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A maggio 2025, l’industria automotive italiana continua a navigare in acque agitate.
I numeri pubblicati da ISTAT raccontano una fotografia ancora in chiaroscuro: l’indice della produzione industriale del comparto automotive segna un -9,4% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre il bilancio dei primi cinque mesi dell’anno è ancora più severo: -19,8%. A pesare, è soprattutto il crollo della produzione di autovetture, giù del 30,4% rispetto a maggio 2024, con sole 22mila unità prodotte secondo le stime preliminari di ANFIA.
Tuttavia, nel mare della contrazione generalizzata, qualche piccola boa galleggiante si intravede. La produzione di parti e accessori per autoveicoli, ad esempio, registra una lieve crescita dello 0,5% a maggio, pur restando in negativo sul cumulato annuo (-12,6%). Un piccolo segnale, ma importante, in un contesto dove l’intero settore cerca faticosamente di rimettere la prua verso una ripresa.
I numeri ISTAT confermano che anche il contesto industriale generale non aiuta: la produzione complessiva dell’industria italiana cala dello 0,9% a maggio, mentre nei primi cinque mesi dell’anno segna -1,2%. Dopo la leggera boccata d’ossigeno di aprile, dunque, si torna in territorio negativo.
Il settore automotive, che da sempre rappresenta un termometro importante per l’economia nazionale, appare oggi in affanno. La fabbricazione di autoveicoli (codice Ateco 29.1) mostra a maggio un -18,1%, mentre la produzione di carrozzerie, rimorchi e semirimorchi (29.2) si mantiene stabile (-0,5%) nel mese e addirittura in leggera crescita (+4,5%) nel periodo gennaio-maggio. Una disomogeneità che racconta un sistema produttivo a due velocità: mentre i numeri delle catene di montaggio soffrono, altri comparti resistono, almeno in parte.
Sul fronte del fatturato, i dati più recenti — relativi ad aprile 2025 — non lasciano molto spazio all’ottimismo. L’intero settore automotive registra una contrazione del 12,7%, frutto di una domanda interna in forte calo (-17,9%) e di una frenata meno accentuata ma comunque significativa dell’export (-8,2%). Sommando i primi quattro mesi dell’anno, la flessione arriva al 16,3%, con un -20,4% sul mercato interno e un -12,8% oltreconfine.
È proprio l’export a restituire uno dei pochi elementi positivi dell’analisi: nel primo trimestre 2025, le esportazioni di componentistica automotive raggiungono i 6,15 miliardi di euro, generando un saldo attivo di 1,68 miliardi. Un dato confortante, seppur insufficiente a compensare le difficoltà strutturali del settore. Quanto agli autoveicoli completi, l’export vale 4,42 miliardi contro un import di 9,37: un gap che evidenzia la perdita di centralità della manifattura nazionale nel panorama europeo e globale.
Gli Stati Uniti si confermano il principale mercato di destinazione per le vetture italiane, con una quota del 19,5%, seguiti da Germania (18,7%) e Francia (13,6%). Una conferma dell’attrattività del design e del know-how italiano, che però fatica a tradursi in volumi produttivi all’altezza.
La filiera, intanto, resta in attesa della pubblicazione del DPCM che dovrebbe ripartire le risorse del fondo automotive. Un intervento cruciale, secondo ANFIA, per sostenere la produzione, attrarre investimenti e incentivare l’innovazione. Il Direttore Generale Gianmarco Giorda ribadisce l’urgenza di misure concrete per rilanciare il settore, a partire dalla riduzione dei costi energetici, vera zavorra per la competitività delle imprese italiane rispetto a competitor europei ed extraeuropei come Cina e Stati Uniti.
In attesa di una vera ripartenza, il quadro generale si mantiene fragile ma non privo di potenziali punti di ripresa. La tenuta di alcuni comparti della filiera, le performance ancora buone dell’export di componenti e le prospettive legate a nuove politiche industriali e incentivi mirati potrebbero segnare l’inizio di un’inversione di tendenza.
Perché se è vero che i dati di maggio confermano un calo, è altrettanto vero che la portata della contrazione appare in fase di rallentamento. Un segnale da cogliere, magari con l’aiuto di una strategia industriale coerente, visione di lungo periodo e, finalmente, un sostegno pubblico all’altezza delle sfide globali.
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