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Inchiesta Autostrade, la Cassazione conferma: il processo resta a Genova
La Corte di Cassazione ha stabilito che il processo sull’inchiesta riguardante la gestione della rete autostradale ligure, avviata dopo il crollo del ponte Morandi del 14 agosto 2018 (in cui morirono 43 persone), resterà a Genova. I giudici della Suprema Corte hanno respinto l’istanza di trasferimento presentata dai legali dell’ex amministratore delegato di Aspi, Giovanni Castellucci, e degli altri 46 imputati.
I difensori, tra cui gli avvocati Lorenzo Contrada e Carlo Longari, avevano sollevato un’eccezione di incompetenza territoriale, sostenendo che il reato più grave – quello di falso – si sarebbe consumato a Roma, dove i dati sarebbero stati inseriti nel database centrale. Secondo l’accusa, però, i falsi si sarebbero concretizzati a Genova.
Le imputazioni, a vario titolo, comprendono falso, frode, crollo colposo e attentato alla sicurezza dei trasporti. Al centro del processo vi sono report ammorbiditi sullo stato di viadotti e gallerie, barriere antirumore pericolose e documentazione tecnica manipolata per evitare interventi di manutenzione.
Nel procedimento sono state ammesse come parti civili anche il Comitato Ricordo Vittime del Ponte Morandi e diversi comuni del genovese (Genova, Masone, Rossiglione, Campo Ligure e Cogoleto).
L’indagine è nata dopo il tragico crollo del viadotto Morandi ed è stata poi estesa a ulteriori criticità nella rete autostradale, tra cui il crollo nella galleria Berté dell’A26 del 30 dicembre 2019. Secondo gli investigatori della Guardia di Finanza, coordinati dai PM Stefano Puppo e Walter Cotugno, i tecnici di Spea manipolavano i rapporti per evitare lavori onerosi. In un’intercettazione, uno degli indagati affermava che le barriere fonoassorbenti erano “attaccate con il Vinavil”.Il processo riprenderà il 27 novembre 2025.
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