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Garlasco, una catena di errori infinita. Nel 2025 si è riaperto tutto. Ma c’è già il rischio che sia tutto da rifare (per l’ennesima volta)
Il 2025 sarà ricordato anche come l’anno della clamorosa riapertura del caso Garlasco. Il 13 agosto 2007, in una villetta, viene uccisa una ragazza Chiara Poggi. Dopo anni di indagini e anche di vari processi viene condannato in via definitiva a 16 anni il suo fidanzato, Alberto Stasi. Ma a marzo del 2025 ecco il colpo di scena, la Procura di Pavia riapre il caso e iscrive nel registro degli indagati Andrea Sempio, si tratta dell’amico del fratello della vittima, uno che quella casa la frequentava abitualmente. I pm lavoravano in segreto da tempo a questo nuovo filone, ma solo con la convocazione in Questura di Sempio e il prelievo del Dna la notizia è diventata di dominio pubblico e ora c’è già qualcuno che tuona: “Si rischia il più grande errore giudiziario della storia italiana”.
Naturalmente il caso è diventato subito mediatico ed è un susseguirsi di rilievi, sopralluoghi, indiscrezioni e super testimoni. Da allora tutti i particolari legati all’omicidio di Chiara Poggi sono tornati a fare notizia. Tutto è stato rimesso in dubbio, ma proprio tutto. Eppure, la maggior parte dei risultati sugli elementi analizzati e rianalizzati in questi 18 anni sono stati confermati anche questa volta. Primo tra tutti è l’analisi sulla spazzatura trovata nella villetta di Garlasco il giorno del delitto di Chiara Poggi, ovvero il 13 agosto del 2007. Nell’incidente probatorio sono stati fatti tutti gli esami genetici e dattiloscopici sui rifiuti. Nessun colpo di scena, su quei rifiuti ci sono solo tracce di Chiara e di Alberto Stasi. Non c’è nulla di riconducibile a Sempio o ad altri soggetti.
Poi naturalmente ci si è concentrati sulla famosa “traccia 33” che apparterrebbe secondo l’accusa ad Andrea Sempio. Lo ha svelato proprio la Procura dopo alcuni suoi accertamenti, ma lo smentisce allo stesso tempo la difesa dell’indagato. Ma non sarebbe stato trovato sangue sulla traccia 33, cosa che invece dimostrerebbero le consulenze eseguite per conto della difesa di Alberto Stasi. Ma il 18 dicembre è stato un giorno chiave in questa nuova fase, il giorno tanto atteso dell’incidente probatorio, naturalmente ognuna delle parti in causa lo ha interpretato a modo suo.
Quello che però è stato accertato dalla perita Denise Albani è che “il Dna sotto le unghie di Chiara Poggi è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio”. Confermando però allo stesso tempo anche le considerazioni di De Stefano, ovvero che il risultato non è consolidato: si sta parlando infatti di “aplotipi non identificativi, parziali, misti non sottoposti a consolidamento, pertanto soggetti a rischi artefattuali”. E confermando anche che non si potrà avere la certezza del perché di questa presenza: se è frutto di contaminazione o di contatto diretto o indiretto.
L’ennesimo punto poco chiaro di una vicenda sempre più intricata e che ha generato anche nuovi filoni d’inchiesta. La Procura di Brescia infatti indaga per corruzione in atti giudiziari nei confronti dell’ex procuratore di Pavia Mario Venditti, il pm che nel 2017 chiese e ottenne la prima archiviazione nei riguardi di Andrea Sempio. Si cerca di dare un significato ad alcuni “pizzini” appartenenti al padre di Sempio, degli appunti in cui ci sarebbero delle cifre che i pm bresciani stanno cercando di interpretare, “mazzette” o nulla di rilevante? Ennesima questione irrisolta.
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