Rinnovo Patente all'Isola d'Elba? Facile ed Economico
<em>Da Jacopo Bononi-presidente</em>
(…) Minchia, signor tenente/ Faceva un caldo che se bruciava/ La provinciale sembrava un forno, c’era l’asfalto che tremolava/ E che sbiadiva tutto lo sfondo, ed è così, tutti sudati/ Che abbiam saputo di quel fattaccio, di quei ragazzi morti ammazzati/ Gettati in aria come uno straccio, caduti a terra come persone/ Che han fatto a pezzi con l’esplosivo, che se non serve per cose buone/ Può diventare così cattivo che dopo, quasi non resta niente/Minchia, signor tenente/ E siamo qui con queste divise/ Che tante volte ci vanno strette, specie da quando sono derise/ Da un umorismo di barzellette, e siamo stanchi di sopportare/ Quel che succede in questo Paese, dove ci tocca farci ammazzare/ Per poco più di un milione al mese, e c’è una cosa qui nella gola/ Una che proprio non ci va giù, e farla scendere è una parola/ Se chi ci ammazza prende di più di quel che prende la brava gente (…). La potenza espressiva di questo, che è solo una parte del testo di ‘ Signor tenente’, brano che Giorgio Faletti portò al Festival di Sanremo nel 1994 e del quale leggiamo: (…) nella canzone è chiaro il richiamo alle stragi di Capaci e di via D’Amelio, e, in generale, agli attentati compiuti dalla criminalità organizzata. Il brano vuole essere una rappresentazione delle condizioni lavorative delle Pattuglie stradali delle Forze dell’Ordine italiane, in particolare dei Carabinieri, in un periodo in cui era ancora viva l’eco delle bombe del ’92 e ’93 ma che vale anche per l’oggi perché è la sensazione di tutti quelli che, in uniforme, si apprestano, con ogni condizione di clima, ad approntare un Posto di Controllo o di Blocco per identificare e controllare persone e veicoli, la sua potenza espressiva, dicevo, sta non solo nelle parole in sé, ma nella teatralità drammatica con la quale l’Autore presentò il pezzo in diretta di fronte a milioni di telespettatori. L’importanza di Giorgio Faletti nel panorama culturale italiano del Novecento è stata molto incisiva e forse il nuovo libro Io Dico, curato dalla vedova Roberta Bellesini Faletti, architetto e promotrice culturale nella sua Asti, può rappresentare un nuovo architrave per questo indubbio e direi inevitabile giusto posizionamento culturale del nostro eclettico artista. Giorgio Faletti nasce ad Asti nel 1950. Poco più che ventenne decide di tentare la strada dello spettacolo. Grazie al suo carattere istrionico, lavora prima nella pubblicità e poi riesce ad entrare nel mondo del cabaret. I primi riconoscimenti ed i primi applausi li riceve al ‘Derby’ di Milano, il locale cult nel quale si sono esibiti nel corso degli anni numerosi comici italiani, da Teo Teocoli a Massimo Boldi, da Diego Abatantuono a Paolo Rossi, da Claudio Bisio a Paolo Villaggio, da Enzo Iacchetti a Giobbe Covatta. La svolta arriva grazie alla partecipazione alla commedia ‘La tappezzeria’ scritta da Enzo Jannacci. Faletti viene, infatti, notato da alcuni autori televisivi. Nel 1982 debutta in Rai nella trasmissione ‘Pronto Raffaella’ con Raffaella Carrà. Subito dopo è la volta del programma di Antenna 3 Il guazzabuglio che lo vede interagire con Teo Teocoli. Il regista Beppe Recchia lo chiama poi a ‘Drive In’ nel 1985, l’innovativo programma di Antonio Ricci. È un grande ed indimenticabile successo. I personaggi che porta in scena Giorgio Faletti hanno una presa straordinaria sul pubblico: si va dal Testimone di Bagnacavallo a Carlino, dal Cabarettista Mascherato a Suor Daliso, da Topoligno al famosissimo Vito Catozzo. Giorgio Faletti ottiene, poi, un nuovo grande successo grazie ad ‘Emilio’ alla fine dei Novanta. Nella trasmissione condotta da Zuzzurro e Gaspare, propone il personaggio di Franco Tamburino, un eccentrico stilista, e fa l’imitazione di Loredana Bertè. L’immobilità, alla quale è costretto per circa due mesi nei primi anni dei Novanta a causa di un problema al ginocchio, gli consente di avvicinarsi alla musica. È così che ha inizio, quasi per caso, la seconda fase della sua carriera artistica. Giorgio Faletti, alla professione di comico, affianca quella di autore musicale. Nel 1991 esce il suo primo album ‘Disperato ma non serio’, con il grande successo internazionale ‘Ulula’. Faletti poi scrive brani per Mina, Gigliola Cinquetti, Angelo Branduardi e Fiordaliso. Nel 1994 Giorgio Faletti partecipa al medesimo Festival con la commovente ‘Signor tenente’, grazie alla quale vince il Premio della Critica e si classifica secondo. Il brano dedicato alle stragi di Capaci e Via D’Amelio che hanno visto morire i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, conquista immediatamente il grande pubblico. Pubblica poi il libro ‘Porco mondo che ciò sotto i piedi’ nel 1995, nel quale sono narrati alcuni aneddoti relativi a Vito Catozzo, il personaggio a lui più caro. All’inizio del nuovo secolo, ha inizio la terza fase della carriera di un’artista veramente camaleontico. Faletti diventa uno scrittore acclamato. Nel 2002 pubblica il thriller ‘Io Uccido’, un genere prettamente americano, e vende più di 1 milione e 300mila copie. Nel 2004 si conferma come uno degli autori contemporanei più brillanti presenti in Italia dando alle stampe ‘Niente di vero, tranne gli occhi’. Nel 2005 Giorgio Faletti viene insignito del Premio De Sica per la Letteratura e riceve il riconoscimento dalle mani del Presidente Carlo Azeglio Ciampi e il nostro riconoscimento: la prima edizione del Premio letterario La Tore isola d’Elba. Nel 2006 arriva un nuovo straordinario successo a conferma dell’eclettismo dell’artista: nel film ‘Notte prima degli esami’ impersona magistralmente il crudele professore di Lettere Antonio Martinelli, a fianco di Nicolas Vaporidis. Lo stesso anno viene pubblicato il libro ‘Fuori da un evidente destino’ che vede come protagonisti i nativi americani Navajos. La sua produzione letteraria va avanti di successo in successo con ‘Pochi inutili nascondigli’ del 2008, ‘Io sono Dio’ del 2009, ‘Appunti di un venditore di donne’ del 2010 e ‘Tre atti e due tempi’ del 2011. Dopo la scomparsa nel 2014 è stata la moglie Roberta Bellesini a curare le tre edizioni postume di altrettante sue opere e varie iniziative in ricordo del marito. Esce il questi giorni sempre curato da Roberta, membro del comitato d’onore del nostro premio, Io Dico (Gallucci editore, 2025), come abbiamo appena detto, del quale leggiamo: (…) ‘Io dico’ è una raccolta di citazioni tratte dai libri, le interviste e le canzoni di Giorgio Faletti sulla vita, l’amore, la società, la musica. Un volume a cura di Roberta Bellesini Faletti e Chiara Buratti che ci regala le riflessioni più significative dell’artista che più di altri ci ha fatto ridere, cantare e leggere negli ultimi 30 anni.

Non lasciamoci ingannare dalla parte più apparentemente leggera della carriera dello scrittore, perché anche il periodo cabarettistico ha contribuito a formare il personaggio e a garantirgli una visibilità che poi nelle sue opere ’serie’, non solo letterarie, gli ha consentito di fare breccia con temi gravi e urgenti in un pubblico spesso cloroformizzato e stordito da una cultura usa e getta, della quale egli ha usato i mezzi per tramettere invece altri contenuti. Perfino nella famosa battuta di Vito Catozzo a Drive In: (…) ‘che se scoprissi che c’ho un figlio ricchione, ci sparo…’ possiamo rinvenire il tentativo ante litteram, poi non troppo velato, di denunciare la rozzezza di una certa cultura, che è poi alla fine sempre in agguato. La teatralità espressiva della sua mimica anche nel cinema, dove il suo essere in apparenza sempre un po’ fuori posto, denunciava la sua ‘ingombranza’ ossia il suo desiderio di porre in ogni personaggio quei drammi e quelle caratteristiche proprie della nostra epoca, spesso sorda ad introspezioni che siano davvero tali e che portino ad auspicabili processi di palingenesi culturale. Voglio ricordarlo così Giorgio e con me senza dubbio l’amico Franco Semeraro che lo convinse a ricevere il nostro premio alla Marina, ormai più di venti anni orsono. Nel 2011, terminato il rinfresco in onore del compianto Franco di Mare in hotel, mio padre, che di persone per bene se ne intendeva, si avvicinò a lui e gli strinse le guance in modo affettuoso, dicendogli ‘sono proprio contento che sei venuto’. Giorgio restò imbarazzato, ma poi tramite l’azzurro infinito dei suoi occhi mostrò di aver compreso il sentimento che si celeva dietro a quel gesto e gli stessi si stagliarono felici nel cielo.
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