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Si rafforza il bipolarismo, anche se per Meloni ci sono segnali negativi
E’ finita 3 a 3 la partita delle elezioni regionali dell’autunno 2025. Tutto come nelle previsioni. Valle d’Aosta esclusa, al Centrodestra sono rimasti Veneto, Marche e Calabria e al Centrosinistra Puglia, Campania e Toscana. Una cristallizzazione degli attuali assetti politici ed elettorali che non spostano il quadro istituzionale e che non avranno ripercussioni nel governo. Fratelli d’Italia esce però maluccio da questa tornata elettorale: doppiata dalla Lega in Veneto e in calo al Sud anche se sempre primo partito della coalizione di Centrodestra.
Forza Italia, a differenza del voto in Calabria, non ha avuto alcun boom, anzi è perfino arretrata in alcuni casi (Veneto e Puglia), e l’ottima performance della Lega in Veneto, grazie a Luca Zaia candidato capolista in tutte le province (non certo grazie alla linea di estrema destra del vice-segretario del Carroccio Roberto Vannacci) pone qualche incognita sul futuro assetto del governo. Ora Salvini potrebbe alzare la voce su politica estera (soprattutto lo stop al sostegno all’Ucraina) e modifiche alla Legge di Bilancio. Anche se nei sondaggi a livello nazionale la leadership di Meloni è intoccabile.
Nel Centrosinistra il Partito Democratico si conferma forza egemone e dominante, soprattutto in Puglia sfiorando il 40%, ma anche in Campania dove il candidato eletto presidente dei 5 Stelle è in testa. Un grillino della prima ora come Roberto Fico. A questo punto, in attesa della sfida sul referendum confermativo della riforma costituzionale della giustizia tra marzo e aprile 2026 (che inevitabilmente sarà un referendum sul governo e sulla premier anche se Giorgia Meloni ha già detto che andrà avanti qualunque sia l’esito popolare), la situazione politica è chiara.
Nel Centrodestra Fratelli d’Italia, malgrado la parziale battuta d’arresto, non ha rivali e spingerà per una legge elettorale che indichi chiaramente il nome del candidato/a alla presidenza del Consiglio sulla scheda elettorale (in modo da blindarsi fino al 2032 per poi pensare all’ipotesi Quirinale) mentre continua il duello tra Forza Italia e Lega, con gli azzurri di Antonio Tajani che rispetto alle precedenti elezioni segnano il passo rispetto al Carroccio di Salvini (che in Puglia addirittura cresce e regge bene anche in Campania). Nel Centrosinistra non c’è storia. Alleanza Verdi Sinistra è una costola importante ma non certo predominante mentre il M5S conferma la propria debolezza alle elezioni locali (imbarazzante il risultato in Veneto).
E quindi Elly Schlein, ora, ha la forza per imporsi come leader incontrastata dell’opposizione. Pronta anche a un congresso straordinario e a primarie per mettere le mani ancora più saldamente sul Pd e bloccare ogni iniziativa diversa o alternativa della minoranza Dem (e ogni riferimento alla sindaca di Genova Silvia Salis è puramente voluto).
Schlein si prepara a scendere in piazza il 12 dicembre per lo sciopero generale della Cgil contro la Legge di Bilancio (naturalmente di venerdì) e a cavalcare l’onda anti-governativa che esiste in una parte, ancora minoritaria, della popolazione. In sostanza questa lunga tornata delle elezioni regionali, conclusasi oggi con il voto in Veneto, Puglia e Campania, conferma la polarizzazione dell’Italia e taglia la strada a ipotesi alternative – tecniche o centriste di vario genere alla Mario Draghi – ipotizzate dal consigliere del Quirinale Francesco Saverio Garofani. Polemica rilancia oggi dal presidente del Senato Ignazio La Russa.
La segretaria del Pd, dopo l’intesa (giustissima) con Meloni sulla legge contro la violenza sulle donne, si prepara a replicare l’asse, politico stavolta, sulla legge elettorale per indicare il nome del candidato/a premier sulla scheda elettorale. Schlein vuole essere lei a sfidare Meloni nel 2027, senza se e senza ma. La leader di FdI è convinta di vincere a mani basse, Elly crede nella rimonta e nella svolta.
Decideranno gli italiani. Il tutto però, Meloni è furba, con la conferma del quorum/soglia per entrare in Parlamento al 3% (senza alzarla) in modo tale che Azione di Carlo Calenda vada sicuramente da sola, certa di superare lo sbarramento (anche se l’obiettivo potenziale di un polo centrista non solo formato da Calenda sfiora il 10%), sottraendo voti moderati al Pd e al Centrosinistra.
Una fetta del Pd vorrebbe tenere la legge elettorale attuale, visto che vincerebbe in quasi tutti i collegi elettorali delle grandi città come Milano, Torino, Bologna, Napoli, Bari e Palermo. Ma Schlein sa che Meloni ha intenzione di modificare la legge elettorale e quindi farà asse con la premier per indicare il nome del candidato a Palazzo Chigi per blindarsi. Alla faccia di Giuseppe Conte e Silvia Salis.
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