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Pd sotto assedio: bufera su Matteo Ricci e tensioni nella coalizione
Non c’è proprio pace per il Pd di Elly Schlein in questo luglio rovente, non solo dal punto di vista climatico. Non bastavano le beghe interne che continuano a rendere il suo percorso accidentato, ma ora arrivano anche le inchieste giudiziarie a rendere la vita difficile al partito democratico e alla coalizione di centrosinistra, proprio alla vigilia delle elezioni amministrative del prossimo autunno.
Dopo il noto caso giudiziario di Milano e quello forse meno noto, ma altrettanto grave, del deputato Mauro Laus, che avrebbe utilizzato, a proprio beneficio, fondi pubblici del Comune di Torino, ora ecco arrivare, l’avviso di garanzia per il candidato nelle Marche, l’ex sindaco del Pd di Pesaro, Matteo Ricci, per l’inchiesta “affidopoli”.
E casualmente (ma forse non troppo – fa notare maliziosamente qualcuno) le indagini si mescolano con le voci sempre più insistenti sulla esistenza di un progetto, guidato da Matteo Renzi (e fino a qui non ci sarebbe nulla di strano) in compartecipazione diretta con Dario Franceschini (e qui invece la cosa potrebbe anche essere più preoccupante per lei) per dare vita ad una gamba moderata, al di fuori del partito democratico.
Ma al di là di questo, per la segretaria, che pensava di aver trovato finalmente una quadra al puzzle delle candidature dopo l’accordo con De Luca in Campania sulla candidatura Fico, ora si trova con il candidato delle Marche azzoppato da un avviso di garanzia. Lui, in un video postato sui social (dopo aver chiamato al telefono, prima la segretaria e poi il presidente dei cinque stelle, su consiglio della stessa Schlein, Giuseppe Conte) si dice “sorpreso”, “amareggiato”, ma “sereno” ed “estraneo ai fatti”.
E assicura di non essersi “mai occupato direttamente di affidamenti”. Ma chi lo conosce bene e chi gli sta più vicino, riconosce che è tutto, tranne che sereno e qualcuno addirittura ventila anche la possibilità di clamorosi passi indietro. Secondo l’accusa, il Comune avrebbe erogato in modo improprio centinaia di migliaia di euro di fondi a due associazioni no profit affidandole la realizzazione di diverse opere.
Nelle carte dei PM ci sono anche un murale dedicato a Liliana Segre e un maxi-casco gigante per celebrare Valentino Rossi, originario della vicina Tavullia. Secondo la tesi dell’accusa l’ex sindaco non avrebbe guadagnato denaro dagli affidamenti diretti, ma “solo” consenso politico. Una bella grana si vocifera dalle parti del Nazareno: “bisogna capire cosa davvero contengano le carte dell’inchiesta – dice un deputato di vecchio corso del Pd – perché in caso di coinvolgimento di Ricci, difficile che i cinque stelle possano accettare che resti. L’errore della segretaria sta proprio qui, ormai è lei che è sotto scacco di Conte, mentre per peso elettorale e tradizione, dovrebbe essere il contrario”.
Conte con quel “valutiamo” ha d’altra parte lasciato aperta qualsiasi ipotesi e corroborato la sensazione che in realtà all’interno della coalizione a dare le carte sia proprio lui più che la segretaria Pd. Ma allo stesso tempo Conte, che sul sindaco di Milano, Sala era stato assai meno prudente e misurato, mantiene quella prudenza che serve in un momento delicatissimo come quello attuale. Sa bene, infatti, il leader pentastellato che un problema nelle Marche può provocare un effetto a cascata anche su altri candidati (in primis proprio Roberto Fico in Campania e a seguire Eugenio Giani in Toscana, che già molti dei fedelissimi della Schlein non vorrebbero ricandidare).
“Se salta Ricci, è probabile che si possa mettere in discussione anche l’intesa su Fico in Campania, e il nome di Giani potrebbe ritornare in discussione. È un’ipotesi che non conviene a nessuno ed è per questo che Ricci, a meno che non escano fuori fatti nuovi, così come Sala a Milano, sarà invitato caldamente a continuare la sua corsa.”
Certo è che ora la campagna elettorale dell’ex sindaco di Pesaro, inevitabilmente si complica e anche di parecchio. Difficile pensare che tutto possa passare come se nulla fosse, e il sogno del centrosinistra di portare a casa un roboante 4 a 1 alle regionali, rischia di complicarsi in modo significativo. Ma un deputato di Italia Viva, con lunga e antica militanza nel Pd, fa notare anche come queste indagini che toccano uomini certo non vicini alla segretaria, paradossalmente potrebbero alla lunga fare gioco al suo progetto di rinnovamento, che era stato una delle chiavi di volta per battere Stefano Bonaccini alle primarie di due anni fa.
Un rinnovamento che si è scontrato, fin dall’inizio, proprio con le vecchie logiche della nomenclatura del partito, che si propagano sui territori, amplificando poteri e prebende per i cosiddetti capibastone e cacicchi, a cui proprio la Schlein aveva dichiarato guerra aperta. Ora queste tegole giudiziarie potrebbero anche dare un’inevitabile accelerata, anche se non certo indolore per il partito, a quel processo di rinnovamento che insegue la segretaria e il suo stuolo di fedelissimi.
“La Schlein da tutta questa storia alla fine potrebbe anche avere molto da guadagnare. Le indagini della magistratura sembrano proprio volerla agevolare in quel suo intento di eliminare le regole che si celano dietro al correntismo, soprattutto a livello locale, che hanno delegato spesso a figure ambigue e controverse un grande potere e una libertà di azione che poi può portare anche a certe distorsioni”.
Insomma, non tutti i mali potrebbero venire per nuocere, si potrebbe dire. Ma il futuro è certo cosa importante, ma adesso per il Pd e il centrosinistra serve dare una svolta a quella che fino ad ora è stata un’opposizione scialba, poco incisiva e soprattutto poco coesa. E le Regionali erano l’occasione per avvertire il governo, ma anche gli alleati riottosi che solo uniti e compatti si può vincere. Le inchieste della magistratura così come il riarmo europeo sono invece motivi di divisioni inevitabili all’interno di una coalizione, che non riesce proprio a trovare una sintesi alle proprie idee, talvolta anche contrapposte.
Il rischio che qualcuno paventa potrebbe essere anche quello che tutto ciò possa servire a rafforzare i due leader, per motivazioni differenti, ma paradossalmente di indebolire ulteriormente la coalizione. Perché come diceva Totò, anche in politica spesso è la somma che fa il totale.
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