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Unicredit volta pagina: Orcel chiude con la Russia entro il 2026 e punta sull’Europa
Andrea Orcel non è tipo da mezze misure. Dopo mesi di passi cauti, ora lo dice chiaramente: “La controllata russa di Unicredit sarà praticamente eliminata entro la fine del 2026“. Parola del CEO, in un’intervista al Financial Times che suona come la chiusura definitiva di un capitolo complicato e, al tempo stesso, l’avvio di un altro non meno impegnativo: la costruzione di una vera banca paneuropea.
La decisione di tagliare i ponti con Mosca non arriva a sorpresa. È il risultato di un pressing incrociato, tra le richieste della Bce di ridurre l’esposizione in Russia e i paletti posti da Palazzo Chigi, che nel Dpcm sul Golden Power aveva già fatto capire di considerare “scomoda” la presenza del gruppo italiano oltre gli Urali.
Ma, in termini pratici, come si traduce davvero l’uscita di Orcel dalla Russia? Come spiega Giuseppe De Falco, avvocato esperto in diritto societario, finanza e mercati dei capitali, partner di Ughi e Nunziante, “da una lettura attenta delle dichiarazioni di UniCredit, l’annuncio arriva in questo preciso momento perché sarebbe stato raggiunto l’obiettivo di azzerare l’esposizione verso le entità russe dell’area business/corporate.
Lo stesso comunicato chiarisce, infatti, che quanto ancora rimane dell’attività in Russia riguarda servizi a soggetti non russi (multinazionali e operatori occidentali) o al mercato retail russo, di impatto molto più ridotto sia sotto il profilo finanziario sia sotto quello “politico”, e che sarà comunque dismesso nel primo semestre del 2026.
Il ridimensionamento, del resto, è già nei numeri. Prima dell’invasione dell’Ucraina, nel febbraio 2022, la Russia valeva circa il 5% dei ricavi e l’1% dei depositi del gruppo, con 13 filiali e una quota di mercato dello 0,5%. Oggi il quadro è nettamente diverso. A metà 2025, l’esposizione cross border sarà ridotta del 94%, la clientela retail è già scesa del 60%, le filiali sono passate da 14 a 9 e i dipendenti da 3.500 a poco più di 2.300.
Orcel parla inoltre di “uscita ordinata” e di obiettivi già superati rispetto ai target fissati dalla Bce. Ma, forse, il vero traguardo è un altro: chiudere un capitolo scomodo e riposizionare UniCredit. “Probabilmente tutte queste cose insieme”, osserva De Falco. “Ottemperare alle indicazioni della vigilanza, liberarsi di un fardello che è stato sfruttato per ostacolare i piani di espansione della banca, dare un segnale positivo al mercato e mostrare che UniCredit è pronta a crescere per vie esterne, utilizzando le risorse generate in questi anni. E, non ultimo, liberare ulteriori capitali finora bloccati o privi di reali prospettive”.
Insomma mentre chiude un fronte, Orcel ne apre un altro: quello dell’espansione, o meglio, quello di fare di Unicredit una vera banca paneuropea. Ma strada è tutt’altro che libera. L’operazione su Commerzbank per ora si è arenata di fronte al muro politico di Berlino. E il tentativo con Banco Bpm è evaporato dopo lo stop del Golden Power. Pertanto la ritirata dalla Russia potrebbe non essere solo una scelta di “pulizia”.
Forse è un’abile mossa del banchiere per guadagnarsi credito a Bruxelles e a Palazzo Chigi, dopo mesi di pressioni per tagliare i ponti con Mosca. Un gesto che, in prospettiva, potrebbe tornargli utile soprattutto sul dossier Commerzbank perché quel traguardo resta nel mirino, e con il consenso politico giusto la partita potrebbe finalmente cambiare.
Orcel continua a pensare in grande ma sa che per costruire un colosso bancario europeo serviranno pazienza, diplomazia e, soprattutto, la libertà di muoversi. E se c’è una cosa che non gli manca, è la capacità di attendere il momento giusto per colpire.
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