Rinnovo Patente? Facile ed Economico

Più 110% in un anno in Borsa. Il piano dell’ad Pietro Labriola per rimettere in sesto Telecom è lento ma costante. E così il titolo, banche e assicurazioni a parte, è tra i migliori del listino milanese nel 2025, superando, anche se di poco, la soglia dei 0,505 euro ad azione che era il prezzo che Kkr voleva pagare per tutta la società.
Alla fine al fondo Usa il colpo grosso non è riuscito e si è dovuto “accontentare” dell’asset più pregiato, ossia la rete di accesso fissa dell’ex-monopolista, che ha portato con se una bella fetta del debito mostre (oltre 25 miliardi di euro) che avevano fatto diventare Telecom la cenerentola delle tlc europee. Il debito si era accumulato a causa di una serie di scelte sbagliate effettuate dagli azionisti che negli anni si sono susseguiti al comando, molto interessati a guadagnare per se stessi (a cominciare dalla compagine capitanata da Roberto Colannino) e poco (molto poco) al bene della società.
Per questo alla fine si è arrivati alla decisione più difficile da prendere: vendere la rete, cosa che nessun altro ex-monopolista europeo ha fatto, per incassare circa 20 miliardi di euro e rimettere in sesto i conti. Fortunatamente è rimasto un altro asset che si è salvato da numerosi assalti all’arma bianca: Tim Brasil. Una società in costante crescita che produce utili ( e, per ora unica del gruppo, distribuisce ore dividendi) grazie all’immenso bacino di utenti del Brasile (oltre 200 milioni di abitanti). Telecom possiede il 66% della società che vale nel suo insieme, oltre 8 miliardi di euro e ha costituito, per circa la metà dell’anno in corso, quasi tutto il valore espresso da Telecom in Borsa. Ora il gruppo capitalizza circa 12 miliardi con gli analisti, che dopo la decisione di conversione delle azioni di risparmio, hanno aumentato il target price tanto che Banca Akros lo ha alzato da 0,57 a 0,6 euro per azione.
Per Equita la conversione è positiva perché semplifica la struttura societaria e migliora la liquidità utilizzando parte dei proventi rivenienti dal canone di concessione, circa 720 milioni, “realizzando di fatto un buyback sul capitale del gruppo rispetto a un’operazione tutta in carta”. Inoltre per l’azionista ordinario, spiega Equita, la cancellazione delle risparmio, che sono titoli privilegiati, migliora l’utile per azione, atteso nel 2026, di circa il 10%. In base alla proposta di conversione, la partecipazione di Poste Italiane si diluisce al 19,6% dal 27,3% attuale (recentemente incrementato per effetto dell’acquisto del 2,5% da Vivendi), ritornando quindi sotto la soglia di Opa al 25%. Gli altri azionisti ordinari deterrebbero il 52,2% del capitale di Tim e gli attuali azionisti di risparmio avrebbero il restante 28,2%.
Ora, sostengono gli analisti di Mediobanca, solo annunci di nuovi servizi e sinergie con Poste, oppure di merger tra operatori (magari portando quelli mobili infrastrutturati da 4 a 3) potrebbero portare una nuova spinta rialzista al titolo in tempi brevi.
Sempre Piazzetta Cuccia ritiene che il mercato non stia attribuendo alcuna probabilità agli earnout di FiberCop. Ovvero, l’atteso accordo per la rete unica con Open Fiber che potrebbe portare fino a 2 miliardi di euro nelle casse di Telecom, probabilmente non ci sarà dato che la partita è bloccata su più fronti politici e finanziari.
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