Rinnovo Patente all'Isola d'Elba? Facile ed Economico
Angela Anconetani Lioveri e Manuel Omar Triscari
Alla caffetteria “Il Moletto”, nel suggestivo porto di Rio Marina, si parla di scienza e dei suoi errori. Con un ospite d’eccezione, Devis Bellucci, autore del libro “Eppure non doveva affondare. Quando la scienza ha fatto male i conti”. Appuntamento sabato 19 aprile alle ore 18 per la presentazione del libro e conversazione con il Professor Bellucci. Seguirà l’inaugurazione del rooftop estivo del Moletto, locale che, sotto la nuova gestione di Ilaria Gibertini e Marco Castelli, si sta distinguendo per l’originalità della proposta e l’impegno nell’organizzazione di eventi che animeranno l’estate riese.
Devis Bellucci è fisico e professore associato in “Scienza e tecnologia dei materiali” al Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (UniMore). I suoi interessi spaziano dai materiali compositi per automotive ai biomateriali per protesi e medicina rigenerativa, fino alla storia della scienza e della tecnologia. Autore di oltre 100 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali, è stato incluso nella lista dei “World’s 2% Top Scientists” elaborata dall’Università di Stanford (USA) – l’elenco degli scienziati che si distinguono a livello mondiale per autorevolezza e produttività scientifica. Scrittore, giornalista e divulgatore scientifico, ha collaborato con diverse testate tra cui «Vanity Fair». Oltre a “Eppure non doveva affondare. Quando la scienza ha fatto male i conti” (Bollati Boringhieri), ha pubblicato anche “Materiali per la vita. Le incredibili storie dei biomateriali che riparano il nostro corpo” (Bollati Boringhieri, Finalista al Premio Letterario Galileo 2023, tradotto in russo), “Perché la forchetta non sa di niente? E altre domande curiose per capire la scienza senza uscire di casa” (Rizzoli, tradotto in romeno, turco e arabo) e “Guida ai luoghi geniali. Le mete più curiose in Italia tra scienza, tecnologia e natura per piccoli e grandi esploratori” (Ediciclo). Ha partecipato a importanti Festival nazionali dedicati alla scienza, tra cui il Salone Internazionale del Libro di Torino, il Food and Science Festival di Mantova, il Festival delle Scienze di Roma, il Festival Scienza e Virgola di Trieste, l’Internet Festival di Pisa, il Cicap Fest di Padova, CarpInScienza, PordenoneLegge e PordenonePensa. Molto attivo sui social, lo trovate come @ditantomondo. Riportiamo di seguito l’intervista che ci ha gentilmente concesso.
Com’è nata l’idea di quest’incontro in riva al mare sulla scienza? E quale attinenza c’è tra il Suo libro e l’isola d’Elba?
Il libro è uscito nel mese di aprile del 2024 ed è per me una gioia, oltre che una sorpresa, poter festeggiare il suo primo “compleanno” all’isola d’Elba. L’idea è venuta ai gestori della Caffetteria Il Moletto di Rio Marina, amici di vecchia data, che hanno organizzato tutto. In realtà, il libro è curiosamente legato all’isola, nonostante io non l’abbia mai visitata. Infatti, la prima storia che mi venne tra le mani, fra quelle raccontate nel testo, è una tragedia avvenuta sui cieli dell’Elba, il 10 gennaio 1954. Si tratta del disastro aereo del volo BOAC 781, un allora nuovissimo aereo De Havilland Comet decollato da Roma e diretto a Londra. Si trattava del primo jet commerciale al mondo, alimentato da motori a reazione; gli altri, per intenderci, avevano i motori a elica. Quel mattino di gennaio il Comet esplose in volo senza apparente motivo, causando la morte di tutte le persone a bordo. I primi testimoni furono proprio alcuni pescatori dell’Elba, che diedero l’allarme e presero il largo in cerca di superstiti. La vicenda destò grande impressione in Italia e nel mondo, dato che il Comet era uno dei simboli della modernità, fiore all’occhiello dell’aviazione britannica. Per scrivere il libro ho ricostruito la dinamica dell’incidente, diventato poi un celebre caso di studio per l’ingegneria. Ne parlo ogni anno anche ai miei studenti all’università. Nel piccolo cimitero di Porto Azzurro all’Elba c’è un memoriale dedicato alle vittime del volo BOAC 781. Fino a oggi l’ho visto solo in foto. Coglierò l’occasione della visita sull’isola per andare di persona.
Il Suo libro ruota attorno al concetto di “errore” in ambito scientifico. L’errore fa parte della nostra vita quotidiana, eppure anche la scienza può, per l’appunto, “cadere in errore”. Perché e quando questo accade?
Non può che essere così. Mi piace anzi pensare che l’errore sia la nostra firma, il timbro della nostra imperfezione, oltre che un’occasione per imparare e ricominciare. Vede, ogni storia di scienza è una storia di errori. Dati che si discostano dalla teoria, misure condotte con un certo grado di approssimazione, fallimenti che ci spingono a immaginare modelli sempre più perfezionati per descrivere un pezzo di mondo. Come scrivo nel libro: “Il compito dello scienziato non è mettere dei punti fermi su cui riposare in pace, ma lavorare di lima e scalpello per sgrossare progressivamente il nostro grado di incertezza, comprimendolo sempre più”. Per il resto, “Eppure non doveva affondare” nasce da delle domande che ci facciamo tutti: “L’errore era prevedibile?”. E ancora: “Quali sono, potenzialmente, le principali sorgenti di errore? Le pietre scivolose a cui dobbiamo prestare attenzione?” Ho passato in rassegna diverse storie, dalla fisica alla chimica, dall’ingegneria alla medicina, fino all’informatica e all’intelligenza artificiale. Alla fine, dal quadro d’insieme è possibile estrapolare alcune tipologie di errori che si ripetono. Conoscerli ci può aiutare a non caderci nuovamente.
Quali sono alcuni errori madornali commessi dalla scienza che illustra nel libro?
C’è solo l’imbarazzo della scelta. Il primo che mi viene in mente, che è anche quello che fa un po’ da introduzione al libro, è relativamente recente e fece il giro del mondo… Più veloce della luce! Mi riferisco all’errore compiuto dal team di fisici che nel 2011 riportarono di aver misurato dei neutrini appunto più veloci della luce. I neutrini sono particelle subatomiche, sfuggenti, pervasive e assai difficili da catturare. Ma non è questo il punto. Il punto è che, stando alla teoria della relatività di Einstein, la velocità della luce nel vuoto costituisce un limite invalicabile. Nulla può andare più forte. Per qualche mese non si parlò d’altro; in ambito scientifico, almeno. Alla fine, saltò fuori che la misura era sbagliata a causa di un paio di intoppi alquanto banali nel sistema di rivelazione. Banali col senno di poi, ovviamente. Un altro celebre errore fu commesso dal gruppo di fisici guidati da Enrico Fermi negli anni ’30 del Novecento, quando credettero di aver scoperto due nuovi elementi chimici che in realtà non esistono. Nel campo dell’ingegneria, oltre la già citato disastro del Comet, mi piace ricordare l’improvviso crollo di quello che doveva essere il più elegante ponte sospeso del mondo, il Tacoma Narrow, quindi il curioso caso delle navi americane Liberty, che si spezzavano in due da sé nel porto (le immagini sul web sono incredibili!), i clamorosi errori dovuti a fraintendimenti nelle unità di misura – della serie, uno dice chilogrammi e l’altro capisce libbre – come il miracolo del volo Air Canada 143 del luglio 1983 o l’imbarazzante perdita della sonda Mars Climate Orbiter nel 1998. Poi ci sono gli errori software. Ad esempio, gli incidenti tristemente famosi dell’apparecchiatura per radioterapia Therac-25, che a metà degli anni ’80, a causa di errori di programmazione e carenze nei controlli di sicurezza, irradiò alcuni pazienti con una dose letale di radiazioni e in una modalità completamente sbagliata. O ancora, il caso del razzo Ariane 5 dell’ESA, che nel 1996 esplose poco dopo il decollo, a causa di un errore di programmazione nel software di bordo. Un fallimento spettacolare e decisamente costoso. Infine, c’è la cosiddetta “scienza patologica”, ovvero quando lo scienziato di turno si innamora perdutamente dei propri dati sperimentali, fino a convincersi di avere fatto una grande scoperta, nonostante nessuno dei colleghi riesca a ripetere quegli esperimenti nei propri laboratori, ottenendo gli stessi risultati. Ci sono varie vicende di questo tipo, come la “scoperta” dei raggi N o quella della poliacqua. In entrambi i casi, si trattò di enormi cantonate.
Avrà incontrato anche vicende divertenti…
Assolutamente sì. Anzi, devo dire che, a mio avviso, il libro è piuttosto divertente. Almeno, io mi sono divertito molto a scriverlo e spero che si colga durante la lettura. A parte infatti alcuni disastri che hanno portato alla perdita di vite umane, il più delle volte l’errore ha avuto ripercussioni che strappano un sorriso. Penso al caso del ponte di Laufenburg sul fiume Reno, tra Svizzera e Germania, inaugurato nel 2003. Gli svizzeri iniziarono a costruire il ponte dal proprio lato del fiume, i tedeschi dalla parte opposta, per poi rendersi conto, con orrore, che le due metà non si univano: una era un più alta dell’altra. Oppure, la svista tremendamente costosa in cui incappò il Comune di Amsterdam nel 2013: a causa di un applicativo bacato che scambiava gli euro coi centesimi, a ogni cittadino indigente vennero elargiti 15.500 euro invece di 155, per la modica spesa di 188 milioni. C’è anche la focosa vicenda del grattacielo Walkie Talkie di Londra, nel 2014. A causa della sua forma concava verso il basso, concentrava i raggi del sole in strada bruciando le cose. Un po’ come gli specchi con cui Archimede dava fuoco alle navi romane durante l’assedio di Siracusa…
L’errore può anche essere un passaggio intermedio per arrivare poi alla soluzione? In altre parole, qual è la funzione euristica dell’errore nel processo di costruzione del sapere scientifico, secondo la Sua prospettiva?
Certo, l’errore non è solo un ostacolo, ma spesso è un passaggio fondamentale nella costruzione del sapere scientifico. L’errore aiuta infatti a scoprire, esplorare, riformulare e comprendere meglio i fenomeni: è un momento di apprendimento attivo, non un semplice fallimento. Se vogliamo, può diventare uno strumento di innovazione. Molte scoperte, ad esempio, sono nate da “errori” o “sviste” che hanno condotto a nuove intuizioni. Pensiamo alla scoperta della penicillina, di cui racconto nel capitolo del libro dedicato alla medicina, o al viagra che, in teoria, avrebbe dovuto trattate l’angina. Per l’angina non funzionava, ma aveva degli effetti “collaterali” molto evidenti, e quelli si sono rivelati la vera utilità del farmaco. Se vogliamo, il vero errore è ignorare l’errore, il dato che non torna, l’anomalia che mette in discussione le nostre certezze.
Nel suo libro parla, a margine, anche dell’Intelligenza Artificiale, tema oggi tanto dibattuto. Eppure, anche l’Intelligenza Artificiale può commettere degli errori. Cosa ne pensa?
L’ultimo capitolo del libro – l’errore che verrà – è proprio dedicato a un futuro molto prossimo: quello dell’intelligenza artificiale. L’AI funziona, ma con un certo margine di errore ineliminabile. Per intenderci, gli ingranaggi che muovono questi software non sono sequenze prestabilite di procedure che conducono a risultati esatti, ma relazioni di natura statistica derivate durante una fase di addestramento, dopo molteplici iterazioni su immensi set di dati. Pertanto, le previsioni dell’AI non saranno mai esatte, ma solo “probabilmente approssimativamente corrette”. Una delle questioni più spinose è proprio quella dei dati di training, usati durante l’addestramento. L’AI ripropone i contenuti delle sue fonti come un bambino che ripete quello che ha sentito dire in casa, perpetuando eventuali pregiudizi e stereotipi di genere, razziali o sociali, se erano contenuti nei dati. In pratica, l’algoritmo non mette in discussione la bontà del materiale su cui apprende in automatico. Se non vengono quindi addestrati in maniera corretta, i software di AI possono rivelarsi degli strumenti di discriminazione. Inoltre, c’è la facilità con cui l’AI può produrre testi, immagini e filmati farlocchi, inondando il web di fake news e spazzatura varia. Questo può condurre a una sfiducia nei media e nelle istituzioni. Sono solo alcuni esempi delle sfide che ci troviamo di fronte.
A questo punto, le chiedo: esiste una scienza esatta?
Certo. Ce ne sono due: la matematica e il senno di poi.
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