vita non rischia di creare una disparità di accesso, lasciando questa possibilità solo a chi può permettersi strutture e assistenza private?
“La questione del servizio sanitario sta diventando forse il nodo più complicato da dirimere. Ma non è vero che il servizio nazionale è escluso da ogni coinvolgimento. Lo è certamente per quanto riguarda l’esecuzione della prestazione. Peraltro, credo sia del tutto naturale che la “morte” non possa essere inserita nei LEA. Ma per quanto riguarda il percorso del fine vita, il SSN resta coinvolto inevitabilmente nella fase dell’istruttoria e del controllo della prestazione.
Abbiamo chiarito che il personale del SSN può collaborare ad una morte medicalmente assistita, ma a titolo volontario e fuori dell’orario di lavoro. Abbiamo precisato inoltre che, se chi chiede il suicidio assistito si trova in carico al SSN, può eseguirlo anche all’interno di ospedali o RSA. Rimane la questione della messa a disposizione dell’interessato, in caso di sua totale paralisi, di una “pompa infusionale attivabile con comando vocale ovvero tramite bocca od occhi”, di cui ha parlato la Consulta nella sentenza 132/2025. Sul punto auspico si possa trovare un punto di mediazione. Sarebbe irragionevole varare una legge in palese contrasto con una sentenza della Corte costituzionale”.
Nel nuovo iter previsto dalla proposta, i tempi burocratici possono superare i 120 giorni. Qual è la sua opinione riguardo a questa tempistica, soprattutto considerando le esigenze di chi si trova in condizioni particolarmente delicate?
“Con un emendamento proposto ieri abbiamo accolto alcuni dei rilievi dell’opposizione. Abbiamo eliminato il comitato nazionale di valutazione, che le opposizioni avevano molto criticato, in quanto organismo burocratico centralizzato e soprattutto perché di diretta nomina governativa. Nella nuova proposta abbiamo quindi deciso di affidare la competenza ad esprimere il parere al centro di coordinamento nazionale dei comitati etici, un organo già esistente, che si avvarrà per l’istruttoria dei comitati etici presenti su tutto il territorio nazionale.
Questa apertura è stata accolta ieri con grande freddezza dalle minoranze, nonostante recepisse proprio dei loro rilievi. Mi sarei aspettata una reazione diversa e me ne rammarico. Il duplice livello, locale e centrale, può allungare un po’ i tempi per il rilascio del parere, ma certamente consentirà una più approfondita istruttoria, rispetto ai casi concreti che si prospetteranno”.
Senatore, lei e il senatore Zullo rappresentate posizioni chiare sul diritto alla vita. Qual è il suo punto di vista rispetto alle preoccupazioni che queste proposte possano limitare alcune forme di autodeterminazione personale?
“Dobbiamo evitare la “cultura dello scarto”, di cui ha tanto parlato Papa Francesco, per cui malati e fragili possono essere messi da parte, una deriva eugenetica, e sviluppare invece sempre di più le cure palliative per evitare ai malati sofferenze, che oggi la scienza medica può mitigare o annullare del tutto. Chi soffre molto può essere considerato una persona davvero libera di autodeterminarsi? È una domanda che temo abbia una risposta scontata”.
Senatore, lei è fiducioso sull’approvazione della legge?
“Il percorso è arduo e siamo ancora all’inizio. Credo però che le forze politiche siano ormai consapevoli che una legge va fatta, altrimenti, dopo la Toscana, partiranno anche altre Regioni e rischiamo una legislazione arlecchino ed un caos normativo. La legge sarà necessariamente imperfetta, perché frutto di compromessi e mediazioni. Ma meglio una legge imperfetta, che nessuna legge. Il nostro DDL è criticato sia dai Pro vita, che non vorrebbero nessuna legge, sia da Marco Cappato che vuole il diritto all’eutanasia. Forse queste critiche bipartisan dimostrano che è un testo equilibrato”.
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