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Martedì 21 ottobre Le Iene hanno inaugurato la nuova stagione con uno speciale dedicato al delitto di Garlasco, intitolato “Delitto di Garlasco: una nuova verità è vicina?”. L’inchiesta firmata da Alessandro De Giuseppe e Riccardo Festinese ha ripercorso i punti irrisolti dell’omicidio di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007, alternando testimonianze inedite, documenti investigativi e interviste esclusive. Tra gli interventi anche quello di Giada Bocellari, penalista che da oltre un decennio lavora al fianco di Alberto Stasi, l’unico condannato per il delitto ma da lei sempre difeso come innocente.

Giada Bocellari, dalla Cattolica al caso giudiziario più discusso d’Italia

Ma chi è Giada Bocellari e quale è stato il suo percorso prima di occuparsi del caso di Garlasco? Nata a Milano il 2 novembre 1984, Bocellari si laurea nel 2009 in Giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore con 110 e lode, discutendo una tesi in diritto processuale penale su “Irreperibilità e latitanza”. Allieva del professor Angelo Giarda, entra nel suo studio nel 2014, appena tre mesi dopo aver giurato come avvocata. In quell’anno viene coinvolta nel processo d’appello di Alberto Stasi, uno dei casi più complessi e mediatici della storia giudiziaria italiana.

Nel 2016, insieme a Fabio Giarda, presenta una consulenza tecnica che individua un profilo di DNA sotto le unghie della vittima, elemento che contribuirà negli anni successivi alla riapertura delle indagini e all’iscrizione di un nuovo indagato, Andrea Sempio. Oggi esercita presso lo Studio Legale BS di Milano, è cultore della materia in diritto processuale penale all’Università Cattolica e autrice di numerosi articoli e saggi giuridici.

“Se Alberto Stasi fosse tuo fratello, tuo figlio, tuo padre, non vorresti che qualcuno lottasse per lui?”

Intervistata da ReWriters, Giada Bocellari ha raccontato l’impatto umano e professionale del caso Garlasco sulla propria vita: “In questi anni di lavoro per ricostruire la vicenda di Garlasco ho rinunciato a tanto, sia a livello professionale che a livello personale. La domanda che continuamente mi ponevano, i colleghi e gli amici, alla fine si riduceva a: ma chi te lo fa fare? E io ogni volta rispondevo: ma se Alberto Stasi fosse tuo fratello, tuo figlio, tuo padre, non vorresti che qualcuno lottasse per lui?”

L’avvocata ha spiegato di aver dedicato oltre un decennio a cercare una verità che, a suo avviso, non è mai stata pienamente chiarita: “Io non posso sapere come finirà questa storia. So però che ho fatto tutto il possibile per ristabilire la verità, non posso rimproverarmi nulla. E so che quello che è accaduto ad Alberto Stasi può accadere a chiunque. Quando la gente se ne renderà conto, ne rimarrà terrorizzata.”

Il suo approccio al diritto penale è improntato a un forte senso etico e sociale:  “Perché fai l’avvocata? Per guadagnare tanti soldi? Per avere un bello studio e tanti collaboratori? No, per me l’avvocato deve avere una funzione sociale. Noi vediamo spesso il lato peggiore della vita e a vari livelli cerchiamo di porvi riparo. Non sono un’avvocata che a tutti i costi difende l’indifendibile. So che esiste anche il male assoluto, a volte lo incontro. Ma credo nel diritto di ogni cittadino di fronte alla legge. E ogni volta che posso, lavoro per una giustizia riparativa.” 

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