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Ostaggi liberi, i racconti: “Combattevano proprio sopra la mia testa, tanta paura”

La tregua tra Israele e Hamas è stata firmata, la guerra è ufficialmente finita. Questo almeno sulla carta, visto che la tensione nella Striscia di Gaza resta ancora palpabile e i civili continuano a morire. Determinante per questo stop ai combattimenti è stata la decisione presa da Hamas di restituire i 20 ostaggi ancora vivi, in cambio di 2000 detenuti palestinesi. Ma ora che queste persone sono tornate a casa emerge tutto l’orrore di due anni di guerra. Secondo le stime dei dottori, ci vorranno settimane prima che alcuni degli ex ostaggi possano uscire dagli ospedali. Impossibile fare stime sulla ripresa psicologica. Israele si è svegliato stamattina con i primi dettagli dei racconti dei venti ostaggi rilasciati lunedì e le loro storie.

Or – riporta La Repubblica – ha perso fra il 30 e il 40 per cento del suo peso corporeo: i medici sono preoccupati. Elkana Bohbot è stato incatenato per due anni, sempre sotto terra, nei tunnel: ha problemi di stomaco, perché nell’ultima settimana prima del rilascio è stato costretto a mangiare troppo per tentare di ridurre gli effetti della malnutrizione degli ultimi due anni. La moglie di un altro ostaggio, Omri: “Nelle ultime settimane, i combattimenti si sono svolti letteralmente sopra la testa di Omri a Gaza, solo grazie a Dio siamo riusciti ad arrivare a un accordo prima che ci fosse una fine tragica”.

Ma non è andata meglio ai detenuti palestinesi in Israele. “Ogni giorno le guardie ci contavano tre volte. Entravano nelle stanze e in un secondo dovevi essere fuori, con le mani sulla testa e lo sguardo a terra, non era permesso incrociare i loro occhi – racconta a Repubblica Sharabati, raggiunto al telefono -. Ogni tanto lanciavano gas lacrimogeni nelle celle, senza motivo, oppure ci colpivano sulla testa con gli stivali, solo per farci capire che erano loro i padroni. Si mettevano in gruppo e uno di loro ci saltava addosso, fracassandoci le costole. Non c’è una vera infermeria interna, quindi quando ci ammalavamo al massimo ci davano un’aspirina. C’è un epidemia di scabbia tra i prigionieri e la direzione non fa niente. Trattati come animali“.

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