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Da start-up ribelle a gigante del trading: la storia di Robinhood, l’azienda USA che sta crescendo a ritmi vertiginosi e cambiando le regole del gioco

Sottrarre ai ricchi per dare ai poveri: è l’immaginario che richiama subito il nome Robinhood e che i fondatori della piattaforma, Vlad Tenev e Baiju Bhatt, hanno voluto evocare fin dalla nascita della loro società. Nel 2013, in un mercato finanziario ancora dominato da commissioni elevate e barriere all’ingresso, l’idea di permettere a chiunque, e non solo agli investitori istituzionali, di accedere ai mercati senza costi appariva come una piccola rivoluzione. Era la promessa di una finanza più democratica, più aperta, più “uguale”, concretizzatasi in un’app semplice, mobile-first e pensata per i giovani che, in pochi anni, ha catalizzato l’attenzione di milioni di nuovi investitori, diventando il simbolo del trading retail statunitense. Ma cosa si nasconde dietro un modello di business così innovativo? 

La nascita di una rivoluzione fintech 

Fondata nell’aprile del 2013 da Vladimir Tenev e Baiju Bhatt, imprenditori con background nell’ambito della negoziazione ad alta frequenza, la Robinhood Markets Inc. ha sede a Menlo Park, in California. L’azienda di servizi finanziari online è nota soprattutto per l’omonima app mobile che consente agli utenti di investire in azioni e fondi quotati sulle borse statunitensi senza pagare commissioni, un elemento che ha rappresentato una svolta nel settore del trading retail. Oltre all’app, disponibile su iPhone, Apple Watch e Android, Robinhood offre anche un sito web con funzionalità di trading e gestione del portafoglio. A differenza dei broker tradizionali, la società non ha sportelli o sedi aperte al pubblico: opera interamente online, rivolgendosi a una platea giovane e digitalizzata, spesso composta da investitori alle prime armi. 

L’idea alla base della piattaforma nasce da una constatazione: mentre le grandi istituzioni finanziarie potevano accedere ai mercati a costi bassissimi o nulli, gli investitori comuni erano ancora soggetti a commissioni elevate e barriere all’ingresso significative. Da qui, la missione dichiarata dei fondatori, ovvero quella di “democratizzare la finanza per tutti”, rendendo più facile e conveniente per chiunque iniziare a investire, puntando su una piattaforma alternativa, giovane e inclusiva. 

Un’intesa vincente

L’idea di Robinhood nasce dall’incontro tra Vladimir Tenev e Baiju Bhatt alla UCLA, l’University of California, Los Angeles, dove Tenev stava svolgendo un dottorato di ricerca. I due scoprono subito una forte sintonia intellettuale: entrambi condividono una profonda passione per la matematica e l’ambizione di applicare la tecnologia alla finanza per renderla più efficiente e accessibile. Tenev, classe 1987 e di origini bulgare, è un talento precoce per i numeri. Nato a Varna, sulla costa del Mar Nero, si trasferisce negli Stati Uniti all’età di cinque anni quando i suoi genitori, entrambi ricercatori in matematica, ottengono posizioni accademiche in università americane. Cresciuto a Washington D.C., frequenta la prestigiosa Thomas Jefferson High School for Science and Technology e poi studia matematica a Stanford, dove consolida le basi teoriche che userà più tardi nel mondo del fintech.

Bhatt, nato nel 1984 da una famiglia di immigrati indiani stabilitasi negli Stati Uniti alla fine degli anni ’70, cresce in Virginia in un ambiente fortemente orientato allo studio. Dopo il liceo, approda anche lui a Stanford, dove si laurea in fisica e completa un master in matematica applicata. Il suo percorso multidisciplinare, che unisce logica, programmazione e visione tecnologica, lo porta a maturare un forte interesse per i mercati e le loro inefficienze strutturali. La loro collaborazione prende forma proprio negli anni universitari, quando iniziano a lavorare insieme su progetti legati alla negoziazione ad alta frequenza. L’esperienza diretta nel settore, e in particolare la consapevolezza del divario tra i costi vicini allo zero sostenuti dagli investitori istituzionali e le alte commissioni imposte ai piccoli risparmiatori, accende una scintilla e così, nel 2013, il loro sodalizio intellettuale e imprenditoriale si concretizza nella fondazione di Robinhood: un progetto nato dall’idea di democratizzare l’accesso ai mercati finanziari e destinato a trasformare profondamente il mondo del trading retail.

La scalata

La prima versione dell’app Robinhood è stata lanciata ufficialmente nel marzo 2015, dopo un periodo iniziale di accesso su invito che aveva generato una lista d’attesa di milioni di utenti. Il prodotto iniziale era estremamente semplice: permetteva di acquistare e vendere azioni ed ETF quotati sulle borse statunitensi senza alcuna commissione, una scelta che fin da subito ha rappresentato una discontinuità netta rispetto ai broker tradizionali, i quali applicavano costi fissi per ogni operazione. L’approccio mobile-first, con un’interfaccia intuitiva progettata per avvicinare anche gli investitori inesperti, ha contribuito alla rapida diffusione della piattaforma soprattutto tra i più giovani.

Con il tempo, Robinhood ha ampliato in modo significativo la gamma di servizi disponibili. Nel 2017 la società ha introdotto il trading di criptovalute, diventando una delle prime piattaforme mainstream a consentire la negoziazione di asset digitali senza commissioni. Successivamente sono arrivati i contratti opzioni, strumenti più complessi e potenzialmente rischiosi, che hanno attirato l’attenzione sia degli utenti più avanzati sia dei regolatori. Parallelamente, Robinhood ha lanciato servizi pensati per la gestione della liquidità, come i conti remunerati e le carte di debito collegate, oltre al trading a margine incluso nel programma Robinhood Gold.

Una crescita esplosiva

Nonostante il trading senza commissioni sia il suo tratto distintivo, Robinhood genera ricavi principalmente da tre fonti: interessi sui saldi di cassa dei clienti; payment for order flow (ovvero la vendita delle informazioni sugli ordini a società di trading ad alta frequenza); prestiti su margine tramite il servizio Robinhood Gold. In meno di un decennio, Robinhood ha registrato una crescita esplosiva.

Alla fine di gennaio 2025 Robinhood contava circa 25,5 milioni di “funded customers”, ossia utenti con fondi effettivamente depositati sulla piattaforma, un aumento di circa due milioni rispetto all’anno precedente. Già nel secondo trimestre del 2024 la società aveva registrato 24,2 milioni di clienti finanziati, accompagnati da un forte incremento degli assets under custody (AUC), segnale di una crescente fiducia degli utenti e di un progressivo consolidamento della propria presenza nel trading retail.

L’andamento positivo era evidente anche nei risultati finanziari: nel quarto trimestre del 2024 Robinhood aveva riportato un aumento dei ricavi del 115% su base annua, insieme a depositi netti record pari a circa 16 miliardi di dollari, evidenziando una dinamica di crescita molto superiore alle aspettative degli analisti. Il trend si conferma forte anche nel 2025: nel terzo trimestre, i total platform assets, che includono AUC e altre forme di patrimonio gestito, hanno raggiunto circa 333 miliardi di dollari, in aumento di quasi il 119% rispetto all’anno precedente. Numeri che testimoniano non solo l’espansione della base utenti, ma anche la capacità della piattaforma di attirare volumi di capitale sempre più elevati.

Controversie

L’ascesa è stata però accompagnata da una serie di controversie. L’episodio più emblematico è quello del gennaio 2021, quando la società decise di limitare temporaneamente la negoziazione di titoli come GameStop e AMC nel pieno della vicenda delle “meme-stocks”. La decisione scatenò un’ondata di critiche, accuse di favoritismo verso gli investitori istituzionali e l’apertura di diverse azioni legali collettive, mettendo Robinhood al centro del dibattito. 

Ulteriori contestazioni sono arrivate sul fronte regolamentare, in particolare riguardo al modello di “payment for order flow”, considerato da alcuni osservatori una pratica potenzialmente conflittuale rispetto agli interessi degli investitori retail. In diversi casi, la società ha affrontato sanzioni e richiami da parte delle autorità di vigilanza, costringendola a rivedere alcuni aspetti operativi e a investire di più in trasparenza e compliance. Inoltre, un elemento critico è stato relativo al pericolo che meccaniche troppo intuitive possano incoraggiare comportamenti impulsivi. Ci si è chiesti, insomma, se la facilità del trading sia un vantaggio per il pubblico o espone gli investitori inesperti a rischi eccessivi. 

Non a caso, negli ultimi anni Robinhood ha cercato di diversificare la propria offerta, introducendo nuovi prodotti finanziari, servizi di gestione della liquidità e un’espansione nel mondo delle criptovalute, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dai ricavi legati al trading puro. Le innovazioni portate dall’azienda, come zero commissioni, il design mobile-first, l’onboarding semplificato e un focus sul pubblico giovane, hanno costretto molti broker più tradizionali a rivedere il proprio modello, contribuendo a una progressiva “commoditizzazione” del trading azionario negli Stati Uniti.

Un nuovo modello di business

Oggi Robinhood si presenta come una piattaforma sempre più polifunzionale, con un numero elevato di utenti attivi e una crescita degli asset detenuti che ha superato, negli ultimi anni, diversi record interni. La strategia aziendale punta sull’ampliamento della gamma di prodotti, dalle criptovalute ai conti remunerati, e sulla monetizzazione dei servizi premium, oltre che su un rafforzamento del modello di business incentrato sulla customer retention. Di certo, Robinhood ha contribuito a democratizzare l’accesso agli investimenti, favorendo una partecipazione più ampia e generazionale ai mercati finanziari.

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