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La speranza è che un altro episodio simile non si ripeta e che Putin abbia compreso che la capacità di reazione è immediata ed efficace
Cauto. Cautissimo ottimismo tra gli sherpa di Bruxelles e di Palazzo Chigi che il blitz con i droni della Russia sui cieli della Polonia sia stato un test – non certo un errore – per verificare la capacità di difesa non solo della Nato quanto dell’Europa. E decisivo è stato l’aereo radar italiano che è intervenuto come supporto ai jet polacchi e dell’Alleanza Atlantica.
La speranza è che un altro episodio simile non si ripeta e che Vladimir Putin abbia compreso che la capacità di reazione è immediata ed efficace. Certo è che la reazione della Commissione europea con il nuovo pacchetto di sanzioni, il 19esimo, che punta a utilizzare i beni dei russi confiscati per – parole di Ursula von der Leyen – “costruire un muro di droni a difesa dell’Ucraina e dell’Europa” non piacerà affatto al Cremlino. Con la solita litania del portavoce dello zar Dmitrij Peskov che è l’Ue a non volere la pace e ostacolare la fine del conflitto.
E l’arrivo della stagione fredda ormai imminente consentirà alla Russia di bersagliare le centrali elettriche per lasciare al freddo la popolazione ucraina. Altro strumento indiretto di pressione per sfiancare la resistenza dei cittadini di Kiev e delle altre città e villaggi sotto attacco. Fatto sta che la diplomazia sta a zero, nessun contatto tra l’Europa e la Federazione Russa. C’è però anche una velata preoccupazione perché la Polonia, dopo l’attacco con i droni, ha attivato l’articolo 4 della Nato che significa “consultazioni tra alleati”, che si sono tenute subito già ieri a Bruxelles.
Ma se dovesse esserci una nuova e magari più pesante azione di Mosca contro un Paese dell’Alleanza Atlantica, magari una delle tre repubbliche baltiche ex sovietiche – Lituania, Lettonia ed Estonia – a quel punto uno o più di quei governi chiederebbero subito l’attivazione del famigerato articolo 5 della Nato (quello proposto da Giorgia Meloni come garanzia per l’Ucraina, in futuro, in caso di accordo di pace) che prevede non la consultazione tra alleati ma il sostegno militare concreto e attivo di tutti i membri del patto atlantico in sostegno del o dei Paesi aggrediti. E a quel, di fatto, sarebbe guerra aperta con la Russia.
Il problema è che il presidente Usa, commentando il blitz con droni sulla Polonia, si è chiesto come Alice nel paese delle meraviglie ‘perché Mosca viola lo spazio aereo?‘. Non esattamente una condanna di Putin, anzi un modo quasi per derubricare quanto accaduto, ignorarlo e lasciarlo cadere nel vuoto. Segno che la Casa Bianca del tycoon non ha alcuna intenzione di intervenire direttamente con proprie truppe in caso di conflitto aperto con il Cremlino.
Anche perché – come spiegano gli esperti di geo-politica – Trump ha interesse (economico) a siglare un’intesa con Mosca in particolare sullo sfruttamento del suolo artico e la sua navigazione nei mesi estivi. In definitiva, il timore degli sherpa di Bruxelles e Roma è che se Putin non si fermasse e andasse oltre ciò che ha fatto sui cieli della Polonia saremmo di fronte a un conflitto potenzialmente su vasta scala tra Europa e Russia (con il sostegno della Bielorussia) e con gli Stati Uniti (quasi) alla finestra.
Ed è vero che geograficamente l’Italia è abbastanza lontana dalla Federazione guidata dallo zar, il primo obiettivo dopo la Polonia sarebbe probabilmente la Germania, ma è altrettanto vero che la Russia ha diverse navi da guerra nel Mar Mediterraneo. Ovvero a due passi da casa nostra. Non solo, ci sono anche le basi militari russe in Libia, dotate di caccia di ultima generazione. Uno scenario inquietante, che per ora resta soltanto un’ipotesi che si cercherà di scongiurare a tutti i costi, ma che non essere esclusa. D’altronde se la situazione non fosse così seria il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sempre attento a dosare le parole non avrebbe evocato il 1914.
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