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Oggi i membri a pieno titolo sono 10: Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Egitto, Etiopia, Iran, Indonesia, Emirati Arabi Uniti. A questi si aggiungono 9 Stati partner con ruolo consultivo: Bielorussia, Bolivia, Cuba, Kazakistan, Malesia, Nigeria, Thailandia, Uganda, Uzbekistan
 

L’incontro fra capi di Stato, in occasione del 25° vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), che ha fatto seguito al vertice BRICS tenutosi a luglio 2025 a Rio de Janeiro, ha confermato la volontà di espansione e la crescente rilevanza geopolitica ed economica di un insieme di Paesi non occidentali, che non si riconoscono nella leadership dell’Occidente stesso. L’ostentata amicizia tra il presidente russo, Putin, e quello cinese, Xi Jinping, ha suggellato l’importanza anche mediatica di questo evento. Ma chi sono i BRICS? E, soprattutto, che cosa rappresentano oggi?

Una sigla che evolve
Nati nel 2001 come acronimo coniato da Goldman Sachs per indicare le economie emergenti di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, i BRICS hanno progressivamente trasformato la loro natura da concetto economico a piattaforma politica. Oggi, nel 2025, i membri a pieno titolo sono 10: Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Egitto, Etiopia, Iran, Indonesia, Emirati Arabi Uniti. A questi si aggiungono 9 Stati partner con ruolo consultivo: Bielorussia, Bolivia, Cuba, Kazakistan, Malesia, Nigeria, Thailandia, Uganda, Uzbekistan.

Un blocco demografico, economico e territoriale
Dal punto di vista demografico, i BRICS rappresentano il 51% della popolazione mondiale, ovvero oltre 4 miliardi di persone. Ne fanno parte il primo e il secondo Paese più popoloso (India e Cina), il quarto (Indonesia), il sesto (Nigeria), il settimo (Brasile) e il nono (Russia).
In termini di PIL a parità di potere d’acquisto, il gruppo rappresenta il 40,4% della ricchezza globale; in termini nominali, il blocco BRICS+ (inclusi i nuovi membri) rappresenta circa 29% del PIL mondiale, pari a 30 trilioni di dollari. La quota di commercio globale è stimata al 37%, mentre la produzione petrolifera ha raggiunto il 43% grazie all’ingresso di Iran, Emirati Arabi e altri produttori.
La superficie geografica complessiva è di circa 40 milioni di chilometri quadrati, pari al 27% delle terre emerse.

BRICS vs G7: il confronto
Nel 2025, il G7 mantiene ancora la leadership in termini di PIL nominale, con una quota del 45% del PIL mondiale (circa 52 trilioni di dollari), ma i BRICS stanno colmando il divario grazie a tassi di crescita più elevati. Stiamo parlando di economie dalle dimensioni davvero rilevanti: il PIL della Cina è stimato a 19.535 miliardi di dollari, quello dell’India a 4.272, del Brasile a 2.307, della Russia a 2.196, dell’Indonesia a 1.493.
In prospettiva, secondo Goldman Sachs, i BRICS potrebbero crescere del 189% entro il 2050, contro il 50% del G7, con Paesi come Etiopia ed Egitto che mostrano potenziali di crescita addirittura superiori al 600%.

Una sfida sistemica all’ordine liberale
La crescente influenza dei BRICS si estende a settori strategici come energia, materie prime, intelligenza artificiale, cybersicurezza e governance globale. Dal punto di vista militare, il gruppo include tre potenze nucleari (Russia, Cina, India), con la Russia che detiene il maggior numero di testate atomiche al mondo. Ecco il dettaglio dei loro arsenali nucleari: Russia, circa 5.580 testate, di cui oltre 1.700 operative; Cina, circa 500 testate, in rapido aumento; India, circa 172 testate.
Ma al di là della consistenza militare, la vera sfida è ideologica: i BRICS propongono infatti un modello di cooperazione multipolare, fondato su sovranità, non ingerenza e rispetto delle specificità culturali. Si parla sempre più spesso di una “moneta BRICS” o di un sistema di pagamento alternativo, per ridurre la dipendenza dal dollaro e aggirare le sanzioni occidentali.

Verso una nuova guerra fredda?
La crisi di governance e di credibilità che sta attraversando l’Occidente ha già prodotto una conseguenza geopolitica rilevante: il consolidamento di un nuovo grande blocco di interessi strategici, rispetto al quale si profila un futuro di confronto – e forse di scontro – per i Paesi occidentali. Che stia nascendo una vera e propria nuova guerra fredda? È presto per dirlo, ma i presupposti teorici sembrano esserci: polarizzazione, competizione tecnologica, divergenze valoriali, e una crescente frammentazione del sistema internazionale.

Conclusione
I BRICS non sono più soltanto un acronimo economico, bensì un progetto politico in divenire. Un progetto che, pur nella sua eterogeneità interna, sta ridefinendo le coordinate della geopolitica globale. Per l’Occidente, comprenderne la logica e le ambizioni è oggi più che mai necessario. Perché il mondo che verrà sarà, inevitabilmente, un mondo multipolare.

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