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La Wip Gallery è lieta di annunciare l’apertura della mostra “Angeli e Demoni – Simbolisti a Praga”, un appuntamento culturale dedicato alla magnetica grafica dei principali protagonisti della Secessione Praghese. L’esposizione, curata dal critico d’arte Gabriele Bianconi, offre un percorso immersivo nella poetica visionaria e spirituale che ha caratterizzato l’arte mitteleuropea tra fine Ottocento e i primi decenni del Novecento.
In mostra saranno presentate venti opere dei Maestri: Mikoláš Aleš, Jan Konůpek, Emil Orlik, Tavic František Ṧimon, František Bílek, František Kobliha, Bruno Héroux, Max Švabinský e Vladimír Silovský.
Scrive Gabriele Bianconi: una selezione di rare grafiche create su tavole di legno o su lastre di metallo incise, inchiostrate e pressate sulla carta, rivelano un mondo simbolico popolato di figure angeliche e demoniache. Atmosfere sospese, visioni mistiche e tensioni interiori: un viaggio nell’immaginario esoterico e profondamente evocativo del Simbolismo Praghese. Testimonianze di una stagione artistica che ha saputo fondere misticismo, inquietudine e raffinatezza formale. Per cercare dei riferimenti storici precedenti, pertinenti non soltanto alla tecnica incisoria utilizzata, bisogna guardare alle stampe di Goya, come alle xilografie giapponesi.
Le opere esposte, viste singolarmente e nell’insieme, manifestano con autorità, la rivoluzione estetica simbolista. Creazioni realizzate sulla carta, espressioni del mondo interiore: sognato ed emozionato, pauroso e tentato, libero e dannato, che si vuole integrato alla natura dell’universo. Un fantastico mistico e profano senza uguali, che diventerà la premessa di libertà per i successivi movimenti surrealisti ed espressionisti.
Nell’architettura come nella produzione artigianale e industriale già dagli ultimi anni dell’Ottocento si afferma l’Art Nouveau, che coniuga la logica della struttura con l’armonia, la praticità essenziale della costruzione, all’estetica dell’arabesco, dell’ornamento; i materiali come il ferro battuto, l’acciaio, il vetro o la ceramica al disegno floreale, che si esprime con linee fluide e sinuose ispirate alla natura.
Praga diventa in quegli anni un raccordo teso tra Vienna e Parigi in cui il fermento culturale germoglia nelle esperienze degli artisti locali che si riconosceranno nel movimento artistico chiamato Secessione Praghese, dando dei frutti inediti ed originalissimi che raggiungono proprio con le tecniche incisorie un apice senza precedenti. È un mondo nuovo che si oppone alla cultura dominante borghese e alla pittura realista ed impressionista. La cultura del simbolismo si diffonde dando vita ad opere d’arte che la ‘rispecchiano’ nella scultura, nella pittura, nella grafica, nella architettura, come nella poesia, nel teatro, nella musica.
Il Castello, pregevole acquaforte di Aleš del 1930, è un paesaggio lirico e fiabesco che affianca la meravigliosa Sabba: opera presentata autonomamente in galleria in occasione di Halloween; creazione struggente che si distingue per la potenza evocativa e visiva, un viaggio nell’immaginario del sabba tra leggende ancestrali, simboli esoterici, eros e richiami alla cultura e ad antiche tradizioni popolari.
Anche i Due Alberi di Konůpek sono fiabeschi, nel senso che il paesaggio rappresentato si discosta dal reale oggettivo, ma qui la sintesi è maggiore e la natura si anima dal suo interno di energia tesa e vibrante. Un soffio vitale la gonfia, la ‘esplode’. La terra, le nuvole, gli alberi, rinascono dal segno come tetri protagonisti per una conflittualità palpitante.
Le figure di Ṧimon, in un’acquaforte del 1920 sono delle silhouette sognate ed evanescenti come fossero un ricordo del passato. La fantasia dell’artista permea la visione della spiaggia e il disegno ci trasporta oltre la scena accennata, quasi fosse una romantica pellicola sbiadita.
La Necropoli di Bilek è una xilografia del 1912. Un disegno esemplare dell’arte simbolista del tempo, che ci catapulta in un mondo mitico, fatto di passato e presente. Un paesaggio isolato in cui la necropoli è lì come avesse un’anima. Un monumento antico ci accoglie lugubre con la sua architettura avvolgente e teatrale. La morte aleggia nell’aria onnipresente, incombente come un presagio, come un consapevole bagaglio che ci accompagna.
Di Kobliha forse la più famosa delle grafiche esposte è Abbraccio del 1910 (Amato, dal ciclo: Zen). La essenzialità ed elementarità dello spazio e degli elementi rappresentati non impoveriscono la scena, ma anzi, ne intensificano la potenza espressiva. Il tratto deciso, quasi geometrico, non priva l’immagine di una maestosa, struggente, poetica dolcezza. Scrive Enrico Crispolti:
Il Caffè all’aperto con coppie danzanti di Silovsky, come Presepe o la Giostra sono sublimi esempi dell’arte del Maestro. Quest’ultima, pur nella diversità, ricorda il Sabba di Aleš. La luce intensa, che si propaga come un’esplosione al contempo fisica e sonora, solleva le figure danzanti che circondano la giostra. Un girotondo di sguardi, di balli vissuti con trasporto e abbandono, con l’estasi di una festa mistica.
Orlik, che si è ispirato anche alla xilografia policroma giapponese e ha realizzato numerosi ritratti di celebri contemporanei è presente con due carte: la Coppia del 1898 e la Testa di Danzatrice del 1910 c.ca. Estate di Svabinsky è un piccolo capolavoro, una perla che ripropone personalizzato il soggetto di Le Déjeuner sur l’Herbe. Un paesaggio lirico in cui troneggia una figura di donna distesa e solitaria. Un corpo vellutato, sfumato, bianco. Appoggiato con grazia e sensualità plastica, quasi fosse anch’esso una pianta del paesaggio che lo circonda. La memoria storica ci ricorda anche la Maja Desnuda. Le incisioni di Heroux, realizzate con finezza tecnica, sono indimenticabili. In esse l’artista rifletteva sui segreti della vita e dava espressione inebriante alla sua gioia di esistere. Gabriele Bianconi
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